Il nuovo album della band di NYC parte dalla riscoperta delle radici punk per poi tornare tra le braccia del suono bucolico della tradizione americana.
[ 03.02.2023 | garage, punk, americana | Fuzz Club ]
Sembrava ieri quando i The Men, da Brooklyn, si affacciavano pimpanti ed energici nella sempre affollata scena alternativa americana. E invece di anni ne sono passati tanti, se si pensa che l’esordio con Immaculada risale ormai al 2010 (e già questo basterebbe a far sentire vecchio il sottoscritto, ma sorvoliamo).
Al di là delle influenze sonore e stilistiche, una delle cose che mi ha sempre affascinato del gruppo guidato da Mark Perro e Nick Chiericozzi è la sua anima multiforme: essere metropolitani e riuscire al contempo ad avere una connessione emotiva così intensa con l’America che noi chiamiamo “profonda” (dall’altra parte dell’oceano si usano termini più iconici come Midwest o “heartland”) è un qualcosa che non può non sorprendere e incuriosire.
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Per un gruppo che negli anni ha variato spesso e volentieri la propria direzione sonora, usare come titolo di un disco il nome della propria città di provenienza deve essere il sintomo di un bisogno profondo di riscoprire la propria identità.
Tra le varie fasi artistiche attraversate dalla band, quella attuale segnala un ritorno alle radici garage/punk che fin dagli esordi ne hanno contraddistinto la vena compositiva. Del resto non è un caso che il primo brano della tracklist di New York City (primo album pubblicato con Fuzz Club) sia proprio Hard Livin’, un concentrato irriverente e sbarazzino di marciume proto-punk che emana odore di birra annacquata e scantinato putrido.
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Tra l’assolo quasi da guitar hero che suggella Eternal Recurrence e le sonorità smaccatamente rock ‘n’ roll di God Bless the USA, il disco scorre via in maniera divertente e divertita, mostrando un’energia e una vitalità davvero sorprendenti.
Mettiamo subito le mani avanti: nulla che i The Men stessi non abbiano già proposto in passato, ma ritrovarli così piena di voglia di suonare e di far casino è una cosa che fa davvero piacere.
Se arrivati a questo punto vi starete chiedendo che fine abbia fatto la componente bucolica del sound della band di NYC cui si accennava in precedenza, non disperate. Il finale affidato alla doppietta Anyway I Find You–River Flows ci riporta infatti alle sonorità più affini alla tradizione americana e country che il gruppo ha sempre fatto proprie. Del resto, per quanto si voglia suonare punk, dare una rispolverata ai dischi (in particolare quelli più elettrici) di Neil Young non è mai una cattiva idea.
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Quella dei The Men è musica che ha radici ben salde nella tradizione musicale americana e che riesce a suonare sincera e vitale anche quando ispirazione e idee non sono necessariamente al loro apice.
Proto-punk o alt rock, garage o americana, l’importante è continuare ad esserci, e in questo la band newyorkese ha ben poco da imparare.
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Last modified: 8 Febbraio 2023