Tra festival inattesi e cartoline dall’Adriatico – Intervista ai Bau

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Quattro chiacchiere con i teramani Bau prima della loro esibizione al Suburbiae – Unexpected Fest, dove giocavano – anzi, suonavano – in casa.
[Intervista a cura di Federica Finocchi e Vittoriano Capaldi]

Teramo. Una città incastrata tra mari, monti, prati verdi, tramonti che mettono di buonumore, cibo che è frutto degli dei, anziani al bar, anziani in giro per il centro, anziani che non smettono di lavorare, insomma: una bella contraddizione. Chi ci nasce, cresce e vive non può che soffrire la condizione praticamente assente di eventi musicali interessanti che non siano il concerto stile ultimo dell’anno nella capitale o i nostalgici accordi dei figli di cantautori deceduti decenni fa. O, peggio ancora, le cover band.

Spuntata come un fulmine a ciel sereno la notizia di un nuovo evento al Parco Fluviale di Teramo, noi non potevamo lasciarci scappare l’occasione. E così, a cinque minuti da casa, nasce il Suburbiae – Unexpected Fest, che al primo anno di vita chiama a rapporto Bau, The Devils, Soviet Soviet e Claudio Simonetti’s Goblin.

Tra una birra e una scena rubata a Suspiria, noi abbiamo incontrato la band teramana Bau, che ha aperto le danze ad una serata magica per la città di Teramo.
Grazie a Danilo Di Francesco, Gianluca “Mastino” Rosato, Antonio Cupaiolo e Stefano Galassi per la chiacchierata!

© Silvia Di Giacomo
***
Ciao ragazzi! Avete inaugurato alla grande questa prima edizione del Suburbiae Fest.
A Teramo avete giocato in casa: come vi siete sentiti? Un po’ come gli Oasis quando suoneranno a Manchester l’anno prossimo?

Antonio: La voglia di portare il nostro show a tutte le persone qui presenti questa sera era molto forte. Abbiamo dato il massimo e il pubblico ha ricevuto esattamente ciò che volevamo dargli, quindi direi che è andata benissimo!

Danilo: Iniziative del genere a Teramo non ce ne sono, per cui speriamo che questa edizione del Suburbiae sia la prima di una lunga serie. C’è un bel clima e ci sono bei gruppi sul palco, dai The Devils ai Soviet Soviet passando per i Goblin e… per noi! Ringraziamo l’organizzazione per aver reso questa serata possibile. C’erano anche molti ragazzi di giovane età sotto il palco e questo è un bel segnale per la città.

Ci raccontate un po’ come è nato il progetto Bau?

D.: Ci conosciamo da diverso tempo perché suonavamo tutti in altre band del teramano. Tra una cosa e l’altra ci siamo ritrovati a provare insieme e ci divertivamo: ecco com’è nato tutto. Il progetto ha circa quattro anni di vita e nel frattempo c’è stato un cambio per quanto concerne la parte vocale, con l’ingresso di un cantante (Antonio) che è anche un grande musicista, ma noi non gli permettiamo di suonare, lo facciamo solo cantare! [ride]

Raccontateci qualcosa riguardo le vostre esperienze di musicisti. Avevate aspettative dai vostri luoghi d’origine?

D.: Sicuramente come prima cosa mi viene da dire che è difficilissimo suonare in Italia. La figura dell’artista nel nostro paese non esiste. Le differenze rispetto a quando si suona all’estero sono lampanti, a partire dall’accoglienza del pubblico. Aspettative non ne ho mai avute. Mi piace suonare e penso personalmente di aver raccolto anche più di quanto avrei dovuto.

Gianluca: Io mi sarei aspettato di suonare a Wembley, e invece… [ride]. Anch’io ho sempre suonato per puro piacere. Stare con i ragazzi, andare in giro a suonare, conoscere nuovi posti e nuove persone, questi sono gli stimoli che mi/ci fanno andare avanti in questo percorso.

© Valentina Bellini
Il vostro disco Indifferentemente è uscito nel 2023 sotto l’etichetta statunitense Aagoo Records. Abbiamo delle curiosità: perché il titolo è in italiano mentre i testi sono in lingua inglese? E lo splendido scatto raffigurato in copertina da dove proviene?

D.: Sul titolo italiano, la risposta è molto semplice. Il nostro ex cantante Eugenio, che ha registrato le parti vocali nel disco, in quel periodo era in fissa con una canzone napoletana che portava appunto quel titolo. “Fai di me ciò che vuoi, indifferentemente”, faceva più o meno così, molto straziante.

G.: La copertina è una foto scattata da un nostro amico, Andrea Zenoni, e raffigura la spiaggia del Conero. Ci è piaciuta sin da subito e abbiamo pensato che esteticamente potesse funzionare.

Che influenze ci sono all’interno dell’album?

D.: Non abbiamo ragionato molto sulle influenze. Probabilmente le cose che ci piacevano sono andate a confluire in maniera involontaria nel disco. Iniziando a suonare i primi brani, notavamo che eravamo tutti in sintonia e ci piaceva ciò che stavamo facendo, così molto naturalmente abbiamo registrato il disco in modo molto Do It Yourself, facendoci prestare i microfoni e chiudendoci in sala. Fortunatamente abbiamo trovato un’etichetta folle con cui uscire!

Poco fa abbiamo nominato la Aagoo Records: come siete arrivati a collaborare con un’etichetta del New Jersey?

D.: Io suonavo in un’altra band teramana, gli Inutili, i cui dischi sono stati prodotti proprio da Aagoo Records. Ho fatto ascoltare il materiale del progetto Bau all’etichetta in questione ed è piaciuto moltissimo, così hanno deciso di produrci!

Non avete avuto contatti con etichette italiane?

D.: In realtà non ci abbiamo provato. C’era un rapporto di amicizia con Alec Dartley della Aagoo e ci è sembrato più corretto andare prima da lui. Ed è andata benissimo così, perché ci siamo trovati alla grande!
Alec è un grande professionista. Quando deve selezionare musica va nel suo studio, spegne tutte le luci e ascolta ogni brano con religiosa dedizione. È una persona molto spontanea e genuina.

© Valentina Bellini
Vi ha dato una mano anche sul piano del mercato discografico?

D.: Lui fa molta promozione, sia in Italia che all’estero. Il motore principale è la passione: promuove ciò che gli piace, senza artifici. La sua è una sorta di “missione” e questo non può che far accrescere la nostra stima e gratitudine nei suoi confronti.

Tre dischi a testa che vi portereste su un’isola deserta?

D.: Sicuramente qualcosa dei Fugazi, magari Margin Walker. Poi forse mi sentirei in dovere di portare qualcosa dei Led Zeppelin, anche se non è una band che ascolto molto attualmente. Per chiudere, probabilmente porterei con me un disco jazz, magari Kind of Blue di Miles Davis.
Ora che ci penso, non potrei non portare anche Dirty dei Sonic Youth, che per me è un vero caposaldo e per certi versi immortala in maniera perfetta il periodo storico in cui è uscito.

A.: È una domanda difficilissima. Sicuramente porterei con me Tu, forse non essenzialmente tu di Rino Gaetano, che mi ha accompagnato spesso e sulla cui voce provavo anche ad allenarmi. Poi andrei con Glow On dei Turnstile, che per me è stata davvero una folgorazione: la valenza melodica di quell’album è grandiosa, e quando arrivi a così tanta gente poco avvezza all’hardcore vuol dire che hai fatto proprio un gran lavoro.
Come terzo avrei detto l’EP eponimo dei Fugazi ma, per citare un’altra band, vado con Nevermind the Bollocks dei Sex Pistols, il primo disco che ho comprato e che mi aveva colpito già dalla copertina.

G.: Da chitarrista, sicuramente sceglierei qualcosa di Jimi Hendrix, probabilmente il primo album, Are You Experienced: è un disco che ascolto fin da quando ho iniziato a suonare.
Poi, per portare un caposaldo del rock, direi Back in Black degli AC/DC e infine andrei con A Love Supreme di John Coltrane.

Stefano: Io andrei con Reggatta de Blanc dei Police, Live at the Grand Olympic Auditorium dei Rage Against the Machine e infine porterei con me Accendi la miccia dei tuoi pensieri, il primo album dei Grandine, una band hardcore di Trento dei primi ’00.

© Valentina Bellini
A proposito di concerti, in quale festival – italiano o straniero – vi piacerebbe suonare? E con chi vorreste condividere il palco?

G.: Come festival straniero volo basso e dico il Reading Festival! [ride]
Un altro festival straniero che mi piace molto è il Binic, in Francia. In Italia sarebbe bello suonare al Lars Rock Fest, quest’anno sono andato per vedere i Ditz ed è stato stupendo.
A livello di artisti con cui mi piacerebbe condividere il palco, oltre agli stessi Ditz, direi sicuramente gli Osees e poi anche Dion Lunadon.

D.: Un festival italiano che mi piace tanto è l’Handmade di Guastalla (RE), davvero una bella realtà. Poi da abruzzese non posso non citare il Frantic Fest, che negli ultimi anni è cresciuto enormemente e che è una realtà davvero incredibile per una regione come la nostra. E, per quanto riguarda l’estero, dico il Vodafone Paredes de Coura in Portogallo, che ogni anno unisce delle lineup pazzesche a una vivibilità davvero invidiabile.

Una band con cui mi piacerebbe condividere il palco sono senz’altro gli Uzeda, che a livello nazionale sono davvero un totem e sono delle persone squisite anche dal punto di vista umano. E poi andrei anch’io con gli Osees, che piacciono a tutti qui, e poi, se fosse ancora vivo Mark E. Smith, non potrei non citare i suoi The Fall.

A.: Una realtà italiana che mi piace particolarmente è l’AMA Music Festival, che si tiene a Romano d’Ezzelino (VI). Ci sono stato l’anno scorso e sono rimasto impressionato soprattutto dalla location immersa nella natura.
Poi in zona c’è anche il Venezia Hardcore Festival, che ormai è divenuto un’istituzione in ambito europeo.

Come gruppi con cui mi piacerebbe suonare, non posso non citare i Placebo, band che per me è sempre stato un riferimento incredibile. Poi direi ancora i Turnstile, che per me attualmente sono la band rock più importante in circolazione, e The Jon Spencer Blues Explosion.

S.: Per quanto riguarda i festival, direi sicuramente il Beaches Brew, mentre per l’estero sceglierei il Desert Daze in California, ci sono stato nel 2017 ed è stata davvero un’esperienza fantastica.
Come artisti con cui suonare insieme, oltre agli onnipresenti Osees, direi A Place to Bury Strangers e Ty Segall.

Per chiudere, quali sono i progetti futuri dei Bau? Avete in cantiere qualche nuovo pezzo?

D.: Abbiamo registrato un po’ di pezzi, ma dobbiamo ancora missarli e capire se ci piacciono o meno. Poi, in caso, valuteremo anche se pubblicarli sotto forma di EP oppure se aspettare di avere materiale a sufficienza per un nuovo album.

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Last modified: 8 Settembre 2024