Dopo la partenza scalpitante con Hot Fuss, dopo le sconclusionate avventure di Sam’s Town e Day & Age, i The Killers ci riprovano con “Battle Born” il disco che li dovrebbe riportare all’adulazione a cui erano stati abituati in precedenza e che potrebbe ancora giustificare la presenza della band di Las Vegas tra i cornicioni di quello che è rimasto dell’alternative americano; e con uno sforzo considerevole, l’ascolto delle dodici tracce si rivela come una riga tirata su di una resa dei conti virtuale, come a dire che la band abbia sentito il bisogno di “valutarsi” prima di andare avanti nella musica e quello che ne viene fuori – senza troppe manfrine – è un disco che fa fatica a prendere la strada maestra, ma che comunque rimane sulle traiettorie normali di un ascolto che passa e va, senza fermate intermedie.
E prima di decretare il classico “nulla di nuovo all’orizzonte” c’è da evidenziare che la passione castrante per lo Springsteen sverniciato e lustrato per l’occasione, “Runaways” su tutte, non fa altro che aumentare il distacco tra opera e ascolto in quanto la formazione pare non fare nulla per incentivare la mancanza di creatività che li affossa inesorabilmente tra il nulla ed il niente; c’è solo da ascoltare senza godere, una tracklist che suona senza gioire, Prefab Sprout e U2 che si contengono lontani anni Ottanta “Deadlines and commitments”, epici attacchi di immensità limitata “The way it was”, “Here with me”, il vuoto a non rendere che incastra la trama sonora di “Be still” o di quella che la titletrack sventola in un cielo senza vento e senza colore.
Prova fallita per la formazione del Nevada, non tutte le ciambelle possono riuscire col buco, ad ogni modo i The Killers possono ancora sterzare su terreni propizi, basta trovare un nuovo sentiero che non li faccia smarrire di nuovo, e lasciare in pace una volta tanto il Boss tra i suoi spasimi e le sue avventure morbose.
Last modified: 10 Ottobre 2012
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