Nuovo EP per Les Enfants, band milanese dall’immagine accattivante ed affettuosa: musicisti, ma soprattutto amici (e scout, a quanto pare), che passano il tempo nella loro sala prove non solo a scrivere questo Persi nella Notte ma anche a costruire cose, fare in generale arte varia, e chissà cos’altro. Persi nella Notte, che dura più o meno un quarto d’ora e contiene quattro canzoni più un “Intro”, è un flusso ininterrotto di suoni, spesso notturni, sempre sognanti, sospesi, che stanno tra l’hip degli Arcade Fire e una circolarità alla Wild Beasts. La scrittura è semplice, diretta, lineare e ciò che conquista sono le sonorità, azzeccatissime: i quattro accordi che ruotano lenti come la luna nel cielo, sopra ritmiche dall’economia indovinata, tra soundscape di basso e synth punteggiati di accenni di glockenspiel come stelle, e una voce piena, gonfia di effetti e riverbero, a declamare decisa e quasi disumana nel buio.
Un disco velocissimo, leggero, furbissimo, se vogliamo, cosciente fino alla fine dell’inserirsi in una precisa nicchia di pubblico e quindi utilizzando tutte le armi a disposizione per conquistarla. Intendiamoci, questi Les Enfants mi sembrano persone serissime e rigorose, e dietro ciò non riesco proprio a vederci alcun calcolo: è il loro modo di fare musica che ha un appeal molto contemporaneo e molto “alla moda”. (O forse sono io ad essere un outsider e a non capirci un cazzo. È possibile. Forse addirittura probabile. Me ne farò una ragione).
Persi nella Notte è il disco che vorresti non ti piacesse, perché la band ti sembra addirittura funzionare troppo bene, compatta, sorridente, felice. La felicità, in questi tempi zannuti e ghignanti, è quasi fastidiosa. Poi ti accorgi di essere ancora umano, e vuoi solo sorridere con loro, abbracciarli uno per uno e riascoltarti il disco per capire come diavolo fanno. “Forse da piccolo dovevo fare lo scout, maledizione”.