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Marco Ligabue
In occasione della penultima tappa del suo tour, abbiamo avuto modo di scambiare due parole con Marco Ligabue, parlando del suo primo disco solista, del rapporto col fratello, dei Rio, del Rock e dei suoi progetti futuri. Una chiacchierata con una rockstar che si è rivelata spontanea e sincera in ogni singola parola.
Da dove viene il nome del tuo primo disco Mare Dentro?
Mare Dentro perché tutte le canzoni che ho scritto per questo mio primo lavoro sono nate sulla spiaggia della Sardegna dove abito insieme alla mia compagna; io che arrivo dall’Emilia ho scoperto il mare negli ultimi anni e devo dire che grazie ad esso ho trovato quel luogo dove ispirarmi e tirar fuori tutte le emozioni da mettere poi in canzoni. Per quello il mare che ho visto fuori, è il mare che ho visto dentro il disco.
Com’è nata la collaborazione con Corrado Rustici (al lavoro in passato anche con grandi artisti quali Zucchero?)
Corrado lo inseguivo in realtà già da anni; quando ero con i Rio mi sarebbe piaciuto fare una collaborazione con lui perché l’ho sempre stimato artisticamente e quando mi sono sganciato dal gruppo ed ho deciso di fare il mio primo disco la prima persona a cui ho pensato è stata proprio lui; gli ho fatto ascoltare le canzoni, gli sono piaciute e da lì è nata la voglia di fare questo disco insieme.
Quanto ha pesato il cognome che porti? E quanto ti ha dato una spinta verso il successo?
Guarda, è difficile fare un bilancio diciamo da un lato ovviamente uscire come Marco Ligabue, con questo cognome, crea un po’ di curiosità… Beh è ovvio che vai a “scontrarti” con il top in Italia… Intendo che è chiaro che se dicessi Marco PINCOPALLINO magari sarei un perfetto sconosciuto… Invece uscendo come Marco Ligabue la gente ascolta le mie canzoni anche solo per curiosità, per capire chi sono o viene ai miei concerti; d’altro canto però devo dire che crea anche un forte pregiudizio perché tante persone mi dicono sarà il solito fratello fortunato e raccomandato e quindi quando devi combattere con questa realtà diventa dura; diciamo che ci sono risvolti positivi ma talvolta anche negativi.
Sicuramente comunque ha avuto un suo vantaggio seguire Luciano?
L’essere stato al suo fianco sin dall’inizio mi ha aiutato molto perché è come un’università della musica
Da lui avrai tratto sicuramente tanti segreti del mestiere, sarà stata una buona palestra.
È stata una buona palestra ma ripeto la paragonerei più a un’università…
Tuo fratello ha diretto anche film di successo… Hai mai pensato di gettarti anche tu in un versante diverso dalla musica?
Almeno per quanto riguarda film o libri sicuramente no; a me piace molto organizzare; da sempre lavoro con Luciano, mi occupo però più di altri settori come la comunicazione online e non di cinema o di letteratura
Il tuo tour ha attraversato tutta l’Italia… Ci puoi raccontare qualche aneddoto di una precedente data?
Ce ne sono stati tantissimi perché le date sono state oltre sessanta e devo dire che una delle caratteristiche di questo tour è stata che lo abbiamo fatto girando in duo acustico ed entrambi abbiamo gusti simili, perché ci piace il mare e le bellezzedel nostro paese
Però a volte capita che gli opposti si attraggano e che si trovino anche meglio, magari anche abituati a gusti musicali differenti…
In generale abbiamo gusti sia simili sia diversi ma insieme abbiamo trovato una bella alchimia. L’aneddoto è quindi che anche se abbiamo fatto 5-600 km al giorno per arrivare da un posto all’altro abbiamo cercato sempre di trovare una mezz’oretta / oretta per andare a fare un tuffo in mare e tutti morivano d’invidia dicendoci frasi tipo siete sempre al mare, a non fare niente!” mentre in realtà eravamo sempre a suonare o in viaggio. Nonostante ciò riuscivamo sempre a “regalarci” un po’ di tempo da dedicare al mare o alle bellezze del nostro paese
Si dice che le canzoni siano come figli…ne hai una scritta da te “prediletta”?
No, è difficile scegliere una canzone perché ognuna viene scritta in un momento in cui vivi un’emozione, un’eventuale riflessione , un qualcosa che hai osservato e che ti ha colpito e quindi in base allo stato attuale in cui sei ti rappresenta; Io dico sempre che le canzoni sono come una pagine del diario , come una fotografia di un bel momento che ti metti in casa.
Ce n’è una in particolare, “Casomai”, che, se non erro, è dedicata all’indimenticato Piermario Morosini che morì proprio qui vicino a Pescara durante una partita di calcio… Ti va di parlarne?
Piermario era un grande amico, ci eravamo conosciuti tramite degli amici in comune, anche loro calciatori, e ci siamo frequentati per anni. Lui veniva spesso a Correggio e siamo diventati molto amici. Purtroppo poi ciò che è successo in quella maledetta partita (Livorno – Pescara del 14 aprile 2012) lo sappiamo un po’ tutti ed ho cercato di trasformare dopo qualche settimana la rabbia ed il dolore per quel momento in qualcosa di bello perché se c’era una persona che meritava di esser ricordata al meglio sicuramente era Piermario Morosini.
Domanda forse un po’ spigolosa… Com’è stato il divorzio dai Rio? Senti ancora qualcuno della band?
Diciamo che si è spenta una scintilla, perché probabilmente dopo dieci anni non sentivo più quell’affinità artistica, quell’alchimia con gli altri ragazzi della band e mi sono fatto da parte. È come negli amori, a volte partono a razzo, poi dopo 7-8 anni finiscono anche senza un perché. È stato quindi un “divorzio” di questo tipo…
Potresti mai pensare a un’eventuale reunion con loro (oggi vanno molto di moda)?
Mai dire mai… Tuttavia sicuramente in questo momento ho altro in testa perché mi trovo talmente bene nei panni del cantautore, a raccontare le mie cose, che forse in questo momento non mi sentirei di tornare a fare il chitarrista e basta perché mi piace andare sul palco e raccontare la mia storia
Chi ti ha influenzato artisticamente maggiormente?
Ho ascoltato tantissima musica negli anni, sin da quando ero piccolino. Diciamo che nell’ultimo periodo quella che mi piace maggiormente però arriva dalla California, tipo Ben Harper e Jason Mraz; insomma tutti questi artisti, cantautori che scrivono le canzoni sulle spiagge californiane…
Cosa pensi del fenomeno tribute band (molto diffuso qui in Abruzzo)?
In realtà sono diffuse un po’ dappertutto… Io sto suonando un po’ in tutta Italia, vedo la programmazione dei locali e dei posti e noto che il fenomeno spopola un po’ dappertutto…
Tuttavia qui in Abruzzo almeno tre quarti delle band sono dei veri e propri tributi, spesso persino ad artisti “minori”.
Vuol dire che la gente vuole quello… Il locale tendenzialmente cerca solo di fare ciò che piace al suo pubblico. Forse però è un periodo di stanca, in cui si vuol sentire qualcosa di già creato senza avere la curiosità di confrontarsi con qualcosa di nuovo. Ovviamente io essendo cantautore sono più stimolato da chi racconta la propria vita in prima persona.
Si può vivere di musica in Italia? Dovrebbe cambiare qualcosa secondo te nel sistema del music business?
Penso di sì… Anche in questo momento di crisi… Per quanto mi riguarda ad esempio questo è stato l’anno in cui ho suonato di più , però bisognerebbe cambiare un po’ le regole… Diciamo sempre che dobbiamo sburocratizzare l’Italia e forse dovremmo iniziare proprio dalla musica. Io ho fatto tantissimi concerti perché non mi sono più appoggiato a un’agenzia musicale, né ad una casa discografica; probabilmente il fatto di aver snellito tutta la mia struttura ha giovato molto… Non bisogna necessariamente aspettare la bacchetta magica di un manager o di una casa discografica per risolvere la propria vita…
Cosa pensi di servizi di streaming quali Spotify e Deezer?
Io sono un fan della musica; vedo però che ormai l’oggetto fisico interessa poco, soprattutto alle nuove generazioni; c’è stato un cambio generazionale importante (Colpa di Internet???? ndr.). Io sono un quarantenne che aveva bisogno di avere a casa il vinile, la musicassetta o la vhs, di riempire la mia libreria, mentre i ragazzi di oggi hanno bisogno di usufruire del contenuto, non della forma. Se sta cambiando quindi qualcosa, prendiamone atto e basta e sorridiamo di fronte a queste nuove tecnologie che ci fanno comunque ascoltare la musica dove vogliamo…
Gene Simmons dei Kiss ha detto che il Rock è morto… Tu cosa ne pensi?
Il Rock è uno stato d’animo… Per quanto riguarda invece il Rock inteso come musica sono tanti anni che non sento nulla di nuovo. L’ultima vera ondata fu quella del Grunge nei primi anni Novanta. Mentre prima ogni 3-4 anni nasceva un nuovo movimento, mentre si passava dal Punk alla New Wave, ora sento che il Rock si è un po’ fermato. Tuttavia come dicevo prima il Rock è un’attitude e finchè le persone avranno questa attitudine nel sangue il Rock non morirà mai
Progetti futuri? Se non erro è in preparazione la tua seconda fatica discografica solista…
Non chiamiamola fatica perché per me fare un disco è una cosa bella… Adesso in effetti mi fermo proprio domenica con l’ultima esibizione live (a Palermo)edentro in studio di registrazione per un mesetto e mezzo per finire il mio secondo album. Sei brani li ho già pronti, devo solo completare gli ultimi tre pezzi per poterlo pubblicare poi il prossimo anno.
Parliamo di preproduzione oppure sei nel rush finale?
I sei brani di cui parlavo prima sono praticamente completi, mancano solo del mixaggio finale, mentregli altri tre devo ancora registrarli, ma li ho già scritti ed andranno modificati insieme al produttore, Corrado Rustici che mi aiuterà anche negli arrangiamenti
Ci sarà quindi ancora lui dietro la consolle?
Sì, sempre lui
Grazie mille Marco per la tua disponibilità…
Grazie a voi…
The Rolling Stones – Roma – Circo Massimo 22/06/2014 Sul Palco con gli Stones
The Rolling Stones – Roma – Circo Massimo 22/06/2014 La Photo Gallery
The Rolling Stones – Roma – Circo Massimo 22/06/2014 Il Reportage
The Rolling Stones – Roma – Circo Massimo 22/06/2014 Le (Video) Scalette
Mick Taylor (per sole tre canzoni) – Nato nel 1949, entra a far parte della band di John Mayall a soli 17 anni. Viene notato da Mick Jagger e compagni e si unisce ai Rolling Stones nel 1969 incidendo gli album Let It Bleed (su cui compare però in soli due brani), “Sticky Fingers”, “Exile on Main St.”, “Goats Head Soup”, “It’s Only Rock ‘n’ Roll” e “Tattoo You”. Rimarrà con loro fino al 1974. Ha pubblicato quattro album solisti, Mick Taylor (1979), Stranger in This Town (1990), A Stone’s Throw (2002) e Little Red Rooster (2007). Ha collaborato con la Guido Toffoletti’s Blues Society (apparendo nel disco del 1982 No Compromise) e con Ligabue col quale ha registrato dal vivo la canzone “Hai un momento Dio?”, compresa nel disco Su e giù da un Palco (1997).
Darryl Jones – Nato nel 1961 è soprannominato “The Munch” è noto ai più per essere stato un discepolo del grande jazzista Miles Davis, col quale incide “Decoy” e “You’re Under Arrest”. Col tempo si è fatto apprezzare per le sue collaborazioni al fianco di artisti quali gli Headhunters di Herbie Hancock, Mike Stern, John Scofield, Steps Ahead, Sting, Peter Gabriel, Madonna, Cher, Eric Clapton e Joan Armatrading. Da quando Bill Wyman lasciò il gruppo nel lontano 1992, il bassista è diventato fido collaboratore de The Rolling Stones.
Chuck Leavell– Nato nel 1952 Chuck Leavell, ha fatto parte della Allmann Brothers Band e dei Sea Leel, gruppo di cui fu anche fondatore. Ha girato il mondo e registrato con artisti quali Eric Clapton, Aretha Franklin, George Harrison, John Hiatt, Gov’t Mule, The Black Crowes, Train, Indigo Girls e John Mayer. Collabora coi The Rolling Stones da oltre trent’anni.
Bobby Keys –Nato nel 1943, si avvicina alla musica da giovanissimo. Durante la sua lunghissima carriera ha avuto modo di suonare per John Lennon, Ringo Starr, B. B. King, Warren Zevon, Humble Pie, Lynyrd Skynyrd, Donovan, Graham Nash e tanti altri. Ha inciso due dischi solisti, Bobby Keys, un omonimo disco strumentale pubblicato dalla Warner Bros Records nel 1970 e Gimme the Key per la label personale di Ringo Starr, la Ring O’Records, nel 1975. Ha inoltre scritto un libro dal titolo “Every Night’s a Saturday Night: The Rock ‘n’ Roll Life of Legendary Sax Man Bobby Keys”, la cui introduzione è di un certo Keith Richards. Con I Rolling Stones ha suonato in tuttigli album dal 1969 al 1974 e dal 1980 ad oggi, facendo parte della band di tutti i tour dal 1970 in poi. Memorabili i suoi assoli in brani quali “Brown Sugar”.
Tim Ries– Nato nel 1959, ha lavorato per diverse scuole, la University of Bridgeport (1994), la Mannes School of Music (1994–1996), la The New School (1995–1998), la City College of New York (1995–2000), la New Jersey City University (2003) e la RutgersUniversity (2003–2005). Dal 2007 è professore di studi Jazz alla University of Toronto. La sua produzione conta più di 100 lavori.
Bernard Fowler– Nato nel 1959, è un poliedrico artista americano (è musicista, autore, attore e produttore). Ha collaborato con alcuni dei nomi più grandi della musica mondiale quali il premio Oscar Ryuichi Sakamoto, i Duran Duran, Yoko Ono, Philip Glass, Steve Lukather (chitarrista dei Toto), Alice Cooper e Michael Hutchence, compianto cantante degli Inxs. Ha pubblicato il suo unico album solista Friends with Privileges nel 2006 per la Peregrine Records. Con i Rolling Stones collabora da oltre 25 anni comparendo anche in molti dei dischi solisti dei membri del gruppo.
Lisa Fischer – Nata nel 1958, inizia la sua carriera celandosi sotto il monicker Xēna, sotto il quale pubblica un singolo “On the Upside” e partecipa alla colonna sonora del film “Beat Street” con la canzone “Only Love (Shadows)”. Trova però la fama mondiale come vocalist per artisti quali Billy Ocean, Chaka Khan, Teddy Pendergrass, Roberta Flack, Tina Turner e Nine Inch Nails. Nel 1991 ha pubblicato il suo unico album solista “So Intense” con la Elektra Records sotto gli occhi e le orecchie attente di diversi produttori tra cui spicca il nome di Luther Vandross e il disco riuscirà ad entrare persino nelle Billboard Charts. Con i Rolling Stones collabora sin dal 1989.
Matt Clifford –Forse lo avrete visto nel documentario “Being Mick” o nel “Goddess in the Doorway” di Mick Jagger, ma in realtà Matt Clifford è un collaboratore di lunga data dei Rolling Stones coi quali ha anche inciso gli album Steel Wheels (1989), Bridges to Babylon (1997) e A Bigger Bang (2005). Nel 1989 insieme a Chuck Leavell ebbe pure l’onore di comparire sulla copertina della prestigiosa rivista “Keaboard”. Ha lavorato anche con Anderson, Bruford, Wakeman and Howe coi quali incise il loro (tuttora) unico lavoro in studio che portava il nome degli stessi quattro musicisti.
La società organizzatrice dell’evento
Nel 1987 Mimmo D’Alessandro e Adolfo Galli iniziano la loro collaborazione in occasione del tour italiano di Joe Cocker facendolo esibire insieme a Zucchero, in tre concerti “sold out”. Inizia, così, una proficua collaborazione che li porterà a formare una società,oggi leader nel settore del music business. Adesso la D’Alessandro e Galli organizza tournée’e di successo in tutta Italia ed Europa, toccando le maggiori città fino ai centri più piccoli. Come promotori italiani hanno sempre cercato di cambiare l’opinione che gli agenti ed i manager stranieri avevano in Italia, conquistando la loro fiducia. Fattore di distinzione della D’Alessandro e Galli, rispetto alle altre Agenzie Italiane, è la posizione geografica dei suoi uffici: Viareggio e Brescia.Queste due città sono lontane dai centri principali come Roma e Milano e , come risultato, i due soci hanno un modus operandi completamente diverso rispetto ad altri promoters, focalizzando il loro interesse sugli artisti e sugli spettatori. “Questi sono i nostri clienti e sono per noi importanti. Dobbiamo, quindi, prendercene cura. Loro si fidano di noi, rispettiamo gli accordi. Abbiamo fatto concerti che sapevamo fin dall’inizio essere una rimessa ma li abbiamo fatti perche’ pensavamo che, a lungo termine, ci avrebbero compensato. Naturalmente a tutti fa piacere fare i grossi nomi ma noi vogliamo promuovere e sviluppare anche gli artisti agli inizi o che devono rilanciare la loro carriera: e questo e’ eccitante ed appagante“.
Agli inizi degli anni ottanta, Mimmo D’Alessandro, si occupa della direzione artistica del locale più importante della Versilia -LA BUSSOLA- rafforzando poi la sua reputazione quale promoter locale grazie a concerti come quelli di David Bowie, Eric Clapton, Spandau Ballet, Diana Ross e Iron Maiden organizzati a Firenze. Nello stesso periodo a Brescia, Adolfo Galli,si occupa della direzione artistica del Teatro Comunale ingaggiando piccoli gruppi jazz. Nel giro di pochi anni aumenta la fama e l’importanza del Teatro e di Adolfo Galli all’interno del circuito concertistico nazionale e comincia la promozione di artisti più importanti.
Kingshouters – You Vs Me
You Vs Me è l’esordio degli italianissimi Kingshouters, quattro ventenni che citano tra le loro influenze nomi della caratura di Smashing Pumpkins, Placebo, White Lies e 30 Seconds To Mars.
Il disco, prodotto da Michele Clivati (già nei Nena And The Superyeahs e al lavoro con Dolcenera, Denise, e Francesco Sarcina, tra gli altri), suona preciso, tecnico e potente quanto serve per ricordarci che anche in Italia si possono produrre lavori capaci di competere con la musica internazionale mainstream del momento. Le ritmiche schiaffeggiano, “finte” come prevede il dress code del Rock anglosassone contemporaneo, sorpreso a voltarsi, come la moglie di Lot o come Orfeo, verso le sonorità che gli anni ottanta del secolo scorso continuano a rigurgitare. Le chitarre frizzano e pungono, come vette di iceberg immersi in mari di synth simil-Dance (vedi “Levels”, cover della hit del dj svedese Avicii). La voce non spicca per timbrica, ma supporta in modo degno melodie Pop che incorniciano il tutto senza strafare.
Certo, ci si potrebbe chiedere quale bisogno ci sia di un disco così: magari il tentativo di far vedere che anche il Bel Paese può tentare la strada del Rock internazionale (tentativo pur sempre lodevole), anche se forse, come diceva qualcuno, “chi se ne frega di essere Zucchero se c’è già Joe Cocker”. L’importante, al di là delle chiacchiere sui massimi sistemi, è che i quattro Kingshouters facciano ciò per cui sentono di essere stati chiamati, e che lo facciano bene. Sul secondo punto non abbiamo dubbi. Al resto, penseranno le orecchie degli ascoltatori e la giungla discografica. Per ora, limitiamoci a sentire questo tamarro You Vs Me col gusto un po’ peccaminoso del giocare con i vestiti dei genitori – grottesco, ma necessario, e soprattutto, divertente.