Il duo ci ha parlato del processo creativo, delle ispirazioni e di tutto quello che c’è da sapere sul loro album di esordio.
Monte Carlo è il primo disco degli Abraxas, il duo formato da Carolina Faruolo (ex Los Bitchos) e Danny Lee Blackwell dei Night Beats. È in uscita questo venerdì 28 ottobre per l’etichetta Suicide Squeeze ed è stato anticipato da tre singoli disponibili già in tutte le piattaforme.
Amici di lungo corso, hanno unito le loro esperienze e le loro idee per la realizzazione di un album misterioso, seducente e – a parere di chi scrive – un sacco valido. Abbiamo quindi sentito Carolina e Danny per discuterne ed ecco di seguito le loro risposte alle nostre domande.
[ITA]
Questo è un album nato durante la pandemia, con Carolina in Europa e Danny negli Stati Uniti. Ci dite come è venuta fuori l’idea e come si è svolto il processo creativo?
Carolina: È come se entrambi avessimo lavorato a questo album nella nostra testa per molto tempo e avere tutto quel tempo libero negli ultimi anni ha creato le condizioni perfette per riconnetterci e mettere giù queste idee.
Danny: Caro ed io eravamo amici da molto tempo, quindi nel corso delle nostre conversazioni la musica tornava sempre. Alla fine volevamo fare un disco completo, quindi abbiamo registrato le parti nei nostri rispettivi luoghi, Londra e Pomona, in California. Stiamo trasmettendo i segnali che sentiamo dal pianeta Abraxas.
Quando vi siete incontrati per la prima volta prima di questo progetto?
C.: Sono anche una fotografa e ho incontrato Danny per la prima volta circa 8 anni fa, quando era in tournée nel Regno Unito con la sua band Night Beats e mi sono unita a loro in alcune date per scattare foto e documentare il tour. Siamo diventati davvero buoni amici e siamo sempre stati molto interessati ai rispettivi progetti musicali, quindi penso che fosse giunto il momento di unire le nostre idee e formare la nostra band.
Come mai avete scelto il nome Abraxas? È connesso al famoso album di Santana?
C.: Ovviamente ha un collegamento con l’album di Santana, è un disco splendido, il modo in cui esprime tutti quei suoni alla chitarra è semplicemente sensazionale (dovreste ascoltare la versione originale di Oye Como Va di Tito Puente e vedere come Santana l’ha trasformata in riff di chitarra) e anche mia madre ascoltava quel disco in giro per casa quando ero bambina. Inoltre la parola “abraxas” è carica di significati mitici associati a divinità antiche e altri argomenti mistici, quindi sembrava descrivere perfettamente ciò che volevamo trasmettere con questo progetto, il ‘Pianeta Abraxas’.
L’album sembra un mix dei vostri rispettivi background musicali. Con che musica siete cresciuti?
C.: Sono cresciuta in Uruguay, nel Sud America, e la musica tropicale era ovunque. La cumbia era il genere principale con cui sono entrata in contatto nei miei anni formativi, e all’epoca alla fine degli anni ’90 non era davvero considerato interessante o cool in alcun modo, era solo qualcosa che inondava le radio e persino le serate nei club. Gilda era (ed è tuttora) una delle mie artiste preferite, insieme a band leggendarie come Los Mirlos e Los Destellos che facevano principalmente brani strumentali; le chitarre erano l’elemento principale in tutte le loro canzoni, cosa che all’epoca per me era rivoluzionaria. Dopo essermi trasferita nel Regno Unito, ho iniziato a abbozzare alcune idee per le mie canzoni e mi sono resa conto che quei beat di cumbia stavano ancora risuonando in me e la familiarità dei loro ritmi tropicali ha iniziato a riversarsi direttamente nella mia scrittura.
D.: Mio fratello maggiore mi ha fatto appassionare a tutto quando ero piccolo, dalla classica indiana ai Nirvana. Cresciuto in Texas, però, mi sono ritrovato ad assorbire il blues e l’R&B ben incastonati nel suo passato. Canzoni folk americane e cantanti soul come Roky Erickson hanno contribuito a plasmare ciò che faccio e scrivo, ma cerco sempre di tenere le orecchie aperte e di seguire un sentimento; scrivere con Carolina è stato naturale ed entrambi amiamo un groove cosmico.
Ascoltando brani come Golden o Shapeshifter, c’è un forte senso di mistero e persino un pizzico di inquietudine. È una sensazione che è il risultato di particolari esperienze degli ultimi anni?
C.: Non penso che sia necessariamente un riflesso dell’attualità, ma più un modo per trasportarti in un mondo diverso.
D.: Ondate viola di amore e incertezza, in effetti.
Una canzone che mi è particolarmente piaciuta è stata il terzo singolo Göbekli Tepe. Perché avete scelto l’immagine di quel luogo per questa traccia?
C.: Sono molto affascinata dalle civiltà antiche, in particolare dal mistero associato ad alcuni capitoli della storia umana che non possono essere completamente spiegati o non corrispondono alla sequenza temporale logica dello sviluppo socio-geografico dell’umanità. Göbekli Tepe è circa 5000 anni più vecchio di Stonehenge e non c’è una spiegazione esauriente di come entrambi siano stati costruiti (come le Piramidi!) o il perché sembrano essere in anticipo rispetto a qualsiasi altra cosa accaduta nelle rispettive regioni in quel momento. L’incertezza e l’intrigo di fondo di Göbekli sono stati una delle fonti di ispirazione per questa canzone. Ho immaginato la colonna sonora di quei primi umani, che camminavano per la Turchia e scolpivano pietre per tramandare il loro messaggio.
D.: Ben detto.
Inoltre in Göbekli Tepe è percepibile un riferimento alla bossanova. Potete confermarlo? Che rapporto avete con la musica tradizionale brasiliana?
C.: Sono felice che tu l’abbia colto! Suonavo da un po’ con questo riff in stile bossanova e sembrava adattarsi alla giocosità che stavamo cercando con questa canzone, senza essere troppo vivace. Anche la bossanova ha sempre una sfumatura di malinconia e funziona benissimo per spostare la canzone attraverso diversi stati d’animo. L’Uruguay è proprio accanto al Brasile, i miei genitori sono andati a Rio de Janeiro alcune volte quando erano giovani ed è un posto che hanno amato moltissimo. Immagino che abbiano portato con loro l’amore per la musica del paese perché ricordo di aver sentito la musica di Caetano Veloso e Joao Gilberto in tenera età.
D.: Amo profondamente la bossanova così come la samba, nel nostro caso amo l’idea di seguire una oscura discesa ritmica dentro un mondo fantastico. Non sono cresciuto con i dischi di Jorge Ben o Sergio Mendes, quindi li ho scoperti in seguito; e mi han lasciato senza fiato. Trovo che molta della musica tradizionale brasiliana in cui mi imbatto abbia un senso devoto dei ritmi cosmici. Ciò significa che le combinazioni di determinati tempi e melodie sono sovrapposti in modo celestiale.
Il tipo di musica che suonate richiede tempo e pazienza per completare il viaggio e toccare la mente dell’ascoltatore. In un mondo che spesso vuole immediatezza, quanto pensate sia difficile per un artista trasmettere un prodotto che lentamente scava in profondità?
D.: Creare qualcosa con l’intento dell’approvazione non è il motivo per cui facciamo quello che facciamo. Non misuriamo la temperatura dell’attenzione delle persone per manipolare la vivacità di un disco. Produciamo suoni che ci piace ascoltare e pensiamo che potrebbero piacere anche agli altri. Ci piace chi brucia lentamente così come chi agita l’anca in maniera spontanea; lasciamo che siano le canzoni a decidere dove devono andare.
Ci nominate una canzone dell’album per ogni parte della giornata?
C: Fuji sarebbe la mia scelta per la sera all’imbrunire, dopo essere stata tutto il giorno in spiaggia e aver visto un bellissimo tramonto. Göbekli Tepe è buona per la mattina presto, inizia lentamente e ti facilita la giornata. Monte Carlo è il brano a tarda notte, da ascoltare in un annebbiato club underground di cumbia.
D.: Monte Carlo al mattino, perché la sensazione di una lettera d’amore cruda e itinerante, smuove la mente. Mañana nel pomeriggio, perché ha un ritmo forte e deciso. Di Göbekli Tepe adoro il suono delle cicale e mi ricorda il sole che tramonta nell’estate del Texas.
Avete intenzione di andare in tour dopo l’uscita dell’album?
C.: Abbiamo alcune idee su come portare questo disco in uno show dal vivo, quindi sì, sicuramente pianificheremo un tour presto.
[ENG]
This is an album born during the pandemic, Carolina was in Europe and Danny in the USA. Can you tell us how the idea came up and how the creative process took place?
Carolina: It feels like we had both been working on this album in our heads for a long time and having all that spare time in the last few years created the perfect conditions for us to reconnect and put down these ideas.
Danny: Caro and I had been friends for a long time leading up to 2020, so through the course of our conversations music began to flow back and forth. We ended up wanting to make a full record so we recorded the parts in our respective places, London and Pomona, CA. We’re transmitting the signals we hear from ‘Planet Abraxas’.
When did you meet for the first time before this project?
C.: I’m also a photographer and Danny and I first met around 8 years ago when he was in the UK touring with his band Night Beats and I joined them for a few dates to take photos and document the tour. We became really good friends and we’ve always been super interested in each other’s musical projects so I think it was about time we decided to merge our ideas and form our own band.
Why did you choose the name Abraxas? Is it connected with the famous Santana’s album?
C.: It has a connection to Santana‘s album of course, it’s such a brilliant record, the way he expresses all those melodies on guitar it’s just sensational (you should check Tito Puente‘s original version of Oye Como Va and see how Santana translated it into guitar riffs) and even my mum used to listen to that record around the house when I was a kid. Also the word Abraxas is loaded with mythical meanings associated with ancient gods and other mystical topics so it seemed to perfectly describe what we wanted to convey with this project, Planet Abraxas.
This album sounds like a mix of both your music backgrounds. What’s the music you guys grew up with?
C.: I grew up in Uruguay, South America, and tropical music was everywhere. Cumbia was the main genre I was exposed to in my formative years, and at the time in the late 90s it wasn’t really considered interesting or cool in any way or form, it was just something that flooded the radio and even the club nights. Gilda was (and still is) one of my favourite artists growing up, along with legendary bands like Los Mirlos and Los Destellos who mainly did instrumental tracks and the guitars were the lead element in all their songs, which at the time was groundbreaking for me. After moving to the UK I started drafting some ideas for my own songs and realised that those cumbia beats were still resonating with me and the familiarity of their tropical rhythms just started flowing right into my songwriting.
D.: My oldest brother turned me on to everything when I was little, Indian Classical to Nirvana. Growing up in Texas though I found myself soaking up the blues and R&B embedded in its past. American folk songs and soul singers like Roky Erickson helped shape what I do and write, but I always try to keep my ears open and follow a feeling; writing with Carolina came natural and we both love a cosmic groove.
Listening to songs like Golden or Shapeshifter, there is a strong sense of mystery and even a hint of disquietude. Is it a feeling that is the result of particular experiences in recent years?
C.: I don’t think it is necessarily a reflection of current affairs, but more of a way to transport you to a different realm.
D.: Purple tidal waves of love and doubt, indeed.
One of the songs that I particularly liked was the third single Göbekli Tepe. Why did you choose the image of that place for this track?
C.: I’m super fascinated with ancient civilizations, particularly with the mystery associated with some chapters of human history that cannot be fully explained or don’t match the logical timeline of mankind’s socio-geographical development. Göbekli Tepe is around 5000+ older than Stonehenge and there isn’t an exhaustive explanation of how either of them was built (same as the Pyramids!) or why they seem to be ahead of anything else going on in their respective regions at the time. The underlying uncertainty and intrigue of Göbekli was one of the sources of inspiration for this song. I imagined the soundtrack of those early humans, walking around Turkey and carving stones in order to perpetuate their message/vision.
D.: Well said.
Also in Göbekli Tepe, a reference to bossanova is perceptible. Can you confirm it? What relationship do you have with traditional Brazilian music?
C.: I’m glad you picked that up! I had been playing around with this bossanova-y riff for quite a while and it seemed to fit the playfulness we were going for with this song, without being too upbeat. Bossa always has a tinge of melancholy too and it works great to move the song through different moods. Uruguay is right next door to Brazil, my parents travelled to Rio de Janeiro a few times when they were young and it is a place I know they cherished enormously. I guess they brought back the love for the country’s music with them cause I remember hearing music by Caetano Veloso and Joao Gilberto at a very early age.
D.: I love bossanova deeply as well as samba, in our case I love the idea of following a dark staircase groove into a fantastical world. I wasn’t growing up around Jorge Ben or Sergio Mendes records, so I discovered them later on; and it blew me away. I find alot of traditional Brazilian music I come across to have a devout sense of cosmic rhythms. Meaning the combination of certain time signatures and melodies are stacked in heavenly ways.
The kind of music you play takes time and patience to complete the journey and touch the listener’s mind. In a world that often wants immediacy, how difficult do you think it is for an artist to convey an artistic product that slowly digs deep?
D.: To create something for the sake of approval is not why we do what we do. We don’t use the temperature of people’s attention spans to manipulate the grooviness of a record. We’re making sounds we like to hear and think others would too. We like slow burners as well as the immediate hip shakers; we let the songs decide where they need to go.
Can you name a song of the album for every part of the day?A song to be listened in the Morning, in the Afternoon, in the Evening and at Night.
C.: Fuji would be my evening/dusk pick, after being all day at the beach and seeing a beautiful sunset. Göbekli Tepe is good for the early morning, it starts slow and eases you into the day. Monte Carlo is the late night track, to be listened to in a foggy underground cumbia club.
D.: Monte Carlo in the morning because the stark, wandering loose love letter feel gets my mind moving. Mañana in the afternoon, because it has a strong, determined pace. In Göbekli Tepe I love the sound of cicadas, and it reminds me of the sun going down in Texas summer.
Are you planning to tour after the album release?
C.: We have a few ideas of how to bring this record to a live setting, so yeah definitely we’ll be planning a tour soon.
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Last modified: 29 Novembre 2022