Ci vuole una buona preparazione fisica e psicologica per far fronte all’onda anomala che da Finale Emilia travolgerà le vostre case, spazzerà via tutto, lasciando solo detriti. The Bullring è il primo disco edito dall’etichetta danese 5Feet Under Records per gli Hardcore heroes Cronauta ed è tranquillamente riassumibile come il suono della frantumazione. Nevrotici come i These Arms Are Snakes, inclassificabili come i Melvins, in Italia solo i Die Abete reggono il confronto per il livello eccessivo di pazzia espressa. “We Knew Well a Lip-Service Payment Would Have Followed the Statement” ed il singolo “Harangue” danno il via alle danze e subito la voce di Nicolò si scatena, senza dare respiro nemmeno per un secondo a uno sprazzo di melodia. C’è solo qualche spiraglio Experimental Jazz a intervallare l’incedere furioso, ma è davvero poca cosa. Così le parole incomprensibili ruggite fuori dall’ugola del cantante finiscono per fare da sfondo a un tappeto Mathcore tessuto dai tempi dispari della sezione ritmica. È però un qualcosa che metti in conto se ti avventuri in un ascolto simile. “Gentlemen’s Agreement” è un brano beffardo: in quattro minuti di canzone, uno di questi è dedicato a un intro rilassante che non lascia presagire a come sarà il seguito. Dobbiamo essere furbi noi ad essere impreparati, ma non troppo. “Mancuerda” ci regala la prima sorpresa con un giro di chitarra Noise inaspettato che molto deve a Duane Denison dei Jesus Lizard. Un assalto all’arma bianca che soddisfa un bisogno primordiale di smorzare i ritmi altamente schizzati dell’album. “Arizona Law in Northern Italy” mi ha ricordato tantissimo il sound degli Snapcase, soprattutto dal punto di vista vocale, anche se con i Cronauta nulla è circoscritto ed è lecito uscire dal recinto della prevedibilità. La chitarra di Niccolò cambia continuamente forma, passando dal caos a un riff quadrato e ragionato, trovando un riscontro perfetto nel resto dei compagni d’armi, impeccabili e facenti sfoggio di una padronanza strumentale eccelsa. The Bullring è un disco potente e prepotente, non adatto ai deboli di cuore e a chi vive la musica come una fonte di relax. Tutti gli altri non abbiano paura di dare una chance a questi camionisti, anche perché “87% of the Homicides Are Committed by Truck Drivers”.
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Mood – Mood
Francesco e Daniele sono due giovanissimi ragazzi emiliani con la certezza recondita che la musica può risultare efficace senza usare parole, che si possono imporre e dettare regole combinando una potenza binaria alla voglia di uscire dagli schemi con l’incoscienza di chi ha l’età dalla propria parte. Francesco e Daniele suonano, rispettivamente, chitarra e batteria e hanno 34 anni in due.
L’omonimo disco d’esordio è un concentrato di Math Rock secondo la concezione dei Don Caballero: riff controversi seguiti a ruota da un drumming preciso e glaciale. “M.W.” e “15 Seconds”, le prime due tracce dell’album, ci aiutano a trovare il giusto climax e ci permettono un ambientamento netto e, al contempo, graduale. I Mood si fregiano di un’ossatura solida che non si sgretola neanche davanti al paragone pesante con i newyorkesi Battles e il loro sound sperimentale. “Supernova” ne è la prova lampante. Si gira pagina e con “Falicon” respiriamo un’aria diversa, molto meno rarefatta, dove una forte componente Punk sbatte contro attimi più introspettivi. La stessa cosa avviene con “Sick Pride Nice Vibe”, anche se tra le due c’è spazio per “Room 204” l’unica composizione con una parte cantata (o sarebbe il caso di dire urlata?) all’interno. Gli oltre otto minuti di “VE-LO” chiudono i giochi tra sfoggi di tecnica e una purezza sonora che va apprezzata a piccoli sorsi.
Mood è un disco che, preso di petto, già al primo ascolto sa di suo regalare emozioni a profusione. Per la nostra Italia inflazionata un altro bel lascito da promulgare.
Redline Season – Invictvs
Usiamo l’immaginazione e ipotizziamo di trovarci a camminare su un terreno paludoso disseminato da sabbie mobili, muovendoci in punta di piedi nel tentativo di prevedere le trappole. Questo è lo scenario nel quale ci sembra di piombare all’ascolto di Invictvs, seconda fatica dei Redline Season. Non sono a conoscenza della relazione tra il nome della band e il brano “Red Line Season” dei These Arms Are Snakes , ma non trovo, a dir la verità, grosse distanze stilistiche tra i due gruppi. Sicuramente i cinque modenesi avranno assaporato quanto di buono fece il combo di Seattle in ambito Noise e Post-Hardcore, magari prestando un orecchio particolare a Tail Swallower & Dove, album in cui è appunto contenuta la traccia a cui accennavo poc’anzi. Le bordate iniziali “Fallacy” e “Deaf Heaven” (probabile che nel Paradiso dei sordi ci si finisca se spariamo ad un volume troppo alto Invictvs) ci conducono tra labirinti ipnotici e sortite in ambienti i cui strilli disperati paiono provenire dalle mura di un manicomio criminale. “Black Battles”, canzone che preannunciava l’uscita del disco, è un pelo più sotto controllo, pur cibandosi di quella specie di calma apparente persistente per tutta l’opera. Il doppio capitolo “Phoenix” si presenta dapprima come il classico pezzo riflessivo composto esclusivamente dalla voce pulita accompagnata dalla chitarra acustica (“Phoenix First”), per poi sorgere come una fenice (“Phoenix Last”) con una stizza ingovernabile degna dei migliori Jesus Lizard (veri numi tutelari del Noise negli anni ‘90).
La ricerca di un sound veramente nuovo sul territorio italiano è l’obiettivo che si sono autoimposti. Sono molto vicini alla meta. Così su due piedi l’unica somiglianza che mi viene in mente è quella con gli ormai sciolti Cut Of Mica, anche se il loro rumoroso Mathcore doveva parecchio agli Shellac, meno attenzione, quindi, alla forma canzone e maggior spazio ai suoni estremi del genere, feedback di chitarra compresi. Non è il caso di rovinare la festa a nessuno perché, a conti fatti, i Redline Season ci appagano, 40 minuti della nostra vita spesi più che bene.
Invictvs è il secondo album in studio dei Redline Season
Uscirà il 24 maggio per Upupa Produzioni, Invictvs, il secondo album in studio dei Redline Season, band con esperienze musicali importanti (Valerian Swing,ThreeLakes). I Redline Season si formano a Finale Emilia (MO) alla fine del 2009. Il loro album di debutto “Six, Degrees Of Separation” esce nella primavera del 2011. L’album fu registrato da Andrea Sologni (Gazebo Penguins) ed Enrico Baraldi (Ornaments) all’IglooAudioFactory di Correggio (RE) ed uscì per l’etichetta Upupa Produzioni. Negli ultimi anni la band, oltre a dividere il palco con Gazebo Penguins, Three In One Gentleman Suit, The Death Of Anna Karina, Valerian Swing, Elks e Ornaments, con l’aggiunta alla formazione di Diego Roncati (Keys) e Lorenzo Borgatti (Vocals), ha unito alla propria attività ed esperienza live un intenso allenamento in sala prove volto a creare un nuovo suono ed uno stile distinguibile da tutte le altre band presenti sul suolo nazionale. Questa ricerca si traduce nel loro ultimo album . 40 minuti di rock lisergico, di oscura sincerità, di tagliente poesia, di violenza.
LE PRIME DATE DEL TOUR
venerdì 16 Maggio @ Arci Dallò w/ Valerian Swing, Castiglione delle Stiviere (MN)
venerdì 23 Maggio @ Taverna Bukowski, Marina di Ravenna (RA)
sabato 24 Maggio @ Mattatoio Culture Club RELEASE PARTY w/GUEST, Carpi (MO)
martedì 3 Giugno @ RadarFestival 2014 w/ DEAF HEAVEN, Padova
sabato 7 Giugno @ Railway Noise Fest w/GUESTS, San Felice Sul Panaro (MO)
sabato 21 Giugno @ La Rottura del Silenzio w/ Minnie’s, Chambers, Cannibal Movie, Riviera, Bad Apple Sons, For Food, Lines On Ale, San Martino Secchia (MO)
sabato 12 Luglio @ Fermata 23 w/Gazebo Penguins, Camposanto (MO)
sabato 23 Agosto @ Barcson Vecc, San Martino Spino (MO)