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10 SONGS A WEEK | la settimana in dieci brani #14.10.2016

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10 SONGS A WEEK | la settimana in dieci brani #07.10.2016

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10 SONGS A WEEK | la settimana in dieci brani #30.09.2016

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Malkovic – Ufo [FREE DOWNLOAD]

Written by Anteprime

Indie Rock lombardo in free download esclusivo su Rockambula Webzine!
I Malkovic si formano a Milano nel 2014 ad opera di Giovanni Pedersini (voce, chitarra) e Elia Pastori (batteria, elettronica) e trovano la loro formazione definitiva con l’entrata di Fabio Copeta al basso. A marzo scorso entrano in studio per registrare il loro primo EP omonimo, che uscirà a novembre. “Ufo” è il nuovo singolo estratto, scaricalo qui!

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Il gusto dei trent’anni || Intervista a Francesco Motta

Written by Interviste

Del promo tour de La Fine dei Vent’Anni, disco di esordio di Francesco Motta uscito per Woodworm Label a marzo scorso, quello di questa sera a L’Aquila sarà il quinto live a cui assisterò. Dopo averlo osservato calcare i palchi più disparati, posso dire con cognizione di causa che tra le qualità di questo cantautore senza dubbio c’è anche la genuinità.

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Phidge – Paris [STREAMING]

Written by Anteprime

In anteprima esclusiva per Rockambula Webzine eccovi “Paris”, il nuovo singolo dei Phidge, quartetto bolognese che viaggia tra l’indie rock e l’emo-core 90’s.

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I DISCHI CHE NON TI HO DETTO | Italia sintetica

Written by Recensioni

I confini tra Rock ed Elettronica sono ormai estremamente labili e da tempo la materia sintetica si insinua anche nelle produzioni nostrane, contaminando e rinnovando la tradizione cantautoriale o rinnegandola totalmente con lo sguardo proiettato oltre i confini della Penisola.
Tra le uscite degli scorsi mesi di questo 2016 abbiamo selezionato alcuni dischi in cui, sebbene giochi di volta in volta un ruolo diverso, la componente Elettro è di certo essenziale e imprescindibile.

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Daniel Lioneye – Vol. III

Written by Recensioni

Siamo giunti al terzo disco di Daniel Lioneye, chitarrista dei talentuosi HIM e mente di riff e assoli a dir poco sbalorditivi che senza esagerare fanno gola a tantissimi musicisti di alto livello della scena Hard Rock ed Heavy Metal internazionale. Purtroppo in molti lo conoscono, come già detto, perchè si tratta di uno dei pilastri della tanta amata/odiata band finnica, creatrice addirittura di un genere quale il Love Metal. In pochi sanno però che Mikko “Linde” Lindstrom, ovvero  Daniel Lioneye, ha un suo progetto nato nel 2001 con alle spalle altri due lavori.

La band di Lioneye è composta da altri due membri degli HIM: Migè Amour al basso ed Emerson Burton alle tastiere. Attualmente alla batteria troviamo Seppo Tarvainen dei The Stourger che va a sostituire Bolton degli Enochian Crescent.
Vol. III è un disco che come il precedente ti spiazza perchè comprendi a fondo le potenzialità di determinati artisti. Con questo lavoro non si tratta di cogliere l’ efficienza tecnica dei musicisti, bensì l’inventiva, il gusto musicale, la raffinatezza culturale e la capacità di assemblare generi più “duri”. Vol. III spazia dallo Stoner alla Psichedelia fino a toccare sonorità Black Metal, insomma tipi di musica differenti rispetto alla band madre che si occupa, invece, di un genere dalle tinte cupe, rockeggianti ed oscure. Ci si accorge dell’ottimo prodotto ascoltando tracce come “Break It Or Heal It”, che vanta di massicci riff e giri di chitarra, oppure la possente “Aetherside”, dove lo Stoner è predominante (gli Electric Wizard impazzirebbero per un pezzo di questo tipo). “Licence To Defile” ricorda un po’ l’andazzo del disco precedente solo che questa volta l’accurato lavoro delle tastiere fa la differenza rendendo il pezzo sinistro. “Dancing With The Dead” si posiziona tra le tracce più riuscite: ha un mood cupo dovuto al buon gioco delle tastiere di Burton, i massicci giri di chitarra presenti che vanno poi a comporre un interessante ritornello rendono il pezzo formidabile e il cantato di Mr. Lioneye da un tocco di fascino in più. “Neolitic Way”, già presente in Vol. II, qui è riproposta in una versione più pesante e pulita.

Questo Vol. III è un album di ottima qualità, dove non solo la musica suscita interesse ma anche i testi scritti da Mige Amour. Nell’attesa di riascoltare gli HIM possiamo goderci questo affascinante lavoro di Daniel Lioneye, magari qualche accanito fan di Sua Maestà Infernale potrà deliziarsi con qualcosa di diverso mentre i guru del metallo pesante o i fondamentalisti potranno ricredersi sulla bravura e la genialità di questi musicisti.

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Fast Listening | Settembre 2016

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Sophia – As We Make Our Way (Unknown Harbours) (Alt Rock, Songwriting) 6,5/10
Dopo sette anni di silenzio i Sophia ritornano con un disco che miscela piuttosto sapientemente suoni elettrici ed acustici ma che paragonato al passato perde qualcosina a livello lirico (ma non pensate manchi di emozionare) e si appoggia spesso ad un sintetismo che non sempre convince. Nonostante questo il disco scorre via piacevolmente (parliamo di Sheppard dunque pesate bene il termine) tra Pop di elevata fattura (“Blame”) ed aperture più facili e solari (“California”, per quanto da quelle parti nel testo il sole non sia tutto passando per quei brani dalla classica intimità che da sempre contraddistingono questo valido progetto(“The Drifter”, “Baby, Hold On”), fino a giungere alla conclusiva “It’s Easy To Be Lonely”, tra i momenti migliori del disco con la sua ottima coralità, senza però far mancare lungo il percorso qualche piccolo passo falso (il Rock leggermente sintetico di “St.Tropez / The Hustle” proprio non convince). Per quanto qualcosa di meglio si potesse sicuramente aspettare il disco non delude e non possiamo dimenticare che è sul palco che Robin Proper-Sheppard (in solitudine come coi suoi compagni) aumenta a dismisura la sua travolgente intensità.

[ ascolta “Resisting” ]

uKanDanZ – Awo (Jazz-Rock, Ethio Jazz, Free Jazz, Noise ) 7,5/10
Terzo lavoro sulla lunga distanza per questo combo che fonde al suo interno un quartetto di ottimi musicsti Jazz di Lione (chitarra, basso, sax, batteria) e la voce di Asnake Guebreyes, bravissimo e carismatico cantante proveniente da Addis Abeba. Il disco sprigiona un’energia Punk Rock ispirandosi a canti della tradizione etiope. Il lavoro dei 4 musicisti ed il canto appassionato di Guebreyes si fondono in una miscela insana, enrgica e dalla grande e mai invadente dinamicità che rimane ardente anche durante “Gela Gela” il brano più tranquillo del lotto, con l’ottimo ed ipnotico lavoro della sezione ritmica, il sax e la chitarra sempre puntuali ed all’altezza della situazione durante i loro interventi ed una voce in questo caso più che mai evocativa. Il sound della band fonde perfettamente vari stili (non mancano neanche momenti che potremmo classificare come Rock Progressivo) creando una simbiosi perfetta dei due continenti che fanno da casa al quintetto, senza farcene mancare un terzo, parliamo ovviamente dell’America, patria del Free Jazz. Ascolto piacevole, ricco, pulsante, suggestivo, ed ovviamente consigliato.

[ ascolta “Tchuhetén Betsèmu” ]

Ramachandran – Marshmallow (Heavy Psych, Stoner ) 5,5/10
Il power trio toscano formato dalla voce di Sara Corso, dalla chitarra di Andrea Ricci e dalla batteria di Andrea Torrini sforna un concept che citando psicologi e neuroscienziati cerca, in modo anche ironico, di spiegarci come funziona il cervello. La voce della Corso può in alcuni casi far pensare ad una versione femminile di Ozzy Osbourne, chitarra e batteria sono sempre lanciatissime e infuocate eppure non sventrano mai. Non c’è molto da dire, il disco è composto da 6 brani che scorrono via in 22 minuti, ma che, gira e rigira la frittata, si somigliano forse un po’ troppo e cercano soluzioni (leggermente) diverse giusto in un paio di occasioni. Le capacità sicuramente non mancano, ma è indubbio che a questi ragazzi serva anche un pizzico di fantasia e di coraggio in più, e magari anche una registrazione meno sporca e, perchè no, l’aggiunta di un basso.
[ ascolta “Vilayanur” ]

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Erica Mou live Sunset 1460m – Musica & Natura “un legame in alta quota” | Calascio (AQ), 05.08.2016

Written by Live Report

La riscoperta delle parole di uno che l’Abruzzo l’ha descritto egregiamente l’ho iniziata a Pescara il mese scorso, una sera in cui la colonna sonora d’eccezione erano i Blonde Redhead.

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Daniele Silvestri @ Estatica | Pescara, 08/08/2016

Written by Live Report

Sono le 21:30 quando le luci si accendono e Daniele Silvestri sale sul palco del Porto Turistico di Pescara cominciando il concerto sulle note di “Marzo 3039”, e via ad alternarsi canzoni che almeno due generazioni di noi conoscono benissimo.
Silvestri si dimostra in ottima forma e passa abilmente da brani eseguiti con la chitarra a canzoni più intime che lo vedono alla tastiera. “Strade di Francia”, “Ma che discorsi”, “Le cose in comune”, “Sempre di domenica” fino a “La guerra del sale”, con le immagini di Caparezza proiettate sul maxi-schermo sullo sfondo.
Poi c’è anche un momento molto serio. Tre brevi filmati vengono proiettati alle sue spalle: il tema del primo è il diritto di voto alle donne, poi compare Enrico Berlinguer che parla di giustizia sociale, infine un intervento tratto dal Gay Pride. A seguire “A bocca chiusa” e “L’uomo col megafono”.
Ma la serata è ancora lunga! Daniele prende una chitarra, ci dice che suonerà qualcosa a sorpresa, inizia a muovere le dita sulle corde e i migliori romantici in un momento riconoscono un pezzo degli Otto Ohm: regalando un grande sorriso agli spettatori pescaresi appare Vincenzo Leuzzi detto ‘Bove’ sale e intona insieme a Daniele le sue “Strade inquiete” e “Fumo denso”, e poi ancora “A me ricordi il mare” e “Il mondo stretto in una mano.” Poi si congeda, e Daniele continua sulle note dei suoi grandi classici come “Gino e l’alfetta”, “Salirò”, “Testardo” e l’immancabile “Occhi da orientale”.
Sono già più di due ore che si suona a Pescara, e ormai dopo il bis pensiamo tutti che sia arrivato il momento dei saluti. E invece no! Iniziano le canzoni a richiesta! “L’autostrada”, “Samantha”, poi Silvestri lancia un tappo tra il pubblico: alla persona che lo afferra tocca scegliere ancora un pezzo, la scelta cade su “La paranza”, e via tutti a ballare.
Si chiude con “Aria” e il grande classico, “Cohiba”. Il pubblico è entusiasta. I musicisti si abbracciano, grandi sorrisi ed un inchino finale verso il pubblico.
Grazie Daniele, con le tue quasi tre ore di concerto ci hai regalato una serata strepitosa.

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Richard Bona & Mandekan Cubano @ Sant’Elpidio Jazz Festival | 17.07.2016

Written by Live Report

Richard Bona è uno dei più grandi bassisti viventi. Il suo curriculum parla da solo: polistrumentista, ha collaborato con artisti del calibro di Joe Zawinul, Michael e Randy Brecker, Mike Stern, George Benson, Branford Marsalis, Chaka Khan, Bobby McFerrin e Steve Gadd, ed è stato il direttore musicale dell’Harry Belafonte’s European Tour nel 1998 e percussionista e vocalista nel tour mondiale di Pat Metheny del 2002.
Tuttavia un talento così non nasce dal nulla. Le sue origini dicono che il nonno era un cantastorie che girava per i villaggi, un po’ come faceva Omero nell’antichità per narrare i suoi poemi e che la madre era una cantante. Al suo attivo anche diversi album solisti alle spalle, c’è chi lo chiama (giustamente) lo Sting africano (è nato infatti in Camerun) per le similitudini stilistiche ed armoniche con il fondatore e leader degli ormai disciolti Police.

E’ stato quindi un grande onore per il Sant’Elpidio Jazz Festival (manifestazione promossa dall’Amministrazione Comunale di Sant’Elpidio a Mare – Assessorato alla Cultura e Turismo in collaborazione con l’Associazione Syntonia Jazz) ospitare un suo concerto.
L’evento quest’anno prevede in cartellone nomi quali Cyrus Chestnut – Buster Williams – Lenny Withe, Rosario Giuliani – Luciano Biondini Quartet, Mirko Fait Quintet con special guests Roberto Piermartire e Antonio Zambrini, e Simona Molinari che chiuderà la rassegna il 7 agosto.
Per l’occasione il grande bassista è stato affiancato dall’ensemble Mandekan Cubano con cui ha proposto quindici brani dal suo esteso repertorio compreso l’intero Heritage, il suo ultimo album in studio.
Sul palco si presenta con un amplificatore Mark Bass ed un basso a cinque corde con un unico pickup attivo e piezo per simulare il suono di altri strumenti quali gli archi di un orchestra sinfonica. Si inizia con “Aka Lingala tè” che (curiosamente) apre anche il suddetto Heritage. Il pubblico osserva con scrupolosità ed interesse l’evolversi del brano che in realtà è una semplice introduzione vocale di appena un minuto. Il vero opening si può quindi considerare “Ekwa Mwato”, canzone tratta da Reverence, album datato 2001.
Bona non ha mai sovrastato il suo gruppo tranne quando, come in questo caso, ha proposto i suoi brani solisti. Un vero e proprio artista a 360 gradi, che ha catturato l’attenzione dei presenti nonostante il suo carattere un po’ schivo dall’inizio alla fine come pochi sanno fare con le sue doti canore eccellenti.

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Si prosegue quindi con “Bilongo” che risulta molto delicata e ritmata nell’esecuzione e con “Mute Sukudu” che anticipa il ritorno ad “Heritage” con in sequenza: “Jokoh Jokoh” (in cui a dire la verità sono più il piano e le percussioni a fa da padroni), “Cubaneando”, “Essèwè ya Monique”, “Santa Clara Con Montuno”, “Ngul Mekon”, “Muntula Moto”, “Eva”, “Kivu” e “Kwa Singa” rispettando fedelmente la tracklist del disco.
I ritmi africani si fondono progressivamente con le melodie cubane mescolando le anime musicali di due continenti, l’Africa e l’America, che sulla carta appaiono lontani ma che per più di un’ora sono stati vicinissimi se non addirittura confinanti abbattendo ogni distanza geografica.
Un tocco vellutato il suo, formidabile nei suoi duetti all’unisono tra basso e voce; praticamente unico al mondo.
Richard infatti suona il basso con tutte le dita della mano destra, veloce nell’esecuzione e con il groove nel sangue.
La conclusione è stata affidata a “O Sen Sen Sen”, scritto in coppia con Marc Berthoumieux e contenuto in Tiki, disco che conteneva collaborazioni con artisti quali Mike Stern e John Legend.

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Richard Bona è stato anche talmente umile da fermarsi alla fine con i propri fan per foto e autografi di rito vincendo anche quella timidezza che lo ha contraddistinto un po’ per tutto lo spettacolo. Un concerto davvero unico che ha saputo abbracciare vari stili e generi musicali; in oltre venti anni di carriera infatti Bona ha tratto ispirazione da Jaco Pastorius a Tito Puente per arrivare al Jazz Caraibico di oggi. Se lo conoscete già sapete cosa voglio intendere; se non lo avete mai sentito nominare correte a comprarvi per lo meno Bona Makes You Sweat – Live e Bonafied. Scoprirete nuovi universi sonori che solo un musicista eclettico quale è Richard Bona può affrontare con la sua genialità e il suo stile davvero unici.

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