O bene o male tra i solchi di questo disco, una parte della nostra giovinezza strapiena d’inni, eroi, miti, credo e tutto quello che poteva fare “essere di sinistra” ci ha lasciato cuore e fegato; gli Inti Illimani facevano parte della nostra vita quotidiana, non si poteva fare una riunione militante, avere un pensiero pesante o ritrovarsi con gli amici dentro uno scantinato a bere vino, fumare canne e adulare il Sol dell’Avvenir senza che questo Viva Chile! non strombazzasse a tutto volume il suo animo focoso, ribelle, e pure romantico, con quel candore Guevariano intriso dentro.
Esiliati in Italia dopo il golpe di Pinochet in Cile nel 73, il gruppo – cileno anch’esso – si stabilì come sede ideologica da parte di tanta sinistra organizzata su barricate, fuochi accesi e manifestazioni parada da guerriglia urbana, ma le loro canzoni erano di tutto altro tipo, erano canzoni della loro tradizione andina, popolare e contadina; ritmi bellissimi che facevano ballare al soffio di flauti di pan, bombi, chitarrone a battente, e ai mille colori che la loro stupenda terra, in quel momento insanguinata dalla dittatura, proiettava come arcobaleni verso il mondo intero.
Presi come vessillo sonante della lotta per la libertà, gli Inti Illimani di Horacio Salinas, vanno a godere di una popolarità straordinaria, si ritrovano a suonare ovunque – dalle feste dell’Unita alle balere di provincia – e alcuni dei loro pezzi, come “Alturas”, va a siglare centinaia e centinaia di programmi televisivi; canzoni che quasi tutti imparammo a memoria, come lo slogan che si urlava ad ogni corteo “El pueblo unido jamas serà vencido” o il romanticismo battagliero di “Venceremos”, che andava a riempire i cuori tremebondi di quelli che allora si definivano “compagni”.
In questo disco ci sono alcune delle più belle canzoni che il combo cileno abbia mai scritto, basta citare “Hacia la libertad”, “Cantos a los caidos”, la già citata “Alturas”, “Simon Bolivar”, “Fiesta de San Benito” e “Cancion del Poder Popular”, e tutto questo accadeva tra il 73 e il 75 dello scorso secolo, in quel frangente di tempo dove ancora credere ad un socialismo reale era possibile. Ora ascoltare questi dischi, e precisamente questo, da un senso di gioia e smarrimento, tristezza e commozione per un tempo che non tornerà più, ma anche un coraggio che ci stringe il cuore per essere tra i fortunati ad averlo percorso e poterlo raccontare.