Far sentire le persone accolte è quasi una missione per l’hardcore punk, più della musica stessa. È il senso comunitario di supporto che vince su ogni cosa. Qual è lo stato attuale della scena? Cerchiamo di scoprirlo insieme.
Era il 1998 quando Dennis Lyxzén si interrogava su quali fossero le nuove frequenze che liberassero la società dall’oppressione sistemica attraverso le formule avanguardiste dei Refused. È indubbio che quel titolo profetico – The Shape of Punk to Come – per chiunque abbia masticato un po’ di musica hardcore o post hardcore sia ben tatuato sulla pelle. Un’affermazione che porta con sé l’interrogativo di spostare i canoni di una scena che è sempre stata a rischio di stereotipi e di una fossilizzazione estrema: il mondo dell’hardcore spesso gioca con un sottile equilibrio che sconfina tra il derivativo o, addirittura, il caricaturale.
Qualsiasi la risposta fosse stiamo parlando di ventisei anni fa e, anche se nella mia testa il 1998 è appena passato, è giunta l’ora di capire nel 2024 lo stato di salute dell’hardcore punk.
Sveliamo subito lo spoiler così da non creare inutili colpi di scena: l’hardcore sta bene. Nel suo movimento più o meno underground sta avendo un Rinascimento, ma più che uno scritto sui suoni in sé, ciò che ci piacerebbe raccontare in questo articolo è la shape, ovverosia la forma con la quale l’hardcore si sta vestendo.
Ed è qui che la cosa si fa più intrigante. Nell’ultimo decennio abbiamo assistito alla totale esplosione dei Turnstile, approdati oramai da tempo su Roadrunner, che hanno sdoganato in una formula semplice, ma quantomai efficace, una commistione di linguaggi che cerca di recuperare, più nello spirito che nei suoni, quello che veniva sperimentato dai Bad Brains.
E sui versanti screamo/powerviolence così hanno fatto pure i Soul Glo. Ma, se di shape dobbiamo parlare, ancor prima di arrivare sulle sonorità è interessante capire come la scena stia lavorando su sé stessa. Una scena punk che si trova sempre a lottare con la sua accessibilità.
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E, quando parliamo di accessibilità, non ci riferiamo ai violenti breakdown, alle power chord spaccaossa o alle urla fuori scala di decibel, bensì a una scena che deve combattere per la sincera integrazione di chi la popola. Muri da abbattere come mascolinità tossica, minoranze etniche e di sesso mal rappresentate o, ancora peggio, ostracizzate. L’idea che a livello di messaggi ci sia sempre stata e sempre ci sarà un’apertura mentale, politica e culturale, fa da contraltare ad una realtà che talvolta non risponde presente. Far sentire le persone accolte è quasi una missione per l’hardcore, più della musica stessa. È il senso di comunità. E la shape che si sta muovendo è quella giusta.
A provare ad ampliare la visione del mondo HC contemporaneo ci avevano già pensato oramai un ventennio fa gente come Have Heart, Modern Life Is War, Killing The Dream o American Nightmare, innestando una fragilità umana e sociale che veniva esplosa anche a livello sonoro, allontanandosi dall’HC dritto per dritto. E proprio i Modern Life Is War ci diedero la lezione perfetta con il loro slogan “The world isn’t against you my dear, it just doesn’t care”. Quel mondo là fuori nel 2024 è peggiorato. E c’è sempre più urgenza di nuove voci da ascoltare.
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E quali sono queste voci? Abbiamo scelto di concentrarci sulla scena nordamericana come esempio, non ce ne vogliano band fenomenali come gli australiani Blind Girls, che ci sarebbero stati benissimo qui dentro.
Per introdurci a questo discorso, ci viene in aiuto Norman Brannon, chitarrista dei Texas Is the Reason, che ha rivitalizzato su Substack la sua zine Anti-Matter (iscrivetevi!). Intervistando un guru come Kent McClard (fondatore della storica Ebullition Records) a una delle domande poste riceve la risposta: “Hardcore should sound like whatever hardcore kids want their music to sound like. To me, if you want to go and play your music to a bunch of hardcore kids at a hardcore show, then you’re a hardcore band. If that’s the community that you want to make your music for, then you’re a hardcore band.”
Parole sante. La risposta era riferita agli anni ’90, ma suona più che mai attuale. Ed è bello vedere come queste voci che l’HC sta buttando fuori appartengano a chi oggi deve ancora lottare per la parità di genere o alla comunità queer.
Come Crystal Pak, la cantante degli Initiate, che ammette candidamente in un’intervista a Audiotree che, quando i discorsi vertono sul female hardcore band, quel “female” viene usato troppe volte in modo errato nella conversazione.
Gli Initiate nascono nella sua casa quando era ragazzina e non poteva mettere sul giradischi quella che veniva considerata satanic music, mentre nei suoi timpani riecheggiava della spanish music: un meltin pot che ci porta lontano dall’hardcore per poi farci ripiombare a capofitto appena si alza il gain di Cerebral Circus che, con la sua formula eclettica ma saldamente old school, rimane uno degli esempi migliori del 2023, proiettando la band californiana tra i must listen. Ma Crystal Pak non è la sola. Tutt’altro.
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Provare a tracciare un pattern e dei collegamenti come delle sinapsi potrebbe risultare forzato, ma, quando si inizia a scavare nel sottobosco, c’è una certa continuità nel vedere come l’hardcore si stia muovendo verso una direzione d’inclusività sempre più importante. E, con i tempi che corrono, è il punk di cui c’è bisogno.
Se come ultime band sulla cresta dell’onda considerassimo i DRAIN o i Jesus Piece di Aaron Heard, appena dietro ci metteremmo di sicuro i GEL guidati da Sami Kaiser, che con il feroce Only Constant hanno messo a segno un colpaccio incredibile. E non contenti stanno già ampliando lo spettro sonoro nell’EP di prossimo arrivo ad agosto Persona. Come direbbero loro: “the freaks will inherit the earth”.
E dare forza all’universo di chi è considerato un outcast è una dichiarazione d’intenti ben precisa per una band che conta due membri non-binary: per l’appunto Sami alla voce e Nave alla chitarra.
Ma se tutto sembra progredire senza intoppi, come è giusto che sia, sono le polemiche prettamente social come quelle che hanno coinvolto gli Scowl a ricordarci che occorre sempre fermarci a riflettere un attimino.
Il pomo della discordia? La collaborazione con Taco Bell a livello pubblicitario, con conseguente accusa di essere industry plant grazie al volto merchandise della cantante Kat Moss. Non c’è bisogno di aggiungere altro: riuscite a unire da soli i puntini, vero? Accuse respinte al mittente con un “I’m sick of this shit” in un’intervista a Rolling Stone. Piacciano o non piacciano, cosa lecita, noi una puntatina sull’EP appena uscito Psychic Dance Routine la facciamo volentieri.
Pure qui il termometro si alza di temperatura e l’hardcore diviene una salsa da fondere con cura insieme ad altri mondi. Questo forse è il tratto comune che unisce queste band che attingono dalla vecchia scuola, ma sono senza paura a superare quei confini autoimpostosi con il tempo come dogmi intoccabili sul come fare hardcore.
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Una traiettoria sonora simile che vediamo pure per gli SPACED, che con This Is All We Ever Get, uscito a fine marzo, finalmente creano il loro primo LP di Far Out Buffalo Hardcore dopo un paio di EP. L’influenza dei primi Turnstile è evidente e Lexi Reyngoudt ha le idee chiare su come sia nata la band: “It’s important to get more non-men involved in the hardcore music scene, and I thought it would help other people like me to start their own band if I made one.”
Una linfa incendiaria che non sembra destinata ad esaurirsi, anzi: se da Buffalo ci spostassimo a Chicago incontreremmo Abby Rhine e i Life’s Question, la chitarrista e co-vocalist da quando si è aggiunta alla band ha portato una nuova dimensione melodica, la cui bontà compositiva è espressa nell’EP self-titled uscito ad aprile su Flatspot.
Ma sugli stereotipi da eliminare nella scena punk ci viene offerto un esempio sempre su Anti-Matter, quando Abby racconta i primi anni sul palco e l’essere una chitarrista donna: “I’ve experienced things like feeling like I was only valued as a musician because someone was interested in me.”
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Viene da urlare a leggere una cosa così ancora oggi, urlare con una forza screamo.
E, se fino a questo punto ci siamo concentrati sull’hardcore punk, non pensiate che nello screamo non ci sia fermento: basti pensare ai nuvolascura da Los Angeles o ai Massa Nera dal New Jersey, che squarciano architetture math ultra-tecniche e una sofferenza emotiva straripante avvalendosi delle lancinanti corde vocali di Erica Estelle e Aeryn Jade Santillan, il tutto in un’ammirevole attitudine DIY.
Indicativo poi il lavoro della Secret Voice di Jeremy Bolm (cantante dei Touché Amoré) con la release primaverile degli Heavenly Blue (screamo with dignity and integrity) e che lancerà quest’estate il nuovo EP dei Sonagi di Ryann Slauson (già nei Closer), Everything is Longing.
Il concept del lavoro è proprio su “what it means to be a trans person, the experience of what you were before, what and who you have known yourself to be, what and who you wish you were, and how to make that true and real.”
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Il quadro che ci appare è chiaro e nitido. La linea temporale che stiamo vivendo è delle più rigogliose e il 2024 ha segnato anche il ritorno dei Gouge Away, che con Christine Michelle alla voce si erano ben distinti nel 2018 su Deathwish e ora, sempre su Deathwish, ripresentano in Deep Sage il loro hardcore punk un filo psichedelico e noise rock.
E, seppure non siano una band storica nel senso stretto del termine, permetteteci un filo di nostalgia ricordando gruppi pionieri come i Circle Takes The Square da Savannah che, con Kathleen Coppola Stubelek avevano elevato lo screamo a progressioni ritualistiche, o Meghan O’Neil, iconica voce dei Punch, supergruppo powerviolence della Bay Area che vedeva coinvolti anche membri di Loma Prieta e il super produttore Jack Shirley. Tutti solchi tracciati oltre un decennio fa che stanno continuando a germogliare.
E il giusto modo per chiudere questo editoriale, che non voleva avere come obiettivo un elenco di band da ascoltare, ma darvi un piccolo spaccato su ciò che sta avvenendo, ce lo suggerisce il cantante degli ZULU, Anaiah Lei, quando nel 2022 è stato rilasciato il jazz-raeggae-soul powerviolence punk di A New Tomorrow: “It’s a new tomorrow for all the people of the diaspora, hopefully to not only unite with love for each other, but for folks from the diaspora to stop hating on one another. I really hope it helps people connect.”
Ecco. In queste parole abbiamo trovato la risposta che i Refused si ponevano ventisei anni fa, ma soprattutto su quale sia il vero valore da ricercare nella scena punk in quest’epoca dominata da estremismi di qualsiasi tipologia. Forever Freaks.
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Last modified: 27 Agosto 2024