Cosa vi aspettate da un disco, album, singolo o EP che sia? Volete ballarlo? Volete cantarne a squarciagola le melodie dei ritornelli mentre siete al volante? Volete sognare del vostro amore, sfogare la vostra rabbia correndo sul tapis-roulant in palestra con l’Ipod nelle orecchie? Insomma, cosa volete dalle canzoni di un disco che state per acquistare? Chiedetevelo prima di ascoltare il primo lavoro di Nastenka aspetta un altro (si, questo in grassetto è il nome della band, palesemente ispirato dal personaggio di Dostoevskij ne “le notti bianche”). Credo che, qualsiasi cosa desideriate o vi aspettiate, ne sarete comunque sorpresi, nel bene o nel male.
L’EP di tre brani autoprodotto dalla formazione foggiana alla fine del novembre scorso infatti, non contiene vere e proprie canzoni. Si tratta piuttosto, come gli stessi ragazzi pugliesi scrivono sul loro profilo facebook, di “un’esperienza che nasce dalla commistione di parola, suono, rumore e non detto“. Parola, si, non canto. La voce di Alfonso Errico, anche autore dei testi, non canta una melodia, bensì narra poesie, parla, recita e sfoga concetti personali, opinioni, stati d’animo e pensieri sulla società moderna e sull’essere umano in genere; e lo fa sulla musica ipnotica composta dagli apprezzabilissimi loop e synth elettronici a cura di Wadir Marchesiello, sulle chitarre molto fantasiose e sempre d’atmosfera di Leonardo Albanese e sulle linee di basso semplici ma efficaci di Mauz Cavaliere.
Difficile quindi per me analizzare questo lavoro paragonandolo alla maggior parte delle uscite musicali. Devo, per cercare il più possibile di farvi capire l’arte dei Nastenka aspetta un altro, fare l’opposto di ciò che hanno cercato di realizzare i quattro artisti della band, ossia scinderlo in due parti: quella musicale e quella lirica.
Il suono del disco è pregievole. Marchesiello, la “base” delle composizioni musicali della band, ha fatto un ottimo lavoro in fase di scelta dei suoni, dell’effettistica e degli arrangiamenti. Le chitarre di Albanese “condiscono” poi nel migliore dei modi, con parti non scontate, ripetitive nel tema ma mai nell’interpretazione e il basso di Cavaliere sigilla, dando corpo al tutto.
I testi di Errico sono dei veri e propri monologhi, quasi delle pagine di diario in cui il paroliere sfoga i suoi stati d’animo affrontando diversi temi, raccontando di società e di persone con un linguaggio abbastanza ricercato ma sempre diretto, sull’onda del suo dichiarato ispiratore Leo Ferrè secondo il quale appunto ” la poesia rinchiusa nella sola veste tipografica non è ultimata“.
Il primo brano dell’EP porta, probabilmente appunto come tributo al monegasco poeta anarchico, un titolo in lingua francese: “C’est femme l’autre nom de dieu”. Il testo della poesia narrata da Errico è però in italiano. A seguire troviamo “Non voglio essere salvato”, una lettera di protesta aperta e tristemente ironica sulla corruzione, sulla situazione economica e governativa globale, sull’ipocrisia malcelata dei “sistemi del sistema” (non solo del nostro belpaese), sulla difficoltà di credere e perseguire ideali comunemente spacciati per garantiti quali la famiglia, la casa e la realizzazione professionale.
Chiude il disco la terza e ultima traccia, “Teresa la zingara” che racconta una vita non facile attraverso una metaforica carrellata delle dita della mano.
Il genere musicale (termine un po’ restrittivo in questo caso) di questo EP non è di quelli che sono uso ascoltare. Devo ammettere che ascoltare i Nastenka aspetta un altro mi ha aperto una serie di orizzonti e acceso diverse curiosità letterarie e artistiche in genere che ora ho voglia di approfondire. Questo deve essere lo spirito giusto con il quale affrontare “Un inconsunto tentativo di solidificare l’anima” per tutti coloro che risultano vergini a questo tipo di espressioni dell’arte. Chi già ne fruisce non rimarrà deluso. Chi invece parte con poca voglia di allargare i propri orizzonti, è meglio che stia alla larga dalle fusioni di musica e parole dei quattro artisti foggiani.