Questi quattro ragazzi hanno davvero energia e cuore da vendere e come dei novelli The Strokes mettono subito in chiaro che con la musica ci sanno fare, emulandoli in uno stile che a volte ricorda pure un po’ il Bruce Springsteen dei tempi migliori (quello di “The river” o di “Nebraska” per capirsi).
Tuttavia nel disco ci mettono molta farina del loro sacco ed ecco quindi che l’opening “The most important thing” impressiona già dalle prime note per la qualità dei suoni e l’originalità degli arrangiamenti (potrebbe persino a tratti farvi scatenare mentre l’ascoltate!).
Sicuramente meno intensa ma non per questo meno valida è “Play the game” che rievoca i fasti anni ottanta dei The Alarm pur essendo caratterizzata da una voce che però differisce molto in stile e timbro da quella di Mike Peters.
“Back in wight” (errore nel titolo?) inizia invece in maniera pacata per poi animarsi grazie a tastiere trascinanti che sovrastano il resto degli strumenti (ma diciamocelo, la cosa non è spiacevole, anzi!e chi lo dice che nel rock le tastiere debbano sempre essere sottotono?)e per poi concludersi con un’aggraziante chitarra.
“Damn me” è un vero e proprio inno alla gioia al contrario del titolo e a mio parere è forse l’episodio migliore di questo lavoro.
“Human falls” andrebbe forse un po’ ritoccata nei cori all’inizio ma per il resto funziona abbastanza bene, soprattutto nel ritornello in cui vi sembrerà che a cantarla sia Chris Martin dei Coldplay.
“Somebody left” è l’asso nella manica, che come farebbe un buon allenatore di calcio che gioca il suo jolly a metà partita, appare a far da spartiacque a questo disco.
La seguente “Dark in my soul” infatti è molto più calma delle altre tracce, una vera e propria ballad oscura, che sembra essere uscita dalla penna di Eddie Vedder dei Pearl Jam o addirittura dal padrino del grunge Neil Young, che sembra influenzarli molto anche nella successiva “Cry no more”, dal sapore a tratti anche country.
“Happiness” (felicità) è un titolo molto indovinato per una canzone che se fosse uscita ai tempi di “Mmm mmm mmm mmm” dei Crash Test Dummies avrebbe potuto tranquillamente potuto dare filo da torcere al gruppo canadese folk-rock originario di Winnipeg.
“Untitled” avvia l’ascolto quasi alla conclusione coi suoi quattro minuti dolci e malinconici, ma “Disarmed” è la giusta e degna fine di questo album che potrebbe avere fatto scovare gli eredi di Coldplay e Gomez.
Last modified: 4 Giugno 2012