Secco, diretto, volumi decisi ed un crescendo d’intensità destabilizzante. Sono le prime cose che ti assalgono del disco “Son Of A Bitch” dei ferraresi Thee Mutandas, duo composto da James Johnson e John Jameson, un eruttato scardinato ed elettricissimo punk’n’roll che ha proprietà di farti schizzare da qualsiasi posto sei per farti ingaggiare una lotta spasmodica con la frenesia occulta di un pogo – anche da solo – esaltante; tutto è ritmo ossessivo, tutto è terremotante come in una reincarnazione maledetta di Darby Crash dei Germs, fuzz sconvolti, ritmi drogati e speed, un cantato stonatissimo ma di gran spolvero distruttivo, anthems solidi e voglia azzeccatissima di fare un casino inimmaginabile fintanto non li si fanno passare attraverso i coni stereo per lo sfogo di prassi.
Tredici tracce che si tuffano a corpo morto nei 77’s dei più laidi e street, sentori audaci e fieri che – miscelati ad un leggero puntinaggio demenziale – avvolgono come una presa oppiata l’ascolto e abbondanti fondamentalismi di settore; i due fanno finta di essere genuini, tantomeno estremi, loro passano avanti, sarcastici, bulli e indemoniatamente sensazionalistici, vomitano senza abbellimenti tutto quello che “il settore ispirante” ha insegnato e continua a cogliere/raccogliere/diffondere a mò di spore indistruttibili e vizi immortali. L’alchimia del duo è tutta qui, dentro una baraonda sonora che fonda su questi ingredienti altisonanti quanto esistenziali il suo urlo primitivo, la sua percussione rock che con poche cose da tanto, qualitativamente tanto.
Chitarra/voce e batteria/voce fanno grancassa assoluta per una mezz’oretta di caos, un ruvido sgranchire animo e corpo che alimenta vecchie atmosfere e una sensazione malata ed ebbra di urgenza punk, una frequenza elettrificata che tramortisce; e non bisogna aspettare nulla per esserne coinvolti e penetrati totalmente, occorre prendere al volo lo screamo di “Asganaway”, il bailamme ottimamente sconclusionato “I’m not stupid”, “Burning my head”, la cassa quadrata che batte in “I don’t like you” o il surfy ubriaco che soffia dentro “My girlfriend”e “Everybody dances with his granny” e per un po’ stacchi dalla quotidianità silenziosa.
I Thee Mutandas sono un bel cupo motore sonico, di sangue basale sludge si divertono a sovvertire quella che comunemente si chiama formula canzone, la loro è un’energia amabilmente depravata e fuori regola che si può anche permettere una ballatona storta e alcolizzata fino ai denti come “I die today” che piace da morire, che non sta dritta nemmeno per un secondo ma che da sola illumina tutto il registrato fintanto che la Tarantiniana carica amplificata di “Tokyo fuck you” arriva e manda a fare in culo tutto e tutti.
Arrivano per “infangare diabolicamente” l’underground, era ora che qualcuno lo facesse!
Last modified: 21 Gennaio 2013