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Mike Spine – Forage&Glean

Written by Recensioni

L’artista di Seattle fa le cose in grande e pubblica per la Global Seepej Records questo doppio best of che raccoglie le sue migliori canzoni divise in due diverse anime, quella più Folk del volume uno e quella più Punk del volume due. Dopo dieci album all’attivo, Mike Spine, nato nella terra del Grunge ma che divide la sua vita con l’Europa, pubblica per la prima volta un lavoro nel vecchio continente ed anche per questo motivo il suo nome non è ancora materia per le masse, nonostante abbia suonato in ogni dove dividendo il palco con Los Lobos, Creedence Clearwater Revisited, Damien Jurado e tanti altri. Pur non essendo eccessivamente legati stilisticamente, se si esclude la materia prima Folk, la figura di Spine e le sue liriche quasi seguono il solco di quel Billy Bragg che fu strenuo avversario del thatcherismo in Inghilterra. Mike Spine, come il britannico, usa la sua musica, le sue parole e la sua voce per raccontare le vicende e le esperienze dei lavoratori delle diverse città in cui ha soggiornato, osteggiando le ingiustizie sociali, finanziarie e ambientali tanto nei fatti quanto artisticamente. Proprio Billy Bragg affermava: “Io non sono un cantautore politico. Sono un cantautore onesto e cerco di scrivere onestamente su ciò che vedo intorno a me in questo momento”. Questa frase trova altresì applicazione in Spine e quest’onestà la ritroveremo in tutte le trentadue canzoni che compongono Forage&Glean, registrate, per la cronaca, negli studi Haywire Recording di Portland da Rob Bartleson (Wilco, Pink Martini) e masterizzato da Ed Brooks (Pearl Jam, R.E.M.) a Seattle. Prima di giungere a questa raccolta, il musicista ha militato nella band At the Spine pubblicando cinque album che miscelavano il Punk ricercato di The Clash, alla potenza del Post Hardcore, l’intensità di Neil Young al Grunge dei Nirvana; nel 2010 la prima svolta con la band The Beautiful Sunsets, con cui pubblica Coalminers & Moonshiners e, finalmente, nel 2015, il primo album solista; nel mezzo, una serie incredibile di concerti e un tour europeo con la polistrumentista Barbara Luna. Forage&Glean non è dunque semplicemente un’ammucchiata di vecchie canzoni ma un viaggio a ritroso nella vita di Spine, che ripercorre le sue esperienze artistiche e di vita dall’oggi agli esordi, dall’Europa agli States, impreziosendosi delle tante anime con cui è entrato in contatto.

Stilisticamente, oltre ad una voce accattivante che, nella timbrica, molto ricorda quella del cantautore di Huddersfield, Merz, tutte le influenze già citate si ritrovano con una certa facilità, e se nella prima parte è il folk e la melodia a farla da padrone, con pezzi che lasciano spaziare la mente tra reminiscenze di Dylan, Young e Van Morrison, il secondo volume è di tutt’altra fattura, con pezzi veloci, aggressivi, che si distaccano dal Folk per inseguire un alternative e Hard Rock dall’attitudine Punk totalmente inaspettato viste le premesse dei primi brani tanto che andrebbero scomodati termini di paragone quali Beck, Pixies o Sonic Youth per rendere l’idea ma anche Okkerville River pur consapevoli che tra Spine e Will Sheff c’è una bella differenza a favore di quest’ultimo.

Detto tutto questo ci si aspetterebbe un apprezzamento incondizionato a Forage&Glean ma non è così perché, se è vero che la varietà stilistica espressa può accontentare palati dalla diversa sensibilità e se apprezzabilissimo è il tema dell’impegno sociale, è anche vero che questa sorta di punto di arrivo per Spine, vuole essere anche un punto di partenza per puntare a un pubblico più ampio, il quale rischia di finire in confusione per la troppa carne messa sul fuoco. Si aggiunga a questo il fatto che la proposta vista da ogni punto di vista non ha nulla di originale e che le doti del musicista di Seattle sono ben lontane da quelle dei suoi padri putativi ecco che viene a forgiarsi un giudizio che non può andare oltre una timida valutazione.

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L’immenso Club to Club 2016

Written by Live Report

Il mio Club to Club inizia qualche mese fa, quando, durante una serata al Garbage Live Club di Pratola Peligna dedicata alla Warp Records, un mio amico dj e futuro compagno di avventura a Torino, viene da me con entusiasmo fanciullesco e mi dice: “Oh, a novembre si parte”. “E dove si va?”, faccio io. “Al Club to Club; ci sono gli Swans“. “E chi altro?” dico. Lacrime agli occhi ed eccitazione alle stelle. “Autechre e Amnesia Scanner bastano?”. Basteranno.

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10 SONGS A WEEK | la settimana in dieci brani #04.11.2016

Written by Playlist

Chi suona stasera – Mini guida alla musica live | Novembre 2016

Written by Eventi

“Chi suona stasera?”. Sarà capitato ad ogni appassionato di musica live di rivolgere ad un amico o ricevere dallo stesso questa domanda. Eh già, chi suona stasera? Cosa c’è in giro? Se avete le idee poco chiare sugli eventi da non perdere non vi preoccupate, potete dare un’occhiata alla nostra mini guida. Sappiamo bene che non è una guida esaustiva, e che tanti concerti mancano all’appello. Ma quelli che vi abbiamo segnalato, secondo noi, potrebbero davvero farvi tornare a casa con quella sensazione di appagamento, soddisfazione e armonia col cosmo che si ha dopo un bel live. Ovviamente ci troverete dei nomi consolidati del panorama musicale italiano ed internazionale, ma anche tanti nomi di artisti emergenti che vale la pena seguire e supportare. Avete ancora qualche dubbio? Provate. Non dovete fare altro che esserci. Per tutto il resto, come sempre, ci penserà la musica.

THE ALBUM LEAF
1/11@ Latteria Molloy, Brescia
2/11@
Bronson, Ravenna
In tour per promuovere Between Waves, pubblicato a fine agosto, il compositore e mulistrumentista Jimmy LaValle arriverà questo mese in Italia per due date dalle suggestive atmosfere con la sua elettronica ambientale. Autore di dischi meravigliosi come In a Safe Place (2004), vanta un passato come chitarrista nei Tristeza e numerose collaborazioni, su tutte da citare quella con Mark Kozelek nel bellissimo Perils From the Sea. Assolutamente da non perdere.
[
ascolta]

ALCESTMONOSYNDROME
2/11@
Circolo Magnolia, Segrate (MI)
4/11@
Locomotiv Club, Bologna
5/11@ Roma, data prevista, prima della chiusura del locale, all’
Init, al momento non abbiamo notizie riguardanti la nuova sede ma il live sicuramente si terrà
6/11
Spazio 211, Torino
Entrambi freschi di nuova pubblicazione i co-headliner di questi imperdibili concerti. l blackgazers francesi guidati da
Neige (Stéphane Paut) hanno pubblicato a fine Settembre il buon Kodama; i giapponesi di Takaakira “Taka” Goto hanno dato alle stampe nello stesso periodo Requiem from Hell, lavoro prodotto da Steve Albini che risulta più profondo e viscerale del doppio disco uscito due anni fa. Non meno attenzione meritano i delicati e meravigliosi paesaggi interiori disegnati dal progetto solista di Mathieu Vandekerckhove (Amenra) e dal suo nuovo Forever and a Day che scommettiamo vi estasieranno.
[
ascolta Alcest]  [asclta Mono]  [ascolta Syndrome]

TIM HECKER
3/11@ Lingotto Fiere, Torino, per Club To Club
Fra i più influenti artisti della scena atmosferica degli ultimi anni il canadese sarà questo mese in Italia per un’unica data nella quale presenterà il suo ultimo lavoro,
Love Streams, nuovo capitolo di una costante ricerca in questo caso maggiormente improntata su melodia, suoni organici e vocal loop. Da segnalare sempre in questa data del celebre festival torinese, ma in altra sede (Conservatorio Giuseppe Verdi), la presenza di un altro asso della musica contemporanea: Arto Linsday, carriera iniziata nei Lounge Lizards, collaboratore di molti tra i quali John Zorn, produttore di artisti come Laurie Anderson, e tanto, tantissimo altro, senza ovviamente dimenticare i suoi meravigliosi lavori di tropicalismo sperimentale.
[ascolta]

SWANS
4/11@
Lingotto Fiere, Torino, per Club To Club
5/11@
Auditorium Manzoni, Bologna
6/11@
Orion Live Club, Ciampino (Roma)
La storica band capitanata da
Michael Gira sarà questo mese in Italia per 3 date a supporto di The Glowing Man, disco pubblicato lo scorso Giugno. Motivo in più per non mancare a questi appuntamenti è che si tratta dell’ultimo tour con l’attuale granitica formazione, che conta, oltre a Gira, le presenze di Norman Westberg, Kristof Hahn, Phil Puleo, Christopher Pravdica e Thor Harris. Gli Swans continueranno in seguito ad esistere ma stando alle parole del suo fondatore i nomi dei collaboratori cambieranno nella loro totalità. A Lingotto da segnalare tra i tanti anche la presenza di Autechre, Nick Murphy (Chet Faker), Amnesia Scanner ed Andy Stott, oltre a quella di Anna Von Hausswolff che ha accompagnato ed accompagnerà i cigni per buona parte di questo loro tour.
[ascolta]

ZEIT
4/11@ Bronson, Ravenna
5/11@ Drunk or Sober, Torino
12/11@ Arci Dallò, Castiglione (MN)
13/11@ Punky Reggae, San Zenone (TV)
Band Hardcore (tra le migliori del genere) nata nel 2014 in provincia di Venezia che dopo l’ottimo
The World is Nothing dello scorso anno ha appena dato alla luce un nuovo Ep, Monument, uscito lo scorso 29 Ottobre e prodotto da varie etichette tra le quali: Assurd Records, Dischi Bervisti, Icore Produzioni, Tanato Records e Toten Schwan Records. I quattro ragazzi questo mese saranno impegnati in un tour europeo che li porterà anche in Svizzera, Austria, Germania e Slovacchia. Nella data di Ravenna troveremo sul palco vari gruppi tra i quali Hate & Merda e Bologna Violenta (Manzan collabora col quartetto nella traccia conclusiva del loro nuovo Ep).
[ascolta]

ONE GLASS EYE
4/11@ Provo Cult Club, San Giovanni Rotondo (FG)
5/11@ Garbage Live Club, Pratola Peligna (AQ)
6/11@ Casa della Cultura, San Salvo (CH), per anteprima Vinum et Cultura
9/11@ Sosteria, Piacenza
10/11@ El Paso, Cremona
13/11@ Upcycle, Milano
26/11@ Malvagio Incorporeted, Bologna
Progetto solista di Francesco Galavotti, giovane talento Folk impegnato anche con la band Emocore Cabrera. Elasmotherium è il suo lavoro uscito lo scorso mese per V4V e Out Stack, un disco intimo ma aperto, un lavoro perfetto da ascoltare guardando fuori dalla finestra mentre scende la pioggia come quando un raggio di sole riesce a farsi spazio tra le nuvole. Autore piacevolissimo, scopritelo.
[ascolta]

ORNAMENTS
5/11@
Chiesa di San Tiburzio, Borgo Palmia (PR), per Barezzi Off
9/11@
Circolo Paniere, Crema (CR)
26/11@ La Tenda, Modena
Avremo questo mese occasione di godere della ricerca Spiritual Drone/Post Rock-Metal di
una delle migliori band strumentali nostrane, ispirata dal sound pesante e sinistro di band come
Neurosis, Breach ed Isis. Dopo l’ottimo Pneumologic del 2013 la band si appresta il 18 Novembre a dare alle stampe il nuovo Drama che uscirà per Inri e Tannen Records, che come in Cymatic, Ep che lo ha preceduto, vedrà la partecipazione della meravigliosa Lili Refrain in un paio di brani. L’imminente uscita del lavoro potrebbe far crescere nei giorni a venire il numero di date per poter godere in sede live di questa ottima band.
[ascolta]

JUNUN
5/11@
Lingotto Fiere, Torino per Club to Club
10/11@
Teatro dell’Arte, Milano, per JAZZMI
11/11@
Auditorium Parco della Musica, Roma, per Roma Jazz Festival
Progetto del compositore israeliano
Shye Ben Tzur che coinvolge buona parte dei componenti dell’orchestra tradizionale indiana Rajasthan Express e Jonny Greenwood, chitarrista dei Radiohead. Le melodie di Ben Tzur, il cantato in lingua hindi, ebraica e urdu e le belle trame chitarristiche e texture elettroniche di Greenwood danno vita ad un riuscito incontro di culture. A Torino nella stessa sera tra i tanti DJ Shadow e Daphni (meglio conosciuto come Caribou).
[ascolta]

KING CRIMSON
5-6/11@
Teatro degli Arcimboldi, Milano
8-9/11@
Teatro Verdi, Firenze
11-12/11@
Auditorium Conciliazione, Roma
14-15/11@
Teatro Colosseo, Torino
Autori di autentiche pietre miliari come
In the Court of the Crimson King e Red i maestri del Prog proporranno questo mese nel nostro paese ben otto date. La formazione attuale, oltre all’immenso Robert Fripp (fondatore della band), conta una serie di musicisti esperti e talentuosi: Tony Levin al basso, Mel Collins al sassofono, Jakko Jakszyk alla chitarra e le tre batterie di Gavin Harrison, Jeremy Stacey e Pat Mastelotto. Insomma, non servono molte parole, esserci è d’obbligo.
[ascolta]

REMAINS IN A VIEW
11/11@
Da Monstas, Porto di Potenza Picena (MC)
19/11@
Garbage Live Club, Pratola Peligna (AQ)
Band Metalcore nata a Sulmona nel 2007 che dopo aver registrato il primo full length nel 2013 ha quest’anno pubblicato con una nuova line-up
No Man’s Land, potente e intenso Ep autoprodotto. Nella data di Pratola da segnalare anche la presenza dei Bleed Someone Dry che si muovono su simili coordinate e che presenteranno la loro ultima fatica, Post Mortem | Veritas, full length dato alle stampe nel Settembre 2015.
[ascolta]

RONIN con FRANCESCA AMATI
11/11@
Circolo Paniere, Crema (CR)
12/11@
Isola Club, Chiaravalle (AN)
16/11@
Bronson, Ravenna
18/11@
Spazio 211, Torino
19/11@
Lo-Fi, Milano
Progetto di Bruno Dorella, forse dei tanti quello più eclettico e cinematografico, nato in epoca Wolfango, nel 1999. La band sarà supportata in queste date da Francesca Amati (Amycanbe, Comaneci) che dopo aver più volte prestato la sua splendida voce alla band (I See Them, uscito lo scorso Maggio, racchiude tutte le loro collaborazioni) si troverà con loro sul palco. La Amati è stata tra l’altro coinvolta dallo stesso Dorella e da Nicola Manzan nell’ensamble Byzantium Experimental Orchestra.
[ascolta]

LA TOSSE GRASSA
11/11@
Terminal, Macerata
25/11@
Green Door, Recanati (MC)
26/11@
Garbage Live Club, Pratola Peligna (AQ)
Irriverente progetto del marchigiano
Vanni Fabbri che ha da poco pubblicato il suo sesto album. Ogni lavoro è uscito a partire dal 2011 a cadenza annuale precisissima, sempre il 13 Agosto, questo nuovo album dopo TG1, TG2, TG3, TG4 e TG5 non poteva che intitolarsi Studio Aperto. Il nostro propone un Extremely Independent Pop (?) elettrico-industriale che “saccheggiando” a destra e a manca crea soluzioni assolutamente originali. Divertente e devastante autenticità disturbante.
[ascolta]

THISQUIETARMY
19/11@
Raum, Bologna
20/11@
Museo Hermann Nitsch, Napoli
21/11@
Brigadisco’s Cave, Itri (LT)
23/11@
Maze, Pescara
24/11@
Awai, Venezia
26/11@ TBA, Bolzano, per
Analogica Festival
27/11@ TBA, Milano, per
FilmMaker Festival
Drone/Ambient/Shoegaze/Noise/Doom/Dark tutto questo e altro ancora miscela
Eric Quach con la sua chitarra in grado di creare una gamma di paesaggi sonori infinita. Oltre 30 titoli in 11 anni di attività, collaborazioni con artisti come l’altrettanto prolifico Aidan Baker e Syndrome partecipazione a svariati progetti tra i quali Hypnodrone Ensamble e Destroyalldreamers. Questo tour è un progetto live expanded cinema nel quale il Nostro collabora con Philippe Leonard (suoi i meravigliosi contributi visuali che accompagnano i live dei grandissimi Godspeed You! Black Emperor). Un cinema e un suono alchemici che fanno del lavoro sulla materia e sul dispositivo stesso (pellicola 16mm, proiettore, elettricità, chitarra, pedali) il focus di un percorso che esplora le possibilità nascoste nell’immagine e la sua essenza seriale. Da non perdere.
[ascolta]

GOAT
20/11@
Area Sismica, Forlì
21/11@
Gheddu Studio, San Pietro del Gallo (CN)
22/11@
El Paso Occupato, Torino
Non vi parliamo del famoso gruppo svedese ma di una formazione che porta lo stesso nome ma proviene da Osaka, Giappone. La band si forma nel 2013 ed in quell’anno pubblica il suo primo lavoro,
New Games, è invece dello scorso anno la loro seconda uscita intitolata Rhythm & Sound. Koshiro Hino (chitarra), Akihiko Ando (sax), Tetsushi Nishikawa (batteria) e Atsumi Tagami (basso), sono i 4 ragazzi che  compongono questa formazione proponendo un suono Noise-Trance urbano, tribale e sperimentale con molte intuizioni ad altissimo tasso di godimento. Provateli!.
[ascolta]

JAGA JAZZIST
22/11@ Santeria Social Club, Milano
23/11@ Monk Club, Roma
24/11@ Teatro Superga, Nichelino (TO)
25/11@ Artificerie Almagià, Ravenna per
Transmissions Festival
26/11@ Latteria Molloy, Brescia
27/11@ Teatro La Claque, Genova
Dopo molto tempo torna in Italia il supercombo norvegese di casa
Ninja Tune per presentare Starfire, album nato dal trasferimento del principale compositore del gruppo (Lars Horntveth) a Los Angeles. Le mille luci ed i grandi spazi della città americana hanno ispirato Lars per le composizioni del sopracitato lavoro, poi registrato negli studi di Oslo della band. La loro sperimentale miscela di Jazz, Electro, Fusion e Prog dal vivo stupisce ancor di più. Segnaliamo per la data di Ravenna anche la presenza di Sarah Neufeld. Esserci.
[ascolta]

PREOCCUPATIONS
23/11@
Circolo Magnolia, Segrate (MI)
24/11@
Quirinetta, Roma
25/11@
Locomotiv Club, Bologna
Gli ex
Viet Cong, freschi della pubblicazione dell’omonimo album arriveranno questo mese in Italia con il loro inquieto e graffiante Labyrinthine Post-Punk infiltrato di Industrial/Noise e umori Dark-Wave con un sempre maggiore apporto sintetico.
Sebbene meno originale e teso del precedente lavoro a nome
Viet Cong questo nuovo esordio del quartetto di Calgary conferma comunque le grandissime potenzialità di questa band che dal vivo sicuramente saprà farci vibrare.
[ascolta]

NICOLAS JAAR
24/11@
Alcatraz, Milano
25/11@
Teatro della Concordia, Venaria Reale (TO)
Fresco di pubblicazione di un altro grande lavoro (
Sirens) il prodigio dell’elettronica arriverà questo mese in Italia per 2 date da non perdere. Il fanciullo di New York con origini cilene, che è anche la metà dei Darkside e che ha curato la colonna sonora di Dheepan-Una Nuova vita, film vincitore della Palma d’Oro a Cannes 2015, a differenza di parecchi colleghi del settore Electro/IDM/Folktronica e via dicendo ci mette anche le parole, parole che contano, su musiche di buonissimo livello e lo fa con grazia e naturalezza invidiabili.
[ascolta]

BOL & SNAH
24/11@
Druso, Ranica (BG)
25/11@
Beat Cafè, San Salvo (CH)
26/11@
Off Club, Napoli
Progetto norvegese che vede il fondatore e chitarrista dei
Motorpsycho, Hans Magnus “Snah” Ryan, collaborare col trio (talvolta quartet) Prog Rock/Nu-Jazz dei Bol (di cui fa parte il tastierista Ståle Storløkken che aveva affiancato i Motorpsycho durante la stesura dei brani dell’album The Death Defying Unicorn). Tre le date italiane del mese per presentare le sonorità tra Pop, Prog e Jazz alternate a più decise aperture Rock di So? Now! loro ultimo disco nato dall’amore per la poesia a tema uomo-natura di Rolf Jacobsen dove alla voce troviamo Tone Åse, moglie di Storløkken.
[ascolta]

HEATHER LEIGH
27/11@
Museo d’Arte della città di Ravenna, Ravenna per Transmissions Festival
Data unica per l’eterea e sperimentale cantautrice texana da tempo di stanza in Scozia e per la sua
pedal steel guitar. Il suo ottimo e nudo lavoro solista di stampo Avant Folk I Abused Animal è stato rilasciato dalla Ideologic Organ di Stephen O’Malley. Motivo in più per non mancare il meraviglioso appuntamento è la presenza del poliedrico sperimentatore Nicola Ratti.
[ascolta]

SULK
25/11@
Covo Club, Bologna
26/11@
Mame, Padova
27/11@
Samo, Torino
28/11@
Serraglio, Milano
29/11@
Sudwerk Club, Bolzano
Britpop londinese con forti sapori Psych e Shoegaze. Chiaramente ispirati da gruppi come
The Stone Roses e Ride, solo per citarne alcuni, i 5 ragazzi presenteranno le loro imperdibili sonorità anni 90 aggiornate ai giorni nostri ed il loro secondo lavoro No Illusions, uscito lo scorso Aprile, per ben 5 date italiane durante questo mese. Jon Sutcliffe, Tomas Kubowicz, Andrew Needle, Jakub Starzyński e Lewis Jones ci sanno fare ed hanno gusto, non perdeteveli.
[ascolta]

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Parranda Groove Factory – Nothing but the Rhythm

Written by Recensioni

Danielle De Picciotto & Alexander Hacke @ Blah Blah, Torino, 22 Ottobre 2016 [PHOTO REPORT]

Written by Live Report

Danielle De Picciotto e Alexander Hacke hanno presentato sabato scorso al Blah Blah di Torino il loro ultimo lavoro, Perseverantia, dato alle stampe il 6 Maggio di quest’anno.
I due, che fanno coppia anche nella vita da ormai una quindicina d’anni, sono tra i più grandi sperimentatori del circuito musicale e non solo. Alexander Hacke ha inizato a suonare da giovanissimo con i Sentimental Jugend in compagnia di Christiane Vera Flescherinow (autrice del libro culto Noi, i Ragazzi dello Zoo di Berlino) prima di entrare a far parte, neanche quindicenne, dei seminali Einstürzende Neubauten (dei quali ancora tutt’oggi è una delle colonne portanti) nel 1980 ed inserirsi sei anni più tardi nei Crime & the City Solution di Simon BonneyDanielle De Picciotto è artista eclettica, co-fondatrice della berlinese Love Parade, pittrice, voce degli Space Cowboy e soprattutto visual artist (saranno sue le immagini che accompagneranno il live).
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Perseverantia è stato registrato nel deserto del Mojave e se ne porta dentro il respiro. I 7 titoli del disco sono tappe di una sorta di ricerca di chiarezza, di risveglio spirituale e nuova filosofia di vita; sono 7 titoli figli del nomadismo scelto dalla coppia dopo aver lasciato Berlino 5 anni fa, una scelta non facile ma un cammino che ancora oggi, con perseveranza, continua. Un disco che per questi motivi risulta facilmente collegabile al lavoro solista della De Picciotto, Tacoma, uscito lo scorso anno.
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Il set, dove troviamo prevalentemente la De Picciotto al violino, all’elettronica ed alla ghironda ed Hacke alla chitarra ed ai tamburi, è un avvolgente lavoro di matrice Experimental-Drone che presenta suoni spettrali, morbidezze, rumori e silenzi, alternando una  gran quantità di feedback a percussioni ora metalliche ora tribali e sfociando talvolta in territori psichedelici ed in ritmi Noise piuttosto ossessivi. Si tratta di un live prettamente strumentale che non fa però mancare qualche incursione vocale grazie allo splendido spoken word della De Picciotto (in questi casi piuttosto vicina a Laurie Anderson) ed al profondo timbro della mantrica voce di Hacke.
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Un live meraviglioso proposto da due anime gemelle che rappresentano al meglio la perfetta simbiosi del loro muoversi nell’arte e nella quotidianità della vita; a dimostrarlo quegli sguardi, quel reciproco, intenso e naturale, cercarsi, figlio di una complicità vera e profonda. I due sul palco paiono talvolta sagomare coi loro occhi un qualche ipotetico fuoco idealmente posto tra loro.
Musica (in)quieta ed affascinante; personaggi, anzi, persone, altrettanto affascinanti ed al contempo incredibilmente semplici, capaci di regalare al pubblico accorso al Blah Blah una serata indimenticabile.
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Linfante 22 Ottobre 2016 Garbage Live Club

Written by Live Report

Il modo migliore per far sì che gli altri (il pubblico in questo caso) credano in te è essere il primo a credere in quello che fai e per crederci davvero bisogna fare le cose con il massimo sforzo, impegno, spirito di sacrificio e una notevole dose di organizzazione. È esattamente questo che fa Stefano Scrima, in arte LinFante, solista di Cremona che ha girato il mondo, tra Madrid e Barcellona, per stabilirsi definitivamente nella capitale. È proprio lui a consacrare il periodo dei concerti del Garbage Live Club di Pratola Peligna (Aq) dedicato alla reinterpretazione del Folk in tutte le sue varianti, fase che sarà conclusa dal modenese One Glass Eye il prossimo 5 novembre e che ha già visto esibirsi artisti come Give Vent e The Dead Man Singing. Dopo il Folk in chiave Punk, Emo e Post/Art Rock e prima della variante Math, tocca alla musica a metà tra bizzarrie liriche e sentimentalismo ironico de Linfante.

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Stefano Scrima fa le cose per bene, dicevamo all’inizio; realizza videoclip curati e divertenti, spende attenzione su immagine e artwork dei suoi lavori, ultimo l’Ep Piccolo e Malato uscito il 29 settembre per La Fame Dischi, e infine non ha paura di girare l’Italia in autobus e treno, tra grandi metropoli e minuscoli paesini con la sua chitarra in spalla e un’armonica nello zaino. Stefano incarna un modo di proporsi e di fare musica che troppo spesso sembra essere dimenticato dal pubblico tanto quanto dai musicisti stessi, abbagliati dall’irreale e apparentemente immediato successo che sembrano avere quelli che riescono a infiltrarsi nella malvagia macchina dei reality show. Incarna un modo di fare musica che parte dal cuore e fa a pugni con la propria anima; si nutre di chiacchiere prima del concerto, di disperato bisogno di attenzione, di difficile ricerca di qualcuno disposto a dedicare pochi minuti della propria vita per ascoltare quello che si ha da dire.

Tutto questo è emerso dal piccolo live de Linfante nel piccolo Club abruzzese; un live diverso da ogni altro suo live non solo per il rapporto instaurato con i presenti, con i quali l’artista ha bevuto e scherzato prima, durante e dopo il concerto, ma anche per la scelta artistica di non seguire alcuna scaletta precisa, evitando anche di suonare alcuni dei suoi pezzi più belli e più noti come “Muoio di Sonno”, “La Bella Estate” e una delle mie preferite, “Chiudo gli Occhi e non Penso a Te”. Ovviamente tutti i pezzi dell’Ep faranno parte della serata, da “Serenata ai Grilli” al brano dedicato alla sua città d’adozione, passando per “Una Pianta Carnivora Mi Ha Detto Che Non mi Ami Più” e il brano che da titolo al disco. Simpatico siparietto, invece, quando suonerà “L’Amaro” e un bel bicchiere di Cynar finirà sul palco/non palco tra le risate dei presenti. Dal primo album Linfante sceglie forse i pezzi più introspettivi e meno immediati, come “Mentisenti”, “Medievalità” ma anche la bellissima “Non Mi Piace Niente”. Tra le tante sorprese che, dicevamo, renderanno la serata singolare, tantissimi inediti, un brano della sua band Sydrojé, “Bacche, Rabbia e Alcol” e un paio di pezzi presenti nel suo primo demo. Alla fine saranno circa quindici i brani proposti, in una sorta di viaggio virtuale nella “carriera” ancora tutta da scrivere di questo giovane musicista, dal passato degli esordi e dei suoi progetti paralleli, al presente con l’Ep appena edito, fino al futuro con brani mai incisi e che forse lo saranno in un futuro prossimo. Un live che ha dimostrato tanto, non solo delle qualità strumentali e vocali del musicista romano, ma anche di quanto sia importante ascoltare e supportare gli artisti nelle loro piccole esibizioni, affinché ci si renda conto del loro reale valore e si possa permettergli di continuare a dire ciò che hanno da dire fino a quando avranno qualcosa da dire che ci regali un’emozione. Un live che, tra le tante cose, ci ricorda cosa sia la musica, nella sua versione più umana e viscerale.

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10 SONGS A WEEK | la settimana in dieci brani #21.10.2016

Written by Playlist

OffSetFest @ Magazzino sul Po, Torino, 14-15 Ottobre 2016

Written by Live Report

Il Magazzino sul Po di Torino ha tenuto a battesimo venerdì e sabato scorsi l’OffSetFest, primo di una, speriamo lunga, serie di eventi che dovrebbero tenersi in vari club europei organizzati da Off Set, casa discografica ed agenzia di booking (che non disdegna produzioni di ambito visivo) con sede a Bologna attiva soprattutto nel campo della psichedelia, dell’Avant Rock e del Folk più libero. La proposta per questa prima edizione è di buonissimo livello, troviamo infatti sul palco dello storico locale dei Murazzi 5 nomi capaci di ingolosire il pubblico più esigente: Krano, Miles Cooper Seaton, Fuzz Orchestra, Il Sogno Del Marinaio ed Acid Mothers Temple.
La serata di venerdì viene aperta da Miles Cooper Seaton, artista statunitense probabilmente ai più conosciuto per la sua militanza negli Akron/Family, che presenta il suo lavoro solista Phases in Exile, disco registrato in Italia (paese al quale il musicista risulta legatissimo, tanto da aver deciso di venirci a vivere) grazie alla co-produzione di Trovarobato e Vaggimal, nel quale troviamo il supporto del combo veneto dei C+C=Maxigross. Il set del Nostro si muove con estrema classe nei territori Minimal Free-Folk del sopracitato lavoro unendo alle eteree atmosfere chitarristiche una voce non meno spirituale e profonda (che mi ricorda spesso per umore e intensità quella del Piers Faccini migliore), aggiungendo inoltre un tocco di eclettismo ai brani nelle loro parti esclusivamente strumentali capaci di prendere per mano il pubblico accompagnandolo tra lande estese e velate grazie ad una chitarra ora in odor del Fennesz più etereo ora più puramente Drone. Un live meditabondo, intenso, avvolgente e curatissimo, un’ottima apertura per questa prima serata del neonato festival.
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Dopo la breve pausa per il cambio palco è la volta di Krano, nuovo progetto di Marco Spigariol (Movie Star Junkies, La Piramide di Sangue, Vermillion Sands) che presenta il suo primo disco, Requiescat in Plavem, uscito lo scorso Aprile per Maple Death Records. Marco e la sua band propongono atmosfere tipicamente anni Sessanta: Folk, Blues e Country qua e là sporcati e storti da attitudine ed esigenze personali, come quella di cantare in dialetto veneto; un dialetto ben lontano dal suonarmi familiare ma così ben incastrato nel sound proposto da farmi pensare che la scelta di usarlo sia quasi stata inevitabile oltre che assolutamente azzeccata. Live godibilissimo (ben più di quanto inizialmente immaginassi) che apre la strada agli headliner di questa prima serata: Il Sogno del Marinaio.
L’attesa per questo trio delle meraviglie composto da Mike Watt al basso e da due dei più grandi talenti dell’underground nostrano, Stefano Pilia alla chitarra ed Andrea Belfi alla batteria, è piuttosto palpabile. Mike Watt è stato tra i più importanti protagonisti della musica indipendente mondiale con i Minutemen (senza dimenticare le importanti esperienze con band come i Dos ed i fIREHOSE) e per quanto riguarda Il Sogno del Marinaio credo basti ascoltare i 2 lavori sin qui pubblicati da questo progetto (La Busta Gialla del 2013 e Canto Secondo dell’anno successivo) voluto da Stefano Pilia per capire che ci sarà da divertirsi. Ed i tre sul palco effettivamente se la godono alla grande, forse proprio Mike, col suo entusiasmo da ragazzino, più di tutti, ed insieme a loro se la gode tutto il pubblico accorso al Magazzino sul Po che pezzo dopo pezzo diventa sempre più caldo ed entusiasta per uno di quei live che si vorrebbe non finissero mai. Definire il suono di questo trio è praticamente impossibile, durante il set i generi toccati sono i più vari. Si va dalla morbida spigolosità tra Post e Math Rock della dissonante “Skinny Cat”, all’ondeggiare tra passaggi minimali, psichedelia dal sapore orientale e puro Blues-Rock di “Nanos’ Waltz”, dalla trascinante meraviglia “Us in Their Land” che si muove tra Noise, Math Rock e Prog, alla marcia tra Psych e Alt.Rock di “Animal Farm Tango” col suo coinvolgente finale, ed ancora il Jazz-Rock (Avant) dall’umore Punk dell’intricata “Partisan Song” e così via per un’ora, senza concessioni di tregua, andando a concludere con “Zoom”, una sorta di improvvisazione corale (anch’essa splendida) dove il trio ospita sul palco Miles Cooper Seaton. Così tra riff della madonna, stop&go altamente goderecci e pregevoli cambi di ritmo (come avrete intuito difficilmente i brani si concludono col mood iniziale), il grande eclettismo e la cosciente follia del trio, sorretto dal titanico basso di Mike, regalano un live set di altissimo livello, personalmente tra le più belle cose viste negli ultimi mesi. Un’esecuzione più che convincente ed assolutamente superiore ai già interessanti livelli delle pubblicazioni. La ricerca naturale e divertita del trio unita all’evidente piacere di suonare insieme ed alla bella risposta del pubblico liberano nell’aria quella sorta di benessere collettivo che si prova dopo aver vissuto un gran concerto. Un live tirato, asciutto ed esaltante, tre musicisti di un altro pianeta (che tra l’altro si alternano alle parti vocali) che concludono così questa entusiasmante prima serata firmata Off Set.
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La serata successiva del festival è aperta alle 22 dal live Heavy Rock delle soundtracks firmate Fuzz Orchestra con un’esibizione centrata soprattutto sull’ultimo Uccideteli Tutti! Dio Riconoscerà i Suoi. Cosa dire? Si tratta di un gruppo che ho visto suonare dal vivo ormai tantissime volte, sono tosti, passionali, energici ma allo stesso tempo meditativi. C’è Fabio “Fiè” Ferrario che con precisione maniacale, tramite giradischi e mangiacassette, lancia i famosi monologhi e discorsi rubati al grande cinema italiano degli anni 60 e 70 (gettando i dischi sul palco una volta andato il loro tempo), che svolge un gran lavoro al pianonoise e che ringrazia il pubblico a mani giunte e con tanto di inchino dopo ogni pezzo; c’è un altro gigante della batteria, Paolo Mongardi, preciso, istintivo, potente, uno dei musicisti che più mi piace veder suonare oltre che ascoltare, motivo per il quale la prima fila, che sempre si tenta di guadagnare, con i Fuzz Orchestra con gli Zeus! e via dicendo diventa una specie di obbligo personale, fin qui sempre ben ricompensato, e c’è Luca Ciffo con la sua chitarra indemoniata che marchia il suono della band estendendo, comprimendo e irrobustendo ulteriormente il tutto. Una delle migliori live band nate negli ultimi anni in Italia, un trio che non si risparmia. Genuini, sudati, intensi e bravissimi, come sempre.
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Dopo di loro tocca al nome di punta del festival, i giapponesi Acid Mothers Temple, nella loro veste più celebre (Acid Mothers Temple & The Melting Paraiso U.F.O.). La band guidata dal chitarrista Kawabata Makoto propone lunghe suite (mi pare di contarne sei, mi pare non durino mai meno di venti minuti) che abbracciano psichedelia, Noise e Kosmische Musik senza disdegnare passaggi più Jazz, Blues e Rock (ovviamente sempre suonati in modo alieno). Dopo la prima di queste suite Higashi Hiroshi, col volto semicoperto dalla lunga chioma grigia, avendo dei problemi col suono dei synth colloquia col tecnico del suono per risolverli, ma una band folle come quella in questione non può certo smettere di dare spettacolo nemmeno per un minuto e dunque ecco che il chitarrista Tabata Mitsuru, improbabilmente travestito da donna, offre uno spettacolino osé che diverte il pubblico come Makoto, il leader della band non può trattenersi dal fotografare il collega sorridendo di gusto. Tornati alla normalità (si fa per dire) parte l’unico dei loro pezzi (la loro discografia è infinita) che riconoscerò durante l’esibizione, pezzo che immagino riconosceremo in molti: “La Novia”, uno dei loro maggiori successi. Brano meraviglioso che parte da canti gregoriani a cappella per poi evolversi in soluzioni psichedeliche dal sapore indiano che a loro volta si trasformano in una psichedelia nettamente più anni 60/70 (un qualcosa tra Pink Floyd e Velvet Underground) ma molto più rumoristica. Arriva poi una suite che partendo da una versione estremamente Psych di “The Wizard” dei Black Sabbath va a legarsi a qualcuno dei loro innumerevoli brani e durante il suo tragitto si trasforma in un acidissimo Blues prima di andare a spegnersi in un muro Psych Noise (un applauso alla sezione ritmica, e non solo in questa occasione) che i volumi, stasera più alti del solito del Magazzino (mai visto così pieno) esalteranno ancor più facendo quasi tremare le mura del tempio. Stessa sorte di “The Wizard” toccherà ad un brano dei Gong che qui i Nostri, sempre legandolo a qualcosa di loro, renderanno ben più cosmico, spostandosi poi verso un suono massimalista e tornando infine a qualcosa di più cosmico e psichedelico nella parte finale. Insomma, questo concerto è una giostra freak, assolutamente godibile anche se per i miei gusti in alcuni momenti fin troppo eccessiva, per quanto ciò non tolga che questo gruppo di pazzi ci abbia regalato l’ennesimo gran bel concerto di questo piccolo grande festival alla sua prima edizione, e con loro fanno 5 su 5.
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Se chi ben comincia è a metà dell’opera chi comincia più che bene (sicuramente questo il caso dell’OffSetFest) a che punto dell’opera si trova? Non è nient’altro che il primo passo ma dopo due simili serate non si può che augurare a questo festival lunga vita e grandi viaggi in tutto il continente, sperando che crescendo chi lo organizza non si dimentichi di questa prima edizione e regali nuovi passaggi lì dove tutto ebbe inizio (Torino, Magazzino sul Po).

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Xiu Xiu – Plays the Music of Twin Peaks

Written by Recensioni

Probabilmente non esistono molte persone nel mondo occidentale che non associno il nome Twin Peaks al capolavoro di David Lynch d’inizio anni 90. Se qualcuna di queste però sta leggendo la mia recensione, sappia che si tratta di una serie televisiva realizzata dal maestro del surrealismo cinematografico che racconta della morte della giovane Laura Palmer e delle indagini che ne sono seguite dentro una misteriosa cittadina al confine tra Stati Uniti e Canada. Chi sa di che parlo troverà riduttiva e semplicistica la mia descrizione ma non è questo il luogo per parlare della pellicola che invito tutti a riscoprire, in attesa dell’agognato seguito. Quello di cui discutiamo oggi è invece l’ultimo lavoro di una band meno nota del telefilm ma che meriterebbe più attenzione e almeno una volta nella vita una vostra presenza a un live.

Gli Xiu Xiu sono un’eclettica formazione californiana che ruota attorno al talento di Jamie Stewart e che, nel corso degli anni, ha visto più di una volta stravolto il proprio stile tanto quanto la sua compagine. Partendo da una materia prima New Wave, hanno esordito con lavori sperimentali degni di nota come Knife Play o A Promise di stampo sintetico ed elettronico, profondamente inclini ad ambientazioni malinconiche, sconfortate, mortifere, tragiche, tutto fino al capolavoro Fabulous Muscles in cui, mantenendo intatti i punti fermi estetici, hanno amplificato la loro vena Art Rock al massimo. Da qui in poi (era il 2004) hanno messo al mondo un numero impressionante di opere che non hanno disdegnato di accarezzare territori diversi e più morbidi come il Pop (“Angel Guts: Red Classroom”) ma anche lo Spiritual e l’Avant Rock oltre ogni immaginazione, con pochi lavori degni di nota e tante porcherie, specie in tempi recentissimi con Neo Tropical Companion Hearts, Tired of Your World… Peru e Kling Klang eppure quello che mi ha sempre spinto a tenerli d’occhio è un incredibile coraggio dovuto a una necessità di mantenere intatta la loro (in realtà sua, perché è Stewart il cuore degli Xiu Xiu) libertà espressiva.

A questo punto arriviamo a Plays the Music of Twin Peaks, una scommessa apparentemente persa in partenza viste la difficoltà di ridare linfa a una colonna sonora che è stata incredibile a tal punto da aver reso l’opera di Lynch ancor più intensa, terrificante, inquietante e memorabile tanto che bastano un paio di note di Angelo Badalamenti per far venire la pelle d’oca a noi trentenni che con l’incubo di Bob siamo andati a letto ogni sera.

Chi invece sa bene di cosa parliamo starà chiedendosi in che modo possano aver proposto questa parziale rilettura ed è quello che mi sono chiesto anch’io e che ho scoperto solo poco fa. Certamente lo stile tetro, perturbato e disperato degli americani ben si sposa con l’opera di Badalamenti eppure forte è il rischio che le esasperazioni sonore da loro adorate finiscano per stravolgere eccessivamente gli originali. Quello che, invece, hanno fatto ottimamente gli Xiu Xiu è stato abbassare i toni sugli aspetti loro meno consoni come quella certa eleganza jazzistica e quella soavità a metà tra Chamber e Dream Pop, per amplificare le parti più crude, brutali, senza per questo esagerare nell’interpretazione personale e suggerendo un punto di vista diverso allo “spettatore”, ora meno vittima sessuale e sacrificale al fianco della Palmer e più vicino alle figure malefiche del film. Tutto è meno tormentoso; le postille rumoristiche dilatano l’eccitazione e spezzano quell’inquietudine donando maggiore energia; la voce, nei pochi casi in cui compare, è perfetta nella sua disuguaglianza con l’originale per seguire l’impronta di questa versione disarmonica dei brani e il senso di angoscia è comunque riproposto con una forma dissimile (si pensi al lungo monologo -anzi no, ma non vi rovino la sorpresa- finale, “Josie’s Past”). Questo Plays the Music of Twin Peaks non può e non deve essere visto come una semplice riproposizione di vecchie canzoni e brani di una grande serie e soprattutto non deve essere inquadrato collegando le sue note alle immagini che avrete bene impresse nella mente se avete visto la serie. Quelle icone, le tende rosse, la luce soffusa, la nebbia del nord America, gli abiti sensuali delle ragazze del One Eyed Jacks, la convenzionalità yankee della casa di Leland, l’oscurità del bosco, sono già state descritte con perfezione e minuzia da Badalamenti e queste nuove trasposizioni non riuscirebbero a dare lo stesso effetto. Per riuscire ad apprezzare al meglio il collegamento tra audio e video dovreste vedere una versione di Twin Peaks che non è mai stata impressa su pellicola, mai probabilmente immaginata, una versione in cui ogni momento è vissuto nella testa disturbata dell’assassino.

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The Dead Man Singing 15 Ottobre 2016 Garbage Live Club

Written by Live Report

In questi ultimi giorni si è parlato tanto, con consenso quasi unanime, del Premio Nobel per la Letteratura a Bob Dylan.Prendiamo per buono che tale gratificazione sia in sostanza alla carriera e non soffermiamoci sulla reale portata dell’opera di Dylan considerando che mai tale riconoscimento è stato assegnato a Irvine Welsh, a David Foster Wallace o a Chuck Palahniuk. La cosa che da più fastidio è che questo premio alimenta un errore che sta dilaniando il mondo della musica. Un riconoscimento paragonabile al Pallone D’Oro a Oliver Hutton. Letteratura e Musica non sono la stessa cosa; probabilmente la Musica è anche una forma d’Arte più complessa rispetto alla Letteratura ma anche se non fosse, non sarebbe comunque la stessa cosa e considerare Dylan un poeta equivale a non considerare il valore artistico della Musica se non direttamente legata alle liriche e quindi alla poesia, nel caso specifico del Nobel. Questo è, quasi, lo stesso errore che fa il pubblico quando si approccia ai concerti. La musica (scusate la ridondanza, ma è necessaria) è un complemento tra una birra e l’altra, un sottofondo, uno svago, un motivo per fare festa e casino. Invece no, la musica è molto di più e non credo debba essere io a ricordarvelo. Anche per questi atteggiamenti, un live come quello che sto per raccontarvi, fa fatica a essere apprezzato e seguito da chi, questo ruolo della Musica, non riesce proprio a digerirlo.  Prima di narrare, però, di questo strano, incredibile e affascinante progetto chiamato The Dead Man Singing, dobbiamo iniziare a parlare del live del cantautore teramano (già con Amelie Tritesse e Delawater), partendo dal pomeriggio passato al Garbage Live Club di Pratola Peligna (Aq). A scaldare gli animi e i cuori del pubblico che sarà presente poi alla serata e appagare quell’innata brama di artistica bellezza, sarà il disegnatore Gianluca Di Bacco, autore di fumetti, diplomato all’Istituto d’Arte Gentile Mazara di Sulmona, studioso all’Accademia di Belle Arti di Bologna e grande appassionato dei racconti di Roald Dahl. Il suo obiettivo dichiarato, lo scopo della sua arte è di portare le persone a interagire con storie e racconti figurati e l’obiettivo sarà pienamente raggiunto, con tanta gente coinvolta, felice, appagata e ottimamente predisposta al live che seguirà.

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Opera di Gianluca Di Bacco

Le luci nella stanza sono ridotte ai minimi termini; alle spalle del cantautore, defilato sulla destra, c’è uno schermo sul quale saranno proiettati visual e le stesse immagini dell’i-phoneography artist Rino Rossi, rielaborate dal duo composto dall’eclettico Giustino Di Gregorio (al suo attivo un disco omonimo uscito nel 1999 per la Tzadik, etichetta di John Zorn, sperimentazioni sonore con Iver and the drIver e installazioni d’arte contemporanea con il duo Minus.log) e dal visionario architetto Pierluigi Filipponi (nonché chitarrista psichedelico con Orange Indie Crowd, Delawater e a Minor Place), saranno sparate con un proiettore addosso al musicista e quindi sulla parete nera alle sue spalle.

Work in preogress del collettivo minus.log

Work in preogress del collettivo minus.log

Chi non sa cosa aspettarsi dovrebbe aver capito che non sarà un concerto come gli altri. Le immagini iniziano a muoversi e, senza preavviso alcuno, Paolo Marini da voce alla sua chitarra e agli effetti elettronici che fuoriescono da un ipad e diverranno grandi protagonisti dello spettacolo. La sua musica è qualcosa di non semplice da definire, la voce assolutamente deliziosa tanto che saranno molti i paragoni che si divertiranno a fare coloro che avranno assistito, da quello con Roland Orzabal (Tears for Fears) a quello con Mark David Hollis (Talk Talk) fino a Dean Wareham (Galaxie 500) mentre io sto ancora scervellandomi cercando di ricordare invano a chi, quel timbro avvolgente, mi facesse pensare. L’idea musicale alla base è anch’essa di difficile definizione. L’Elettronica si gonfia di ridondanze glitch, suoni ai limiti del rumore, i pedali sono talvolta usati come un vero strumento per stuprare bonariamente le nostre orecchie in un infinito tripudio Noise. La prima cosa cui ho pensato, per i toni dimessi, mesti, incantevoli, eterei, è l’album Perils from the Sea del duo Mark Kozelek & Jimmy Lavalle (Album Leaf), anche per quella perfetta commistione tra Folk, Slowcore, Dream Pop, Downtempo, voce e liriche affascinanti ed Elettronica eppure, nel progetto The Dead Man Singing, c’è qualcosa di più, non tanto nelle capacità tecniche ed espressive, quanto nell’idea essenziale e nel suono che, come anticipato, supera certe atmosfere dimesse per sfociare in un’estetica più sperimentale ed estrema. Quello che di certo accomuna i due proponimenti è ciò che riescono a trasmettere, anche grazie alla voce; quel senso di pacata tristezza, di mortifera malinconia, d’introspettiva beatitudine. A dare ancor più enfasi allo spettacolo definito Live on the Moon, come già accennato, sono le immagini che si stagliano contro e alle spalle del musicista e quando queste sfoceranno, sul finire, in una luna enorme ad avvolgere il palco, sarà lo stesso Paolo Marini a spiegarci quello cui abbiamo assistito.

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Ogni mese, nel giorno in cui ne ricorre la morte, è caricato sul canale personale un brano dedicato a un artista scomparso. Un cantante, un musicista, un attore, un pittore, uno scrittore e via dicendo. Sarà scelto in conformità a quanto abbia inciso nella formazione dei suoi gusti e del modo di esprimersi attraverso la musica. Il primo è stato nel luglio del 2011 con Syd Barrett. L’idea è di comporre 365 video cartoline acustiche, una per ogni giorno dell’anno, registrando 365 canzoni in presa diretta, con attitudine BLP (buona la prima). In poco più di trenta anni questa fase del progetto dovrebbe essere completata.

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Ciò che abbiamo visto è The Dead Man Singing on the Moon, una trasposizione con l’aggiunta dell’elettronica live per far esibire dal vivo il morto che canta e le immagini contro servono a farlo sentire un po’ come un morto che canta sulla luna.

A spiegazione conclusa sarà più chiaro comprendermi quando affermavo che questo non è stato un semplice concerto e anche capire perché è inutile richiedere un bis, considerando anche l’assenza di pause tra i pezzi. Il Live on the Moon è qualcosa che va vissuto prima, seguendo il canale Youtube, durante, assistendo dal primo all’ultimo minuto del live e dopo, portandosi magari a casa la pen drive contenente la registrazione audio di un live di circa trentacinque minuti, la versione video del live, i testi delle canzoni, foto e una presentazione del progetto. Poi non resta che sperare che il prossimo artista morto cui sarà dedicata una canzone, non sia il vostro, ancora vivo, artista preferito.

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10 SONGS A WEEK | la settimana in dieci brani #14.10.2016

Written by Playlist