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Gypsy Chief Goliath – New Machines of the Night

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Gira e rigira stai sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo e vedi che alla fine il tuo intento lo raggiungi. È sempre stato cosi, non ci sono santi, il mondo è pieno di bella musica, basta solo avere un po’ di pazienza nel cercarla. Questa volta mi è toccato scovare i Gypsy Chief Goliath, un gruppo i cui membri non sono affatto nuovi sulla scena Rock mondiale. Il gruppo è giunto al suo secondo platter, New Machines of the Night, un lavoro carico di bei riff, arpeggi e giri di chitarra, insomma un’esplosiva miscela di Blues e Southern Rock.  Girando per il web notavo che qualcuno li considera come una versione moderna dei Black Sabbath e, molto probabilmente, detto con molta onestà, chi ha diffuso queste voci non ha tutti i torti. Ad ogni modo, non appena ho ascoltato questa band e questo disco, la prima cosa che mi è saltata in mente è: questi tizi sono fra quei pochi che possono fronteggiare i Down, se parliamo di Southern.

Già dalla prima traccia, “Uneasy Kings”, è noto l’ andamento e il tipo di proposta dei G.C.G.;  questa traccia fa parte delle più belle del disco insieme a “Dirt Meets Rust”, “St. Covens Tavern”, la successiva “Got No Soul” e l’ eccezionale “This White Owl”. Andando per ordine: “Dirt Meets Rust” è la traccia più rocciosa, la song con il sound più graffiante; “St Covens Taverns” invece è probabilmente il cavallo di battaglia di New Machines of the Night, una sorta di ballata che vede una ritmata melodia che ricorda un po’ certe musiche folkloristiche. “Got No Soul” vanta di una serie di riff di chitarra da brividi insieme alla buona fisarmonica; vi basterà ascoltare come comincia; l’ultima traccia da tenere in considerazione è “This White Owl”, dalla struttura piano-forte, anche qui sono presenti incantevoli  trascinanti giri di chitarra; in questa song soprattutto i G.C.G. hanno dato dimostrazione di grande dote artistica. New Machine of the Night è un gran disco.

È piacevole ascoltarlo nel pomeriggio steso sul letto in un momento di riflessione ma lo è ancor di più durante un viaggio in macchina mentre si percorrono le lunghe autostrade. Date una possibilità a questi ragazzi Canadesi non ve ne pentirete affatto.

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‘A-380 – ‘A-380

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C’è sempre una prima volta e questa lo è per me: ascoltare dell’ Hard Rock cantato in napoletano. Il fatto strano è che dopo anni e anni sono riuscito a trovare una band del genere (esclusi gli ormai storici 24 Grana e James Senese) pur essendo io napoletano. È  anche vero, però, che gli ‘A-380 (Atreuttanta) sono alla loro primissima uscita con l’omonimo EP e dunque fanno parte dei cosiddetti “introvabili”, cioè quelle band che, suonando Hard Rock in lingua napoletana, richiedono una notevole applicazione per essere scovate. Nella scena underground cittadina conosco personalmente soltanto i Gorgeous i quali propongono però piuttosto un Prog Rock, perciò capirete quanto sia stato difficile trovare una band come loro.

Gli ‘A-380 sono stati capaci di trovare una divertente formula che senza ombra di dubbio delizierà il palato dei Rocker partenopei accontentandoli su diversi aspetti. Il loro Hard Rock si avvicina allo stile dei Deep Purple, degli AC/DC o dei Mr.Big, insomma è di stampo classico, di quello piacevole. L’EP contiene quattro deliziose tracce: “Te Si Fatto Na Roccia”, “Cundannato a’ o Rock’N’Roll”, “Chiagne E Futte” e “Ngopp A Muntagne”; tutte presentano bei riff e interessanti giri di chitarra; troviamo inoltre degli assoli che gli ZZ Top apprezzerebbero con euforia. Dalle informazioni inviateci, notiamo che il primo singolo del gruppo  è “Cundannato a’ o Rock’N’Roll”, un pezzo di sano e sincero Hard Rock, con un testo un po’ più colorito del normale ma che comunque non demerita affatto. Insomma, possiamo dire che gli ‘A-380 con questo primo EP sono partiti alquanto bene, hanno dato prova di intraprendenza e di questo passo sicuramente faranno cose buone.

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Hatesphere – Murderlust

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Ed ecco qui Murderlust l’ottavo disco degli Hatesphere, band Thrash Metal proveniente dalla Danimarca e con alle spalle una carriera di tutto rispetto. Il platter esce a distanza di due anni dal discreto The Great Bludgeoning e a dirla tutta poco è cambiato nella loro proposta, partendo dal sound fino alla struttura dei pezzi. Insomma riascoltiamo ancora una volta il vocione di Kruge accompagnato da massicci riff schiacciasassi, il che non mette assolutamente in dubbio la tecnica e le capacità dei ragazzi ma trattasi di un andazzo che ad un certo punto annoia e in certi momenti diventa insostenibile. A parer del sottoscritto è il marchio di Pepe, l’unico membro stabile, la sua unica influenza, a trainare tutto. La band come sempre ci sa fare nel senso che gli strumenti li scuotono, la batteria picchia ma è sempre la stessa formula, niente di più e niente di meno.

La cosa strana sta nel fatto che questa sorte di passività o meglio ancora di ripetitività è presente da tempo, nonostante i diversi cambi di formazione che la band ha subito. Certo il periodo d’oro di Ballet of the Brute o di The Sickness Within ha giovato loro molto portando a galla il meglio della band ma da li in poi sono andati a ritroso e Murderlust non è certo un nuovo punto di partenza o la loro ripresa. Purtroppo non c’è molto da dire; Murderlust è piatto e contiene tracce che presentano una struttura a dir poco scontata; addirittura mancano assoli coinvolgenti, il che lascia un po’ l’amaro in bocca perché gli Hatesphere se vogliono sanno come comporli e dove metterli. Concludendo non posso che sperare in una vera ripresa della band; è uno dei gruppi di punta della Danimarca ed il loro nome ha un certo peso nel Thrash moderno. Assolutamente devono cercare il modo per tornare alla ribalta.

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Ministry – Enjoy The Quiet: Live At Wacken 2012

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Al Jourgensen è un icona, un simbolo della musica d’avanguardia, l’Industrial appunto; tra alti e bassi con i suoi Ministry ha sempre fatto come gli pareva, ha sempre proposto ciò che voleva nonostante i vari cambi di line-up che il gruppo ha subito.  La band si presenta adesso con un interessante live DVD e CD dalle mille sfumature svoltosi nell’ occasione del Wacken 2012 dinanzi a 75.000 spettatori. Effettivamente il lavoro, intitolato Enjoy The Quiet: Live At Wacken 2012, oltre ai diversi contenuti extra e il live a Wacken del 2012 contiene un altro show che riguarda  sempre quest’ultimo ma datato 2006, ricordiamo inoltre che questa ultima fatica è anche un omaggio al chitarrista Mike Sciacca (vedete anche l’ artwork) deceduto improvvisamente durante un esibizione lo scorso 22 dicembre. La differenza tra i due show è notevole: l’ esibizione del 2012 ha un suono più pulito ed elaborato rispetto a quello del 2006 che invece presenta qualche sbavatura ma indubbiamente questo è molto più emozionante rispetto al concerto che hanno tenuto i Ministry al prestigioso festival nel 2012. I pezzi proposti nei due live sono i soliti, chiaramente con qualche variazione ma nel bene o nel male i classici della band come “No W”, “Rio Grande Blood”, “Waiting”, “LiesLiesLies” e le impareggiabili “Thieves” e “New World Order” sono sempre presenti. Per quanto riguarda il concerto del 2012 è strepitoso ascoltare “99 Percentes” e “Relapse”, due tracce che hanno fatto la loro sporca figura. Parlando dello show del 2006 abbiamo già accennato che ha suscitato molte più emozioni nonostante il sound sia inferiore a quello del 2012: il vecchio Al e i Ministry di qualche hanno fa sono diversi rispetto a quelli di oggi; ad ogni modo tracce come “Worthless” e “Senor Peligro” la dicono tutta sulla loro grandezza. Solo una pecca ho riscontrato in questo live: l’assenza di capolavori come “Flashback” e “Stigmata”, non a caso le preferite del sottoscritto, soprattutto la seconda. Concludendo questa uscita dei Ministry è un vero e proprio piacere, un lavoro che da un lato i fan più accaniti devono possedere assolutamente e dall’altro è un ottimo inizio per le nuove leve ovvero per coloro che vogliono avvicinarsi allo storico gruppo.

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Mandragora Scream – Luciferland

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Effettivamente se ascoltiamo con attenzione i primi dischi  dei Mandragora Scream e li confrontiamo con questo nuovo Luciferland notiamo che qualche cambiamento lo hanno avuto. Non possiamo dire se in bene o in peggio  perché ci spostiamo sul gusto personale: gli inizi sono più duri e  schiacciasassi ora invece abbracciano un alone electro, più Industrial che ha dato un colorito diverso al gruppo che, detto sinceramente, non è affatto male. Luciferland è il quinto disco dei Mandragora Scream ed esce a distanza di tre anni dall’onesto Volturna; in questo lavoro si nota sempre di più la tendenza della band verso nuove sonorità che in un modo o nell’ altro sono molto piacevoli. “Medusa”, ovvero il singolo che lancia il disco, la dice lunga con la sua melodia e i suoi particolari riff e synth; stesso discorso con la sinistra “Anubis”.

Proprio queste due tracce sono quelle che fanno notare il leggero mutamento di Morgan e soci.  Questo ultimo disco della band mette in risalto, a parer di chi scrive, le grandi doti canore di Morgan e ciò la porta in vetta alla classifica delle più candide voci femminili italiane. Se ascoltate “Night’s Master (Azrhan & Sivesh)”, come il sottoscritto, rimarrete incantati dalla sua sensuale voce che ti rapisce, t’incanta. Morgan ha la capacità di alternare un cantato dolce e pulito ad uno più duro; detto sinceramente, ritengo che sia la migliore in Italia. Altro pezzo da novanta è “Six Grains of Pomegranate”, questa volta cantata da Terry Horn, in una prova a dir poco eccellente. In generale tutto il pezzo è interessante, vanta di una dolce  melodia e l’uso della chitarra è strabiliante, trattasi di una traccia che si fa ascoltare più volte ripetutamente per come suona bene. I Mandragora Scream sono un gruppo di grande valore ed ottime qualità tecniche; come ho già accennato prima Morgan Lacroix è per il sottoscritto la miglior voce Italiana perché riesce a trasmetterti rabbia e sensualità, dolore e passione insomma si parla di un altro livello.

Luciferland probabilmente può distaccarsi un po’ dal sound che la band propose agli esordi, ma a volte bisogna aver fiducia nel cambiamento che in questo caso non è stato affatto malvagio perché il disco in questione si lascia ascoltare con gran piacere.

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Bloody Hammers – Spiritual Relics

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Uno dei dischi che più attendevo era proprio questo: Spiritual Relics, il secondo platter partorito dai mastodontici Bloody Hammers. La curiosità di ascoltare il seguito di quell’omonimo album che aveva decisamente infatuato il sottoscritto era davvero tanta. A distanza di un anno dall’uscita del disco d’esordio questa piccola voglia viene colmata, la band statunitense torna a far parlare di se con Spiritual Relics. All’ascolto del disco la prima impressione scaturita riguardava la tempistica: per una band emergente fare uscire un secondo album a distanza di un anno dal precedente disco d’esordio è prematuro e poco costruttivo ed effettivamente il lavoro in questione ne fa da prova. Sia chiaro che la qualità del prodotto è buona ma non si sono scostati di molto dalla precedente proposta, anzi, addirittura troviamo qualcosa in meno. Se facciamo un confronto tra i due dischi notiamo da subito che  la band ha evitato quell’atmosfera cupa e sinistra che in un modo o nell’altro è stata caratteristica dell’omonimo; i riff Sabbatiani e quei particolari giri di chitarra sono rimasti (anche se questi ultimi nel disco precedente erano molto più elaborati) ma mancano di quella melodia oscura creata dagli effetti delle tastiere che sembrava rapirti. Insomma vi chiederete perché questo confronto cosi approfondito? Semplice: Spiritual Relics è come l’ omonimo del gruppo ma con qualcosa in meno, il che va a discapito dei Bloody Hammers e ammetto che mi dispiace dirlo perché è una band che a me personalmente piace davvero molto e ritengo che abbia grandi doti. Spiritual Relics non è affatto un cattivo album ma va al di sotto delle possibilità del gruppo, Anders Manga e soci potevano fare di più ed in questo disco invece di aggiungere hanno tolto. All’ interno del platter le uniche tracce che si fanno notare sono: “What’s Haunting You” ovvero l’ opener chee vanta un ritmo e dei giri di chitarra lodevoli; “The Transit Begins” che molto probabilmente è l’unica traccia che conserva quel fascino oscuro del quartetto e la rocciosa “Flesh of The Lotus” dallo sgargiante ritornello. Infine troviamo una canzone di chiusura che ti spiazza; trattasi di “Scienze Fiction”, una melodica canzone molto lieve e pacchiana in cui in risalto c’è la chitarra acustica. Come ho sottolineato spesso i Bloody Hammers hanno ottime potenzialità; purtroppo però credo siano stati troppo precipitosi e la creazione di questo lavoro è stata presa troppo sottogamba. Potevano fare molto di più.

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Rhyme – The Seed And The Sewage

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Ero davvero curioso di ascoltare i Rhyme; già tempo fa sentii parlare di loro. Poi, nella mail, mi capitava di trovare spesso della pubblicità da parte della My Kingdom Music che mi evidenziava l’ uscita del loro nuovo disco, stipulando cosi delle discrete premesse per non portarla troppo alla lunga. Mi decisi a prestargli attenzione. Le news li presentavano ottimamente, come lo stesso le foto promozionali e il loro logo;  insomma, tutto si preannunciava nel migliore dei modi, almeno fino all’ ascolto del nuovo disco, The Seed And The Sewage.  I Rhyme, sia  chiaro, sono un gruppo ben preparato tecnicamente e durante l’ ascolto dell’ album ve ne accorgerete ma,  venendo al nocciolo della questione, il loro intoppo stilistico è tutto nella eccessiva ripetitività che, precisamente, si nota con evidenza da “Fairytopia”, la quinta traccia del disco, in poi.  Il primo ascolto fila liscio ma già il secondo diventa pesante da mandare giù; magari potranno attrarre le prime tre canzoni che in un modo o nell’ altro hanno i loro perché: “Manimal” è pulsante e ritmata, una buona apertura tutto sommato e poi “The Hangman” e “Blind Dog”, anche queste di un certo spessore.  “Slayer To The System”  si ammorbidisce un po’ rispetto alle tre precedenti  ma comunque la struttura piano/forte fa il suo effetto. Da questo momento in poi il disco diventa piatto e monotono e la sensazione è che sia un vero peccato perché i Rhyme hanno talento.  The Seed And The Sewage è cosi un disco che finisce per non convincere poi molto; sicuramente raggiunge la sufficienza perché in un modo o nell’ altro la stoffa c’è ma ha lasciato un po’ l’ amaro in bocca il loro sforzo, che attenzione, non è minimo ma probabilmente superficiale. Il disco parte discretamente e mostra ottime intenzioni ma purtroppo sfocia nella ripetitività e nella tediosità che senza ombra di dubbio finiscono per influenzarne il giudizio. Voglio esagerare comunque; a parer di chi scrive questo disco poteva essere un capolavoro, le prime tracce, come dicevo, hanno davvero una marcia in più e un potenziale certamente notevole ed è da li che si capiscono i Rhyme. Non posso che attendere il prossimo disco con la speranza che questa volta facciano davvero centro, perché tutto sommato possono farlo, eccome.

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Witche’s Brew – Supersonicspeedfreaks

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Eccolo il disco che attendevo con entusiasmo, Supersonispeedfreaks, il secondo album degli straordinari Witche’s Brew. Venni a conoscenza della band di Mirko e soci qualche anno fa, la fortuna fu che li scovai proprio con il loro disco d’esordio White Trash Sidesow. M’innamorai del disco, aveva una sua personalità, un suo charm, un sound che ti coinvolgeva e ti scuoteva. Rimasi con un ottima impressione del gruppo, adesso finalmente mi ritrovo con il loro nuovo disco tra le mani e posso cominciare a dire che le mie impressioni iniziali erano esatte e che i Witche’s Brew non hanno affatto deluso le aspettative, anzi. La band è senza ombra di dubbio migliorata con gli anni, ha affinato la tecnica e con qualche giusto cambio di line up è riuscita a far conciliare il sound Doom a quello Rock’n’Roll con un eleganza che in pochi hanno, il tutto condito con quella classica spruzzatina di psichedelia che tanto piace al quartetto. Supersonispeedfreaks è un piacevole disco che si fa ascoltare con scioltezza e senza mai stancare. Di questo lavoro sono interessanti le atmosfere che si vengono a delineare le quali ricordano un po’ i tardi pomeriggi nel Far West, immaginate di stare in un Saloon a bere whiskey e nel frattempo intorno a voi ci sono loschi individui che si azzuffano per un Poker mancato accerchiati da stupende ragazze che danzano. La caratteristica dei Witche’s Brew è che la loro musica in un modo o nell’altro deriva da un viaggio mentale, li puoi ascoltare in momenti calmi, bui o più scatenati e il loro effetto varia ma ogni occasione è sempre quella giusta. “Vintage Wine” (l’opener) presenta il disco e la band, il risultato è ottimo, i riff di chitarra sono eccezionali ed anche se l’intera durata della traccia è sui dieci minuti non c’è un solo momento che possa annoiare. “Children Of The Sun” è invece più atmosferica, meno aggressiva rispetto a quella citata prima ma comunque con i suoi picchi. Con “Magic Essence” arriva il momento di scuotersi, in questo pezzo è evidente la vena Rock’n’Roll dei Witche’s Brew, non tanto i riff ma gli assoli anche se di breve durata fanno la differenza. La conclusione del platter è affidata a “Supersonic Wheelchair” in cui ancora una volta si nota il gusto della band per il Rock datato anni settanta e come nella canzone precedente ci si può muovere e scatenare a colpi di “schitarrate”. I Witche’s Brew sanno cosa vuol dire fare musica e sanno come creare un album di pura arte, Supersonispeedfreaks è la loro consacrazione.

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Witche’s Brew

Written by Interviste

I Witche’s Brew sono giunti al loro nuovo disco, “Supersonicspeedfeaks, a presentarcelo c’è Mirko Bosco formidabile chitarrista del gruppo. Tra curiosità e retroscena dell’album siamo venuti alla scoperta d’interessanti chicche come i nomi degli ospiti presenti sul loro lavoro. A voi lettori questa deliziosa intervista con Mirko Bosco dei Witche’s Brew.

Bentornati su Rockambula ragazzi. Cominciamo a parlare della line up, pare ci siano delle novità giusto?
Grazie a voi per volerci riavere su Rockambula. In realtà un cambio della line up c’e’ stato con l’avvento di Frankie Brando alla batteria, ma ormai sono già quasi un paio d’anni che fa parte della famiglia per cui per noi e’ come se ci fosse sempre stato. Per quanto riguarda la voce ci siamo avvalsi di diversi ospiti, anzi colgo questa occasione per ringraziarli ulteriormente per avere partecipato a questo nostro progetto.

“Supersonicspeedfreaks” è il vostro secondo disco. Che tipo di lavoro avete svolto nelle fasi di registrazione e mixaggio?
Per quanto riguarda le registrazioni e stato un lavoro un po’ particolare in quanto abbiamo prima registrato i pezzi con la voce di Mirko Zonca, perche e’ cosi che sono stati composti e poi, i vari ospiti li hanno reinterpretati, aggiungendo e togliendo ciò che sembrava loro più adatto alla propria vocalità. Per quanto riguarda il mixaggio, purtroppo, non abbiamo potuto essere presenti a tutte le varie sessioni.

E in quale studio e con quale produttore avete collaboratore per la realizzazione dell’album?
Abbiamo registrato in diversi studi anche perché, con tutti quegli ospiti da accontentare… ognuno preferisce lavorare dove si sente più confortevole: Nik Turner ha il suo studio a Londra, Steve Sylvester a Pesaro, Ricky Dal Pane a Faenza ecc…

Quali sono le tematiche che toccate principalmente in “Supersonicspeedfreaks”?
Sono storie realmente accadute e poi rivisitate in chiave poetico-artistica, storie di vita comune di gente che soffre e commette atti alquanto peculiari, non vedo lo scopo nello scrivere stupide canzoncine di amore adolescenziale quando la vita reale offre storie molto più interessanti.

Nel disco ci sono le collaborazioni di alcune importanti special guest, perché non ci dite di più?
Sono tutti personaggi di grande calibro ed importanza, oltre i già citati Nik Turner ( Hawkwind ), Steve Sylvester ( Death SS ) e Ricky Dal Pane ( Buttered Bacon Bisquits ), abbiamo ospitato anche JC Cinel ( ex Wicked Minds ), Martin Grice ( Delirium ) e Paolo Apollo Negri ( Wicked Minds ) . E’ stato un piacere ed un onore.

Mettendo a confronto il vostro disco d’esordio e “Supersonicspeedfreaks” a parer vostro quali sono le principali differenze?
Innanzitutto Frankie ha apportato uno stile un po’ più tecnico e un po’ meno aggressivo. Per quanto riguarda la parte strutturale, io, personalmente non mi sono accorto di questo grande cambiamento, solo che quando suoni con un gruppo per abbastanza tempo, un evoluzione e’ naturale, vuoi spingerti sempre un po’ più in la.

La collaborazione con la Black Widow Records sembra che stia durando, come nacque l’ incontro con l’etichetta?
Non vedo perché non dovrebbe durare, noi abbiamo proposto un altro prodotto ed a loro evidentemente e’ piaciuto.

Per quanto riguarda il tour cosa ci dite, dove e come promuoverete “Supersonicspeedfreaks”? Dove potremmo venire a sentirvi?
Per quanto riguarda il tour dopo le ultime date a Busto Arsizio e Prato, siamo ancora in fase di organizzazione, non e’ cosi facile fare coincidere tutto. Comunque le cose si muovono e al più presto comunicheremo le nuove date.

Ora una mia curiosità, cosa volete intendere per”Supersonicspeedfreaks”? Cosa vuol dire questo titolo?
Il nostro primissimo lavoro era intitolato “Pentatonicspeedfreaks”, un live registrato durante un tour in Austria. Questo nuovo album e’ il volere tornare alle origini pur essendo proiettato in avanti.

Ora un messaggio diciamo cosi, promozionale: a parole vostre perché acquistare “Supersonicspeedfreaks”?
Innanzitutto perche e’ un album estremamente onesto, senza fronzoli e accorgimenti vari che ahimè, purtroppo oggi riempiono la musica rendendola banale e artisticamente sterile.
E’ un album Rock, ne più e ne meno, se siete amanti di quello che vi propinano le radio e le tv ogni giorno con frasi fatte, luoghi comuni parlati su delle basi computerizzate, allora avete sbagliato indirizzo. Se invece siete alla ricerca di qualche cosa di più e siete affamati di buon vecchio Hard Rock, allora provate a darci un ascolto, credo che rimarrete piacevolmente stupiti.

Bene ragazzi l’ intervista si chiude qui,  concludete come meglio credete…
Abbiamo ancora molte sorprese in serbo, non voglio svelare nulla per il momento, ma i Witche’s Brew vanno avanti e non ci ferma niente e nessuno.
Appena saranno conclusi i preparativi per il tour venite pure a vederci, non rimarrete delusi.

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Pills Týden Patnáct (consigli per gli ascolti)

Written by Articoli

“Le Pills non sono cattive. Le Pills sono musica. Il problema è quando quelli che ascoltano le nostre Pills le considerano una licenza per comportarsi come teste di cazzo.” Frank Zappa
Dalle novità extraconfine (su tutti il nuovo The Knife) proposte dal nostro Don, ad una mini carrellata storica targata Sannella. Dalla solita nuova scoperta della nostra Diana (stavolta svedese), sempre in crca di talenti nascosti, ad un classico tutto italiano proposto da Riccardo.

Silvio Don Pizzica
Mazes – Ores & Minearals   (Uk 2013)   Noise Rock     3/5
Come all’esordio, ancora psichedelia sporca in chiave Indie per la band britannica. Come all’esordio, il secondo lavoro dei Mazes non lascia intravedere niente di sensazionale, sotto ogni aspetto.
Dirk Serries – Microphonics XXI-XXV   (Bel 2013)   Ambient, Drone Music   3/5
L’artista belga riesce ad essere imprevedibile, qualunque cosa decida di fare. Questo lavoro ne è la riconferma. Tra atmosfere Ambient e droni elettrici e languidi, non potete perdervi l’ultimo capitolo della pseudo saga Microphonics. Sempre che non sia musica a voi indigesta.
The Knife – Shaking the Habitual    (Sve 2013)   Electronic, Experimental   3,5-4/5
Non per fare lo snob ma un po’ fa rabbia ascoltare tutto l’entusiasmo creato attorno a questa formazione considerando che da fine millennio a l’altro ieri la cagavano veramente in pochi. Oggi sembra la moda del momento ma in realtà, dietro a tutto questo, c’è un album fantastico che ha il merito di crescere ad ogni ascolto.

Max Sannella
Country Joe And The Fish – I Feel Like I’m Fixin’ To Die   (Can 1967)   Psichedelia    5/5
LSD e amori  incontrollati a cavallo di una psichedelica ottenebrante e a due passi dalla luna.
Culture Club  – Colour by Numbers  (UK 1983)   Pop Dance   3/5
Boy George e Soci strabiliano i dancefloor  internazionali con un mix di pop entravesti e calori jamaicani. Fanno centro!
The Cure – Wild Mood Swing    (UK 1996)   Dark Wave   4/5
Dalla “Generazione degli Sconfitti” i Cure di Smith si ricolorano di altre sfumature e promuovono un capitolo sonoro che cambia di non poco il loro status.

Diana Marinelli
Den Svenska Bjornstammen – Ett Fel Narmare Ratt   (Sve 2012)   Pop Techno   3/5
Cliccando a caso si può scoprire musica interessante come questa band svedese formatasi nel 2010 che miscela Pop, Techno e una puntina di Folk.

Riccardo Merolli
CSI – Linea Gotica    (Ita 1996)   Art Rock, New Wave    4,5/5
La migliore (post)rock band italiana di sempre incide un disco dalle tinte forti e sapori amari, l’inizio di una rivoluzione musicale che purtroppo in Italia non si può fare.

Marialuisa Ferraro
Smashing Pumpkins – Mellon Collie And The Infinite Sadness    (Usa 1995)   Rock    5/5
È semplicemente un must have, si presenta da solo, ma va assolutamente ripassato in cuffia di tanto in tanto, per sentire come la voce di Corgan si amalgami perfettamente con l’orchestrazione.
Half Japanese – Half Gentleman/Not Beasts    (Usa  1980 – Ristampa 2013)   Rock   3,5/5
Molto complesso etichettare con un genere questo lavoro: é un’esplorazione primitiva tra le matrici dei generi e le pulsioni ritmiche del reagire umano. Un disco cupo per molti aspetti, violento e crudo, che raramente cede il passo al puro godimento armonico-melodico.

Vincenzo Scillia
Iggy Pop & The Stooges – The Stooges    (Usa 1969)   Punk Rock    4,5/5
Il suono primitivo di un gruppo che è pura storia. “The Stooges” racchiude quel grandioso suono da garage che in tanti hanno seguito. Rispolverare questa perla è stato un vero privilegio.
Finntroll – Nattfodd    (Fin 2004)   Folk Metal    4/5
“Nattfodd” dei Fintroll è un simpatico disco che ha la capacità di farti immaginare di stare in mezzo agli abitanti del piccolo popolo. Tra fate, elfi, nani e troll vegliano più che mai i riff, le cornamuse ed il cantato in growl dei Finntroll. Una chicca di album.

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Devil – Magister Mundi Xum _ The Noble Savage BOPS

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Insomma i Devil si sono decisi a partire in quarta, quasi come se volessero dire <Vogliamo tutto e subito>. Certo, perché a distanza di un anno dal loro disco d’esordio, Time To Repent, sfornano una raccolta che comprende il loro primo demo Magister Mundi Xum e i loro primi singoli “TheNoble Savage” e “Blood Is Boiling”. Si sono dati da fare, c’è volontà di farsi notare con la loro musica, con il loro repertorio, con le loro creazioni. Il disco è un immancabile occasione per chi ha apprezzato i Devil, se Time To Repent è stato di buon gusto questa raccolta non potete perdervela. Chiaro che lo stile è quello Stoner e Sludge alla Black Sabbath condito all’Hard Rock dei Blue Oyster Cult vecchio stampo per rendere l’idea. E’scontato a questo punto che ascolterete poco di nuovo, alcune tracce sono addirittura presenti nel disco d’esordio altre invece, come i due singoli citati prima o “Welcome The Devil”sono in un certo senso la sorpresa della piccola compilation. Personalmente ho apprezzato tantissimi il loro debut album, i Devil hanno dimostrato già in quel momento di avere carattere, con questo lavoro hanno confermato di avere uno stampo eccezionale. Logicamente i lavori di produzione e di registrazione sono molto più avanzati, questo perché ora la band ha un etichetta alle spalle che gli ha potuto permettere un certo tipo  di lavoro e perciò è nota la qualità dei lavori precedenti e di quelli presenti nella raccolta. Detto brevemente, se i  norvegesi Devil vi sono piaciuti  e volete approfondirli, questo è il momento giusto.

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Le Capre A Sonagli – Sadicapra BOPS

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Proposta indubbiamente interessante quella delle Capre A Sonagli, band bergamasca nata inizialmente nel 2000 con il nome di Mercuryo Cromo e fattasi notare dopo aver supportato band come Sick Tamburo, Zen Circus, Giorgio Canali e udite un po’ gli Afterhours, questi ultimi raggiunti attraverso la vittoria del Nuovi Suoni Live. Solo nel 2011 la band cambia il nome della band da Mercuryo CromoLe Capre A Sonagli. Ma torniamo alla proposta del gruppo che come dicevamo ha abbastanza da raccontare. La band dedita ad un Stoner con venature Psichedeliche si presta a sfornare un particolare disco dall’ ascolto complesso. Parliamo di Sadicapra, un lavoro che ti coinvolge dal primo ascolto attraverso ipnotici ritornelli, graffianti riff, strambe melodie ed un cantato variegato che molto spesso sfocia nel racconto. Sadicapra è un album critico che con sottigliezza racconta un po’ della realtà dell’ individuo, alcune volte con riflessive metafore. E’ vero, molto probabilmente per comprenderlo ed apprezzarlo c’è bisogno di qualche ascolto in più ma fidatevi pian pianino vi entra nella testa, ciò dimostrato dalla seconda traccia del platter, Caronte. L’ album presenta anche tracce strumentali che mettono in mostra le potenzialità di questi malati del suono. Avete capito bene, malati,   perché solo cosi si possono definire delle persone che mettono su un lavoro del genere. Prestando orecchio a “Pirata Della Strada”e “Fuori Dal Cono” (le tracce strumentali appunto), noterete come è particolare lo stile del gruppo. I Queens Of The Stone Age, gli Stooges ed il loro buon Iggy Pop e Vinicio Capossela impazzirebbero dalla gioia dopo aver sentito questi ragazzi. Non a caso comunque, Le Capre A Sonagli hanno diverse affinità con questi grandi citati ora e con ottime probabilità qualcuno di questi ha fatto da influenza. Per non tirarla troppo sulle lunghe possiamo dire che Sadicapra è un album che merita attenzioni: ha la caratteristica di calmare i più frenetici e scatenare gli ascoltatori più passivi. Insomma, buona la prima per la band bergamasca.

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