Una bionda a gambe aperte, truccatissima, in mutandine e canotta slabbrata, seduta su un divano di pelle, sotto la scritta “Uno non basta”, a me, che sono maliziosa, fa mal pensare. E poi storcere il naso. Incazzare forse rende meglio l’idea. Perché è vero che tira più il proverbiale pelo di che un carro di buoi, ma se la finissimo con una certa iconografia stantia del rock alla AmbraMarie, sarebbe anche meglio. Mi riferisco alla copertina di Narciso dilaga, disco degli Uno non basta. Sul retro, per simmetria, il b-side della fanciulla. MADDAI! Sì, sono una femminista convinta e sì, la copertina sarebbe bastata a non farmi recensire questo lavoro. Ho deciso comunque di mettere da parte i miei pregiudizi vittoriani e ascoltare. L’elettronica degli Uno non basta arriva diretta dagli anni ’90, come dimostrano le prime due tracce, Zombie e Per due. Il cantato è sillabico e quasi parlato, il vocalist sembra non cantare: ne giova la chiarezza del testo, ma nel tripudio ritmico e sintetizzato degli arrangiamenti, non sarebbe guastata un po’ di melodia. I testi sono pregevoli: i ragazzi lavorano per immagini e spesso devono servirsi di metafore già sentite, ma risultano comunque efficaci. Succede, ad esempio, in Vi ammiro vi uccido, dove frasi come “milioni di contenitori vuoti/invece di una testa o di un cervello” o “ed un palmare nelle tasche che controlla il mondo/che neanche dio al posto suo è riuscito a fare tanto” non brillano per chissà che riferimenti o chissà che originalità, ma chiariscono subito che l’elettronica della formazione di Roma non è puro divertimento da discoteca. E come a rafforzare quest’idea, ci si allontana dalla cassa in quattro in Passi da gigante, dove il dub alla Otto Ohm la fa da padrone. Fino a qui, gli Uno non basta avrebbero potuto presentare un Ep buono e rappresentativo. La band è compatta, preparata e capace di fare emergere una certa opinione e una certa attenzione alla realtà sociale odierna. Sono tecnicamente capaci e che il genere vi piaccia o meno, hanno indubbiamente qualcosa da dire. Qualità sorprendenti se si pensa che i ragazzi lavorano insieme a questo progetto solo da due anni, che normalmente è il tempo che una band impiega per trovare un proprio criterio compositivo. Peccato che l’album prosegua per altre otto tracce. Parla sempre poco e No passano senza lasciare ricordo di sé, Fuoco nel vento brilla solo come amarcord anni ’90, La fine ricalca Discolabirinto dei Subsonica, tanto da aver risvegliato la suffragetta che c’è in me all’urlo di “Plagio!”. Grigio Islanda, fortunatamente, riequilibra il cd: a mio avviso è la traccia più efficace, più riuscita, più potente. Il testo è più semplice di quello degli altri brani, costruito per immagini che occupano sezioni intere e non singoli versi, il cantato è finalmente pieno di voce, svelando un timbro particolare che ricorda quello di Davide Autelitano dei Ministri. La title-track Narciso dilaga sembra il manifesto estetico della band, soprattutto per quanto riguarda gli arrangiamenti, strazeppi di artifici elettronici che appesantiscono un testo già pieno di anafore sulla parola “Narciso”. L’esercito degli schiavi è l’ennesima dimostrazione che questi ragazzi sanno scrivere dei gran bei testi ma non sanno renderli in musica. Il senso si perde tra la il battere della cassa e i synth. Peccato.
Ps. Sul cd, è stampata l’immagine della ragazza. Vestita. Senza faccia (tagliata) e con degli shorts giro ****, ma vestita.
DischiOvale elettronica Narciso dilaga Uno non basta
Last modified: 30 Gennaio 2013