Il videoclip del singolo “Vladimiro (È sotto shock!)” tratto dall’EP Zafarà, primo progetto solista del siciliano Sergio Zafarana, co-prodotto dall’etichetta indipendente Muddy Waters Musica e registrato ed arrangiato da Aldo Giordano presso il Rec-Studio. Sergio Zafarana è siciliano e scrive musica da che ne ha memoria. È chitarrista e lead vocalist in diversi progetti. Zafarà è il suo esordio da solista. Ha collaborato, tra gli altri, con Cesare Basile e Daniele Coluzzi (Io non sono Bogte). Tra molte esperienze artistiche, di alcune va particolarmente fiero: il premio “Città di Milano” nella rassegna Rock Targato Italia, con Deaprimavera; il premio della critica al festival Risonando De André, con i Trifase; l’EP Storie all’Ombra dei Grattacieli, il brano “A Sara non Piace Viaggiare”, registrato presso il Metropolis studio di Lucio Fabbri. Il suo stile è fortemente influenzato da bevitori dalla voce roca (Tom Waits, Vinicio Capossela), da poeti estinti (Fabrizio De André, Giorgio Gaber), da milanesi capelloni (Afterhours, Paolo Benvegnù), da incalliti sperimentatori (Radiohead).
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“Vladimiro (È Sotto Shock!)”, il nuovo video di Sergio Zafarana
Doppio album dedicato a Piero Ciampi
Si intitola Reinciampando – atto primo ed è un po’ la testimonianza del lavoro fatto da Giuseppe De Grassi per diffondere l’opera del livornese Piero Ciampi, a cavallo tra poesia e musica: una testimonianza concretizzatasi in due memorabili concerti romani, il primo al Teatro Argentina, il secondo al Teatro Brancaccio, rispettivamente nel 1990 e nel 1997. Un duro lavoro per far cantare Ciampi ancora una volta e da nomi come Lucio Dalla, Nada, Renato Zero, Franco Califano, Paola Turci & Toquinho, Enzo Gragnaniello… per far reinventare Ciampi, su poesie e testi sparsi grazie a nomi quali Umberto Bindi, Grazia Di Michele, Pacifico, Vinicio Capossela, Claudio Lolli. Oggi, ripubblicato a distanza di quasi di una generazione, resta ancora estremamente vitale ed emozionante e il vero cultore del genere non può non accorgersi di come attorno a tutto questo lavoro siano nate tante iniziative simili ma mai uguali. Mai nessuna con l’incoscienza e la genialità di ciò che propone questo progetto.
Marrone Quando Fugge – Il PreFagiolismo
Marrone Quando Fugge è il nome d’arte di Massimo Lepre, cantautore astigiano che attraverso nove brani propone il suo disco d’esordio Il Pre-Fagiolismo uscito per la Volume! Records. Ad accompagnare il cantautore in questo viaggio c’è anche Sauro Ferraris alla chitarra, Simone Fratini al contrabbasso e Alberto Silengo alla batteria.
Tutto parte con un bellissimo pianoforte in “Miseria Stabile, Ricchezza Mobile”. Una melodia molto semplice che accompagna il dialogo diretto e rivolto al sistema, al presente, alle persone che spesso e volentieri rovesciano la medaglia, immergendosi in pensieri e valori fasulli. Ma si cambia atmosfera con la musica gitana di “Meno di Te” che attraverso il ritmo allude e racconta un’intimità guardinga e beffarda. Ed arriviamo al video ufficiale che da anche titolo all’album “Marrone Quando Fugge”, protagonista è una chitarra melodica e un’atmosfera semplice che sottolinea la necessità di abbandonare una vita morta dando importanza ai bisogni primari lasciando da parte tutto ciò che ci fa marcire, reagendo con ricchezza interiore e speranza nelle piccole cose. Si prosegue con “Cenere e Whiskey” e con la bella chitarra slide di Andrea Anania, e con “Modestino” e il mandolino che accompagna la domanda “A chi appartieni, wagliò? A chi si figlio?” immersa e profonda nella quotidianità popolare.Poi ci si tuffa in “Fango”, nella visione distruttiva dell’amore e nella sua atmosfera Soul, grazie alla voce di Sabrina Turri. Ma è solo una “Questione di Loquacità” che riecheggia le atmosfere di Paolo Conte, assieme alla facilità di buttare, pezzo dopo pezzo, il nostro pianeta in stati di assoluto degrado (”La Discarica delle Anime”). Ma l’intrigo e la fine si scoprono in “Un Principio di Alzheimer” con loop elettronico e poche note di pianoforte.
Pochi elementi ma ben usati. Melodie semplici di strumenti primari e piccole preziose aggiunte che non fanno altro che rendere quest’album ancora più profondo nei suoi significati e nelle sue atmosfere. Il Pre-Fagiolismo grazie alla sua ironia e ai suoi testi ricrea la tipica arte cantautorale italiana, della sfera dei Maestri Paolo Conte e Vinicio Capossela. Una voce, quella di Massimo Lepre, che non è solo canto ma anche e soprattutto dialogo, pensiero e stimolo verso questa generazione ad andare più a fondo, a cercare e lavorare per una vita globale migliore anche se difficile.
Twomonkeys – Psychobabe
Due scimmie impazzite si nascondono dietro questo progetto elettronico spiazzante, irrazionale, folle che risponde al nome Twomonkeys. I fratelli Bornati di Brescia “cresciuti tra Berlino e Amsterdam” scelgono la strada dell’Elettronica “nuova” ma con la memoria ben salda agli anni d’oro del Post Punk e della No-Wave, il tutto sotto la guida attenta e la produzione di Asso Stefana (Guano Padano, Vinicio Capossela, Mike Patton). Preferiscono l’elettronica per raccontare un mondo allucinato attraverso le sue pulsioni, ma si discostano da quella più classica e danzereccia, scegliendone gli aspetti deliranti e caotici. Sperimentazione che in realtà non osa troppo, andando invece a compiere un lavoro certosino di ricerca dentro gli stili del genere, scegliendo le ritmiche e i suoni più adatti a rendere esattamente quello che il duo voleva e cioè un sound potente, ritmato, ossessivo e cupo senza le melodie e la strumentazione di Indie e Folktronica e neanche le ammiccanti e intelligenti note dell’IDM. La struttura portante è invece il Post Punk e il suo carattere decadente e quindi il Punk stesso mentre tutt’intorno ruota una serie di suoni che avvicina il duo ora alle strade della psichedelia, ora alle ritmiche geometrie del Math Rock, pur senza ricalcarne la smaniosa perfezione e l’uso smodato di tempi dispari.
La cosa che più sorprende di quest’album d’esordio è la varietà di stili che viene presentata senza tuttavia suonare mai confusionario e privo di una visione precisa. Tanta mercanzia che insieme restituisce precisamente l’idea di un’entità unica. Tutti i brani sono infarciti di un misto di giocosità infantile, surreale, onirica e macabra (“Melodrama”) che, talvolta, suona fortemente Jazz Club (“Moon”, “Psycho”). Sempre presente inoltre una maniacalità matematica in stile Battles, parallelismi rafforzati dall’uso della voce carica di effetti (“Psycho”), cosi come suonano evidenti alcuni rimandi al mondo Industrial teutonico e britannico anni 70, essenziale, cadenzato e ripetitivo (“Marshmellow”) o al Punk Rock frenetico di natura “Blitzgrieg Bop”, sapientemente miscelato alle ritmiche Drum’n Bass (“Fuckfolk”); oppure ancora alla No Wave e il Post Punk più oscuro (“Crazy Drive”). Pochissime sono le tracce che richiamino in qualche modo alle moderne ovvietà dell’Indie Rock classico o del Folk Rock e Garage Revival (“More Space”) mentre più evidenti sono le attinenze con l’Electro Post Rock e la Glitch Music dei Matmos (“Crazy Drive”, “Cry”), maestri indiscussi della manipolazione sonora, e certamente non può essere tralasciato il paragone con la band sperimentale di Baltimora che risponde al nome di Animal Collective (“Refrain”, “She Knows”, “Sacrifice”) formazione in continua evoluzione tra le cui fila milita un certo Panda Bear e che ha fatto della varietà della sua proposta, sempre diversa ma sempre riconoscibilissima da un album all’altro, la sua caratteristica primaria.
Proprio gli Animal Collective possono essere visti come il miglior metro di paragone per i Twomonkeys che sono riusciti a rubare (con successo) quella capacità di suonare sperimentali senza doversi troppo allontanare dalle origini, di esprimere messaggi unici senza essere originali, di lasciar scorrere infiniti sfondi e scenari lasciando intatta l’immagine della propria musica. L’album si chiude con una sorta di omaggio al French Touch e ai Daft Punk (come se non bastasse) e la cosa sia vibra come l’esternazione di un certo modo di fare Elettronica (pur essendo due stili molto diversi) che guarda al passato, non inventa nulla eppure riesce a crearsi una sua identità ed è capace di stare tra la gente, sia nelle piste da ballo sia tra l’intimità delle cuffie. Un certo sistema di fare Elettronica che contraddistingue i francesi e farà la fortuna anche di questi Twomonkeys che rappresentano l’altro lato della medaglia, il suo volto animale.
Gilberto Gil
25 luglio @Zoom Park – Cumiana (TO)
Certo che scegliere lo Zoom Park di Torino, una specie di zoo fighetto con piscina per i visitatori, aree ristoro con noodles orientali preparati con prodotti a Km zero, per far suonare un artista bahiano e nero, può sembrare più attinente a una qualche festa leghista che altro. In realtà lo Zoo ha organizzato, per l’estate 2013, una serie di eventi live, sfruttando il super kitsch anfiteatro mezzo savana africana e mezzo architettura Maya: sul palco si sono già alternati Marlene Kuntz e Vinicio Capossela e, oltre a Gilberto Gil, si attende lo spettacolo di Morgan per gli inizi di agosto. Insomma. Niente di razzista.
Il prezzo del biglietto (39€ più diritti di prevendita) non ha sconfortato il pubblico, numeroso, per lo più composto di over 40 e brasiliani trapiantati in Piemonte, chiassosi, colorati, sudaticci. Gilberto Gil esce tra gli applausi degli astanti e si ha subito l’impressione di essere a un meraviglioso evento. Il padre del Rock brasiliano, uno dei tropicalisti che sfidarono la dittatura a colpi di ritornelli orecchiabili e sfrontati, sperimentatore di tanti generi musicali diversi quanto di tante droghe diverse, apre il concerto con “Fé Na Festa”, “Dança da Moda” e “Assim Sim”, un vero inno al sé in cui tutto il pubblico manifesta la sua presenza e la sua partecipazione. Gil si accompagna a un paio di pregevolissimi e giovanissimi musicisti: il violista e il fisarmonicista non avranno neppure trent’anni, ma mostrano fin da subito un’affinità con lo spirito del bahiano e una passione sul palco, che scavalcano la loro pur grande competenza tecnica.
Impressiona vedere un mostro sacro della musica affidare la sua produzione con tanta scioltezza a due poco più che ragazzini. Impressiona e causa stima. Sono passaggi di testimone simbolici, che attestano quanto sia più importante preservare il patrimonio musicale che lasciarsi andare a divismi e personalismi. Il concerto prosegue in una vera e propria lezione sulla MPB, la música popular brasileira, dai samba tradizionali al choro, dalla bossa nova alla embolada. E così la scaletta continua con “Oi Eu Aqui de Novo” e “Sao Joao Carneirinho” ed “Expresso 2222”, il brano che segnò il ritorno in patria di Gil da eroe della libertà dopo la dittatura. Gilberto Gil non manca occasione, come sua abitudine, di rendere omaggio a Bob Marley intonando “Three Little Birds” e la versione portoghese di “No Woman No Cry”, “Nao Chore Mais”. Classe 1942, il bahiano è magrissimo, drittissimo, sorridente e in una forma fisica smagliante. Accenna passi di samba, si avvicina al pubblico, stringe mani, tocca le bandiere del Brasile che gli vengono porte. E canta con una voce che non ha mai nessun tentennamento, nessuna incertezza: “Vamos Fugir”, “Andar Com Fé”, “Lamento Sertanejo”, “Casamento da Raposa” e la meravigliosa “Asa Branca”, scritta dal duo Cavalcanti-Gonzaga e già riportata in voga alla fine degli anni ’60 da quel Caetano Veloso con cu Gil ha diviso i primi anni di attività, la prigione, l’esilio europeo.
Per me, che ho fatto la tesi di laurea sul Tropicalismo, è stato come vedere concretizzato quanto ho solo letto sui libri, quanto sono riuscita solo a sentire da cd. Gilberto Gil racchiude in sé il misticismo del culto yoruba, il rispetto delle tradizioni, la sincretica sovrapposizione di generi e stili propri del Brasile, su cui ha innestato, fra i primi, il Rock anglo-americano, in una continua ricerca durata quasi cinquant’anni e che ancora non accenna ad arrestarsi. Felice di poter dire: io c’ero.
Voci dal Sud Summer Festival: il calendario
Si terrà allo Stadio Comunale di Sant’Arsenio, in provincia di Salerno, dall’8 all’11 di agosto il Voci dal Sud Summer Festival, con un ricco calendario pieno di ospiti di prestigio. Per informazioni sui costi e gli orari, visitare il sito di Area Live. Segue calendario.
giovedi 08 agosto 2013
MEG + special guest
venerdi 09 agosto 2013
Fabri Fibra feat. Clementino
(unica data in Campania)
sabato 10 agosto 2013
Vinicio Capossela e la Banda della Posta
(al parco dei mulini di San Pietro al Tanagro)
domenica 11 agosto 2013
Almamegretta & Asian Dub Foundation
Sintomi di Gioia – S/t
Coprodotto da Umberto Giardini (Moltheni), vede la luce lo scorso ottobre il secondo full lenght dei Sintomi di Gioia, ovvero Luca Grossi (la voce, oltre tanto altro) e Fausto Franchini. Opera di forte matrice Pop, con un’infinità di melodie leggiadre e celestiali, rassicuranti e orecchiabili ma nello stesso tempo forti di strutture portanti e arrangiamenti indovinati e arricchiti dalla presenza di strumentazione extra (oltre a chitarre, synth, batteria e piano) fatta di violoncello, timpani, contrabbasso e quant’altro.
Pop soffice e aggraziato, nello stile di un Riccardo Senigallia o l’ex compagno artistico Federico Zampaglione (anche nella timbrica si possono notare somiglianze con Luca Grossi) ma comunque pieno di sé e fortemente articolato senza inutili pesantezze. Il sound dei Sintomi di Gioia è legato indissolubilmente alla tradizione italiana (Luigi Tenco, Gino Paoli, Vinicio Capossela) cosi come alle nuove leve pop cantautorali ma non disdegna echi di internazionalità in stile Beatles (“Varietà”, “Balcone”) o Flaming Lips (”Balcone”) ma anche Indie made in Uk (“2 Minuti Prima Che Cambiassi Idea”).
Assolutamente da ascoltare con attenzione anche la parte testuale (fortunatamente si canta in lingua madre) che spazia tra scenari cinematografici (“Pieno D’Oro”, “Di Blu”) a dediche esplicite a Marco Travaglio (“Canzone Per T”), passando per la decadenza economica, culturale e generazionale (“Varietà”) o la riscoperta dello sfavillio del creato (“Mi Dimentico di me”). Un album perfetto per chi ama il Pop puro, nel quale la melodia è padrona, gli arrangiamenti sono una fotografia cinematografica da oscar e le parole suonano come poesia. Perfetto per chi cerca uno spazio tranquillo dove dimenticare rabbia, angoscia e le brutture della vita. Un album perfetto per sognare ma con testi che ti fanno aprire gli occhi.
Non c’è spazio per voi rocker.
Manuel Volpe – Gloom Lies Beside Me As I Turn My Face Towards The Lights
La notte dell’artista marchigiano Manuel Volpe è sempre fonda, carica di suoni e lamenti che non hanno mai fine, un torbido odore di poesia e alcool di ristagno che profuma, uno sfondare di ore piccole a rimuginare dentro amori, illusioni, fantasmi di bordelli andati “The Bored” e lontananze Dostoevskijane “Penumbra” che paiono arrivare ad ogni cambio brano. Un titolo improbabile per un ascolto prelibato, Gloom Lies Beside Me As I Turn My Face Towards The Lights è il disco/debutto di questo artista ricercato, che dalle mille esperienze alle spalle riesce ad approdare a queste tracce (nove) che puntano a stupire e lo fanno, un calembour stilistico che – abbracciando le enfatizzazioni di Waits “Maria Magdalena”, qualcosa di uno zingaro DeVille “The Latest Rose”e tutti i fondi di bicchieri di un riflessivo e meticcitato Capossela, conosce perfettamente la strada e la tramatura di un’opera delle intenzioni, un registrato profondo e incentrato sul flusso dei pensieri e della attrazione definitiva di chi la vita “la vive” vivendo veramente.
Patos e sangue misto sono la parte forte del registrato, sensazioni infilate tra anima e cuore, una impennata di qualità che infiamma subdolamente l’orecchio, sonorità e generi che scaldano di malinconica dove tutto è oscuro, sognante e inquietamente dolciastro, regno di melodie e aliti che puzzano in faccia ad angeli venduti: è come stare al centro di un film girato in seppia, una tracklist killer che t’uccide dentro per la bellezza maledetta che t’accolla, colorazioni mutuate da una strabiliante familiarità col nero, murder-ballad dell’auto-distruzione d’anima che si fanno meccanismo sensuale al pari di una rivalsa debitoria di gran pregio. L’artista Volpe – qui accompagnato da una sfilza di ospiti – caratterizza l’intero lotto con un flusso magnetico senza precedenti, come una eterna incazzatura soffusa col mondo intero, amarezza e constatazioni acidognole che nelle smandolinate di “The Woeful Harbour” e nello scaramouche mediterraneo, diabolico e funeral stornellato di chitarra acustica, sbuffo di trombone e mandolino “Porto Empedocle” ha il massimo della sua espressione, del suo fasto ammusato.
Manuel Volpe si presenta proponendoci una versione aggiornata dell’ottimo, un’ inconfondibile puzzo da bassifondo che se respirato fino in fondo offre una smagliante essenza di tutto quello che non si vede e soprattutto si sente di giorno, il banalissimo giorno.
Immenso!
Le Capre A Sonagli – Sadicapra BOPS
Proposta indubbiamente interessante quella delle Capre A Sonagli, band bergamasca nata inizialmente nel 2000 con il nome di Mercuryo Cromo e fattasi notare dopo aver supportato band come Sick Tamburo, Zen Circus, Giorgio Canali e udite un po’ gli Afterhours, questi ultimi raggiunti attraverso la vittoria del Nuovi Suoni Live. Solo nel 2011 la band cambia il nome della band da Mercuryo Cromo a Le Capre A Sonagli. Ma torniamo alla proposta del gruppo che come dicevamo ha abbastanza da raccontare. La band dedita ad un Stoner con venature Psichedeliche si presta a sfornare un particolare disco dall’ ascolto complesso. Parliamo di Sadicapra, un lavoro che ti coinvolge dal primo ascolto attraverso ipnotici ritornelli, graffianti riff, strambe melodie ed un cantato variegato che molto spesso sfocia nel racconto. Sadicapra è un album critico che con sottigliezza racconta un po’ della realtà dell’ individuo, alcune volte con riflessive metafore. E’ vero, molto probabilmente per comprenderlo ed apprezzarlo c’è bisogno di qualche ascolto in più ma fidatevi pian pianino vi entra nella testa, ciò dimostrato dalla seconda traccia del platter, “Caronte”. L’ album presenta anche tracce strumentali che mettono in mostra le potenzialità di questi malati del suono. Avete capito bene, malati, perché solo cosi si possono definire delle persone che mettono su un lavoro del genere. Prestando orecchio a “Pirata Della Strada”e “Fuori Dal Cono” (le tracce strumentali appunto), noterete come è particolare lo stile del gruppo. I Queens Of The Stone Age, gli Stooges ed il loro buon Iggy Pop e Vinicio Capossela impazzirebbero dalla gioia dopo aver sentito questi ragazzi. Non a caso comunque, Le Capre A Sonagli hanno diverse affinità con questi grandi citati ora e con ottime probabilità qualcuno di questi ha fatto da influenza. Per non tirarla troppo sulle lunghe possiamo dire che Sadicapra è un album che merita attenzioni: ha la caratteristica di calmare i più frenetici e scatenare gli ascoltatori più passivi. Insomma, buona la prima per la band bergamasca.