Wire Tag Archive
Treeboy & Arc – Natural Habitat
Con questo debutto, il quintetto di Leeds dimostra di voler puntare in alto, perfezionando e migliorando i propri obiettivi.
Continue ReadingItalia 90 – Living Human Treasure
L’album di debutto della band inglese è una partita vinta a mani basse.
Continue ReadingDalla Campania a Montreal – Intervista al produttore Roberto Forlano
In occasione dell’uscita della compilation dedicata all’album capolavoro del 1999 The Fragile dei Nine Inch Nails, da lui prodotta, abbiamo incontrato il produttore, promoter e dj campano per parlare di scena emergente, estera, mercato discografico, litigate con Colapesce e tanto altro.
Continue ReadingRitorna Arenasonica Festival
Al via la XV edizione di Arenasonica, l’ecofestival gratuito dal 29 luglio al 2 agosto all’Arena Parco Castelli di Brescia.
Wire, Tre Allegri Ragazzi Morti accompagnati dalla Abbey Town Jazz Orchestra, Fast Animals and Slow Kids, Le Capre a Sonagli: ecco i nomi della XV edizione del festival Arenasonica, da mercoledì 29 luglio a domenica 2 agosto all’interno dell’Arena Parco Castelli di Brescia.
La Una manifestazione partirà il 29 luglio con Le Capre a Sonagli, che hanno dato alle stampe il nuovo disco, Il Fauno, lo scorso marzo. Si continua il 30 con i Fast Animals and Slow Kids, usciti lo scorso ottobre con Alaska, mentre il 31 è il turno di un nome di spicco della scena internazionale, Wire, in Italia per due sole date, che presenteranno il nuovo album omonimo, uscito lo scorso 13 aprile per Pink Flag Records.
Il primo agosto chiudono le danze i Tre Allegri Ragazzi Morti accompagnati dalla Abbey Town Jazz Orchestra per la presentazione del disco Quando Eravamo Swing, una rilettura in chiave swing dei successi del trio di Pordenone.
L’ultimo giorno del festival, il 2 agosto, è affidato alle band locali, in versione acustica.
Programma
Mercoledì 29 luglio
Palco acustico e area food: dalle 19
Main Stage: Le Capre a Sonagli
Opening act, dalle 21: Verbal + Sdang!
Giovedì 30 luglio
Palco acustico e area food: dalle 19
Main Stage: Fast Animals And Slow Kids
Opening act, dalle 21: Endrigo
Venerdì 31 luglio
Palco acustico e area food: dalle 19
Main Stage: Wire
Opening act, dalle 21: Dead Candies + Waka Waka
Sabato 1 agosto
Palco acustico e area food: dalle 19
Main Stage: Tre Allegri Ragazzi Morti & Abbey Town Jazz Orchestra
Domenica 2 agosto
Palco acustico e area food: dalle 19
INDICAZIONI STRADALI
IN AUTO: Autostrada A4 uscita Brescia Ovest – Tangenziale Ovest direzione Ospedale/Stadio. Il Parco Castelli si trova a ridosso della Curva Nord dello Stadio Mario Rigamonti.
IN TRENO: Nel Piazzale della Stazione di Brescia, prendere la Metropolitana direzione Mompiano, scendere alla fermata Europa. Seguire verso nord, il parco si trova a 500 mt.
CONTATTI
www.arenasonica.net
Facebook: www.facebook.com/arenasonica
Info line: +39 328 8433150
Mail: blodiorama@gmail.com
Echo Bench – Echo Bench
Siamo in Israele, crepuscolo della civiltà, terra sacra nota per aver dato vita alle religioni monoteiste più influenti del pianeta e ai conflitti più sanguinari della storia dell’umanità ma, di certo,non per aver contribuito in maniera interessante all’evoluzione della scena musicale. Però è proprio dal Vicino Oriente che arriva quest’album cazzuto, diretto, oscuro ma nello stesso tempo piacevolmente orecchiabile grazie a una line-up classica ed essenziale. Shahar Yahalom al basso, Alex Levy alla batteria, voce e chitarra Noga Shatz: loro sono le Echo Bench, tre ragazze che senza mezzi termini fondono abilmente Noise, Post-Punk e un tocco di Pop smaliziato costruendo un sound dall’atmosfera magnetica, a tratti rarefatta ed equilibrata. Suoni scarni, grezzi e lievemente offuscati s’intrecciano alla voce tanto infantile quanto pungente della Shatz che richiama l’enfasi teatrale e disperata di Siouxsie, l’isterismo un po’ addolcito di Lydia Lunch e la carica energica di Exene Cervenka; insomma, ciò che di meglio il gentil sesso abbia mai offerto alla musica Rock. Quest’album d’esordio si apre con l’ammaliante “The Same Mistake” brano dall’incedere quasi meccanico, una sonorità nostalgica e trasognata che stride con la traccia successiva, “Out of The Blue” (la mia preferita), dall’indole imprevedibile e discontinua che con la sua schizofrenia No-Wave ha suscitato in me più di un brivido. Singolare la track numero tre, “High Noon” riempita da un riff penetrante che richiama sensuali sonorità esotiche che con disinvoltura si mescolano ad un soft e personalissimo Psychobilly. L’album procede con coerente attitudine Garage-Noise (“After Party” e “High Roller”) e spirito da Riot Girl fino all’ultima funerea traccia “Flesh a Bone”, il cui basso alla Steve Severin orchestra un teatrino oscuro e ipnotico. Echo Bench è un album che, in fin dei conti, concede poco spazio alla novità, un esordio carico di riferimenti a un passato estremamente sfaccettato, dal retrogusto anni ottanta ma non per questo privo di qualità e intuizioni creative. Disco finemente retrò testimone di un talento destinato a imboccare, si spera, una strada del tutto personale.Non a caso ci ha creduto anche Colin Newman leader dei Wire, che, colpito dal loro stile, ha recentemente realizzato un remix di “French”, nona traccia dell’album.
Artefice di questa brillante scoperta è l’etichetta discografica italiana V4V che, con cinica ironia, amadefinirsi indipeRdente e vi da la possibilità di scaricare gratuitamente dal sito l’intero album di Echo Bench.
Wire – Change Becomes Us
Gli anni passano inesorabili per tutti, anche nella musica non si transige, tutto ingiallisce meno i capolavori di patina doc, artisti e idiomi musicali che sopravvivono all’usura e che – tra cadute e calici alzati – sono riusciti sempre a raccogliersi e rialzarsi, tanto è che ancora oggi sono cattedre incontestabili della sconfinata cosmogonica Rock.
Non a caso i Wire, la formazione inglese che dopo la liquefazione del punk, meglio di altre ha saputo traghettare tutta quella dolorante trasgressione nelle lattiginose coordinate della New-Wave appunto Post-Punk , seguita a sfornare crediti ragguardevoli e non, ma che comunque hanno segnato la scena di allora e questa di oggi, e Change Becomes Us, tredici tracce recuperate nel tempo della loro carriera e mai registrate prima d’ora, riporta la band di Colin Newman a certi splendori ovattati, li fa oscillare tra movenze deep e ondivaganti trilli nerofumo.
Via le grattate e le retoriche di larsen che smerigliavano il passato, ora vive una specie di “aggiornamento”, un calarsi nei tempi moderni con maturità e riflessione senza tuttavia fare a meno (ma in maniera meno eclatante) di scariche e lampi distorti, ma usati con dovizia e senza più quell’urgenza straripante, un riqualificare le potenzialità di gruppo dove l’intensità di scrittura e gli affondi dolciastri del mood trovano un equilibrio – all’ascolto – perfettamente in bolla; tolta la ridicolaggine pop di “Re-Invent Your Second Wheel”, la tracklist è una genialità anomala che se da una parte becca effluvi spacey di stampo smaccatamente Floydiani, dall’altra si trasforma in mantra ipnotico “Time Lock Fog”, trascina nelle armonie sottocutanee di “Keep Exhaling”, e anela il ritorno al primo amore punk “Stealth Of A Stork” per poi immergersi completamente tra nebbie e foschie wave fino a sparirci dentro “B/W Silence”.
Ovvio che siamo sulle strade della buona musica ma niente di cui urlare al miracolo, semplicemente una scheggia di classe musicale che mantiene una eccezionale seconda vita, i Wire – con un incedere deciso e inarrendevole – ancora ipnotizzano fino alla malinconia, quella in positivo chiaro.