The Zen Circus stupirono tutti lo scorso ottobre quando, ad appena un anno di distanza dalla pubblicazione de La terza guerra mondiale, annunciarono di essere già al lavoro in studio per un nuovo disco, ed eccoci oggi con Il fuoco in una stanza, il decimo album della band pisana. Sono sempre stato diffidente verso album pubblicati a distanza di breve tempo dal precedente, quasi come pretesto per tornare a suonare dal vivo (attualmente la principale fonte di reddito per i gruppi musicali), ma ora The Zen Circus mi contraddicono e stupiscono ancora, perché Il fuoco in una stanza è un lavoro a tratti superiore rispetto a La terza guerra mondiale, con cui la band capitanata da Andrea Appino ci offriva una personale visione di un mondo globalizzato in crisi e sull’orlo di un conflitto nucleare. In questo nuovo lavoro invece lo sguardo è prettamente introspettivo, come si intuiva già dal singolo “Catene” e dall’artwork di Ilaria Magliocchetti Lombi, che ritrae una donna sola davanti a uno specchio in cui sono riflessi anche i membri della sua famiglia, lontani o sepolti ma legati indissolubilmente a lei.
Catene familiari quindi, ma anche in generale affettive e sociali, che ci porteremo per sempre dietro, un concetto fatalistico già espresso da Appino nei testi di lavori passati come Nati per subire. Il disco continua nel solco di quel sound Indie Rock già consolidato negli ultimi anni dal gruppo, ma propone temi toccati poche volte in maniera così seria, come la solitudine e il dolore, che assumono una dimensione fondamentale, in barba alla cinica ironia alla quale eravamo abituati e che comunque è ancora presente: nella filastrocca nazional-popolare “Il mondo come lo vorrei”, e anche in “Rosso o nero” una sorta di denuncia contro un certo tipo di musica che finge di non vedere o non vuole trattare i problemi della nostra società. L’album prosegue come una sorta di esplorazione del proprio stato emotivo, un’analisi profonda dei rapporti umani, come quella che Appino prova a fare in “Questa non è una canzone” (che appunto non è una canzone, è una domanda, una preghiera, un’invocazione: voi come fate davvero a scegliere un solo amore?) o quando chiude il disco interrogandosi sul senso di tutto questo nella lettera immaginaria di “Caro Luca”.
Un disco che spiazza per tempestività di realizzazione e profondità dei contenuti. La malinconia dei nostri tempi pervade anche la composizione della band pisana e questo turba anche gli animi degli ascoltatori di lunga data. Questa volta The Zen Circus sollevano interrogativi ma non ci danno risposte, ed è forse proprio questo che al termine dei 50 minuti di ascolto Il fuoco in una stanza si rivela un lavoro che non lascia indifferenti.
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Last modified: 15 Marzo 2019