Un nuovo mese, una nuova carrellata di band più o meno sconosciute e tutte da scoprire.
In copertina: Makeshift Art Bar © Aaron Cunningham
What’s up on Bandcamp? è un’idea che prova a mettere al centro la musica indipendente: ogni mese una selezione di dischi il più variegata possibile – a livello di generi, provenienza geografica, etichette – per provare a dare spazio a nomi in rampa di lancio o comunque poco conosciuti.
Del resto, non importa quanto sia difficile la vita: lì fuori ci sarà sempre una band pronta a salvartela (o quantomeno a migliorartela).
Makeshift Art Bar – Lackluster Writing Makes Fundamental Reading
[ 03.01.2025 | post-punk, art punk, noise rock | autoprodotto | UK ]
Lo confesso: negli ultimi anni sono stato subissato da talmente tante band ascrivibili al filone post-punk/art punk made in the UK che ormai certe sonorità hanno finito per venirmi a noi.
Detto questo, chi sono io per fare di tutta l’erba un fascio? Decisamente nessuno, e quindi accolgo con grande interesse l’EP di debutto di questo quartetto da Belfast, che sembra avere le carte in regola per ritagliarsi un ruolo di certo non marginale nel panorama underground britannico.
Il tiro è quello delle grandi occasioni e, nel marasma di suoni angolari e penetranti, spicca la conclusiva Bedwetter. che fa incontrare a metà strada IDLES e Chalk.
Se un giorno doveste diventare grandi grandi, ricordatevi di noi.
Pacing – songs
[ 07.01.2025 | Asian Man | indie folk, bedroom pop | USA ]
Nove brani per dodici minuti, più stringati e concisi di così è difficile. Quelle che compongono questa nuova raccolta di Pacing – al secolo Katie McTigue, musicista di San Jose – sono canzoni deliberatamente uncomplicated, dei bozzetti appena accennati che però messi insieme hanno una coerenza e una coesione davvero invidiabili.
E, nonostante il ridottissimo spazio d’azione, l’artista californiana riesce anche a variare con mirabile abilità: dal delicato indie folk di new song with Mel (con “Mel” che starebbe per Melody Caudill alias Career Woman) al travolgente garage folk di parking ticket song, passando per il delizioso inserto bedroom pop proposto in tortilla chip bad song, ce n’è davvero per tutti i gusti.
Un vero e proprio divertissement, nel senso migliore del termine.
A Recorded Dawn – Faceless Vignettes, Withered Outlines
[ 10.01.2025 | autoprodotto | slowcore, post-hardcore, emocore | Canada ]
La proverbiale lentezza della tipica, fredda domenica mattina di gennaio si sposa perfettamente con le sonorità compassate e le atmosfere ovattate dell’EP di debutto di questo promettente quartetto canadese.
Ad ogni modo, nel torpore generale che solo lo slowcore fatto davvero bene sa restituire, la band di Victoria riesce comunque ad infilare degli schiaffoni non da poco figli delle loro derive emocore e post-hardcore, squarci di vitale irrequietezza in grado di destare da ogni tipo di placida abulia.
Quattro tracce che nascondono un ricchissimo mondo interiore, ma, se dovessi proprio sceglierne una, punterei senza indugio su That witch cannot be, mirabile perla emo/post-slowcore.
Il mattino ha l’oro in bocca, già.
goldenstar – goldenstar
[ 10.01.2025 | autoprodotto | slowcore, space rock | Canada ]
Quante probabilità c’erano che nello stesso giorno arrivassero dal Canada due EP di debutto entrambi afferenti al filone slowcore e dalle copertine piuttosto simili a livello cromatico (sì, mi riferisco agli A Recorded Dawn di poc’anzi)? Pressoché nulle, eppure le vie di questa rubrica a quanto pare sono infinite.
Qui siamo nel Québec e le sonorità sono più intime, liquide e compassate, con i goldenstar a mostrare una certa fascinazione nei confronti dello space rock soffuso reso immortale dai Duster (in questo senso, Torn Atwain è decisamente esplicativa).
La conclusiva e dimessa Asleep è il sigillo di garanzia su un esordio in grado di mettere il progetto di Montréal ben saldo sulla mappa dello slowcore nordamericano (e non solo, mi verrebbe da dire).
Heet Deth – Bad Reading
[ 10.01.2025 | The Ghost Is Clear | garage punk, noise rock | USA ]
Una volta mi dissero – non saprei con quale fondamento – che l’arancione è il colore preferito dagli psicopatici, e da allora mi sono fatto un ragione del perché ami così tanto quel tipo di tonalità.
Al di là di tutto, la copertina arancio fuoco scelta dalle Heet Deth per cesellare il proprio debutto si sposa alla perfezione con il sound potente e incendiario sprigionato dal duo di Chicago.
Se l’opener Destroyer dimostra come la band dell’Illinois abbia masticato non poco doom, Laundromat è semplicemente perfetta nel suo contorcersi in preda a convulsioni squisitamente garage punk.
Un album diretto, senza orpelli né troppi effetti speciali: dopotutto, il punk è esattamente questo.
School Fair – bird the kid
[ 15.01.2025 | autoprodotto | post-rock, alternative rock, experimetal rock | Nuova Zelanda ]
Ammetto di non essere andato a controllare, ma sono abbastanza sicuro del fatto che l’album in questione rappresenti l’esordio assoluto per la Nuova Zelanda in questa rubrica (non che questo significhi alcunché, ma da amante della geografia non potevo non farci caso).
Se consideriamo che siamo al cospetto del loro secondo album, il suono degli School Fair appare piuttosto maturo e stratificato: se sound of night mescola in maniera intrigante alt rock e post-punk, la corposa doppietta (insieme superano i 14 minuti di durata) set in stone–a torn moon mended esalta la vena post-rock e sperimentale del trio grazie anche ad un intenso spoken word in odore di Arab Strap.
Un lavoro denso, notturno e solitario, proprio come immagino possa essere una notte stellata neozelandese.
Expose – ETC
[ 24.01.2025 | Quindi | noise rock, free jazz, post-hardcore | USA ]
Il caos al potere. È con questa frase apparentemente banale che si potrebbe provare a condensare il nuovo album degli Expose, band di Los Angeles tra i fiori all’occhiello nel roster della fiorentina Quindi Records.
Quello del quintetto californiano è un suono eccentrico e sperimentale che pesca da noise rock, free jazz, post-rock, post-hardcore e potrei andare avanti, un guazzabuglio di influenze e sonorità tra le più disparate che riesce però a mantenere un’invidiabile coerenza e coesione durante tutta la durata dell’album, cosa davvero non scontata.
Se l’impressione generale è quella di un sound a metà strada tra Glenn Branca e Spacemen 3, in alcuni episodi – vedi Dutch Coast o Road Railing – la mente, da buon italiano, non può che andare agli immensi Zu.
Pezzi preferiti? Probabilmente andrei con le angolari The Constant e Self Terror, puro e storto godimento.
laundromat chicks – Sometimes Possessed
[ 24.01.2025 | Siluh | jangle pop, indie pop | Austria ]
L’austera e imperiale Vienna ci porta inaspettatamente in dote l’album più melodico e pop del mese, almeno per quanto riguarda questa sede.
Al suo terzo album in studio, il quartetto austriaco dimostra di avere ulteriormente affinato e raffinato le proprie sonorità: jangle pop in purezza, talvolta dall’animo slacker (vedi l’apripista This Strange Effect), altre in odore di vero e proprio power pop (la bellissima Cameron), altre ancora dal vago retrogusto post-punk (la titletrack, Secrets).
I laundromat chicks – che, tra le altre cose, trovano anche il tempo di infilare in scaletta la ballatona di Spiders Inside You – non propongono niente che non abbiate già sentito, ma non dedicare mezz’ora del vostro tempo all’ascolto di questi dieci bozzetti sonori imbevuti di melodie semplici e armoniose sarebbe davvero un peccato.
Marathon Runner – I Dream a Highway
[ 24.01.2025 | Candlepin | slowcore, shoegaze, post-hardcore | USA ]
Una casa apparentemente triste e certamente isolata adagiata su uno specchio d’acqua cristallizzato per sempre, il tutto immerso in una tavolozza di colori tetri che ricordano vagamente la copertina del debutto dei Red House Painters: tesoro, siamo a casa.
Il debutto del trio di Austin è intriso di melanconia e pensieri soffusi, slowcore in purezza il cui fragile cuore viene all’occorrenza trafitto da distorsioni colme di pathos (vedi il post-slowcore di The Mirror).
Se Skin è l’esempio perfetto di quel connubio tra shoegaze e slowcore di cui sopra, Runaway Dog è il pezzo che, grazie ad un perfetto bilanciamento tra melodie orecchiabili e magniloquenti squarci sonori, meglio condensa l’essenza sonora ed estetica della band del Texas
Con ogni probabilità, la cosa più vicina ai Codeine che ascolterete quest’anno.
Pebbledash – Four Portraits of the Same Ugly House
[ 31.01.2025 | Blowtorch | shoegaze, post-punk, post-rock | Irlanda ]
Dallo shoegaze all’alternative, dal post-rock alla sperimentazione più totale, dalla musica pastorale al post-rock: è piuttosto raro riscontrare così tante influenze in soli quattro brani, eppure il suono dei Pebbledash è talmente ricco di sfumature che è impossibile da imbrigliare in una sola etichetta.
Il debutto su EP del quintetto di Cork fotografa una band che ha tanto da dire e ancor più da dimostrare, del resto la struttura complessa e mai banale dei pezzi che lo compongono è esplicativa in tal senso.
Va da sé che ci sia ancora molto da affinare, ma nel frattempo l’alternanza tra rallentamenti e distorsioni di Slowly Slowly e le esplosioni sonore ed emotive di Soak ce le teniamo ben strette.
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Last modified: 11 Febbraio 2025