Abbiamo avuto il piacere di intervistare il duo di Chicago che sta donando nuova vita all’indie rock.
Please scroll to the end to read the interview in English.
Il 16 febbraio scorso è uscito per ATO un disco che, zitto zitto, si è insinuato aggressivamente fra gli ascolti di chi ama un certo tipo di musica, e per la redazione di Rockambula è stato amore a primo ascolto frutto di un passaparola frenetico. Where we’ve been, Where we go from here è il primo lavoro dei Friko, giovane duo di Chicago composto da Niko Kapetan e Bailey Minzenberger che molto deve alla tradizione indie rock della città e d’oltreoceano in generale. È proprio quella a colpire subito, perché suona immediatamente familiare: ci si sente dentro un po’ di Bright Eyes, di Wilco, di Microphones, di Okkervil River, e familiare è anche un immaginario che guarda al passato e crea una doppia dose di nostalgia.
Ma quel che colpisce di Where we’ve been, Where we go from here è un’urgenza rarissima e quasi solo riservata agli album di debutto che racconta di sensazioni vissute al massimo, forse per la prima volta, con la purezza senza filtro di chi non ha ancora fatto il callo alle tante delusioni e disillusioni della vita.
È stato un piacere fare una chiacchierata con Niko per parlare degli esordi della band, di com’è nato il disco e di tutto ciò che circonda i Friko. In attesa di vederli in Europa ad ottobre/novembre (come rivelato da lui stesso!), vorremmo ringraziare tanto Niko, Bailey e la loro manager Leona Chan che ha reso possibile questa intervista! La versione originale in inglese la trovate in fondo.
Grazie a Pasquale, Dario e Gianluca per l’aiuto con le domande!
[ITA]
Prima di tutto vorremmo ringraziarvi per questa intervista. Quando è uscito Where we’ve been, Where we go from here tutta la redazione era in fermento, una cosa rara per le nuove uscite. Siamo molto felici di avere l’opportunità di farvi qualche domanda su un disco che è stato amore a primo ascolto!
Grazie mille per l’ascolto e per il tempo che ci avete dedicato!!
Iniziamo parlando della vostra storia e dei primi passi della band. Ci sono un po’ di informazioni a proposito sul vostro sito, ma ci piacerebbe saperne di più direttamente da voi: come sono nati i Friko? E come vi siete evoluti col tempo come band, come sound e nelle performance live?
In pratica io e Bailey eravamo vicini di banco a lezione l’ultimo anno delle superiori ma non ci parlavamo nemmeno. È stato poi quando abbiamo finito le superiori che Bailey e Jack Henry, il produttore del disco, mi hanno chiesto di suonare il basso nella loro band. Poi quando la mia band delle superiori si è sciolta ho chiesto a Bailey di suonare la batteria nei Friko e il resto è storia!
Abbiamo iniziato lavorando su vecchi demo e pezzi del mio vecchio progetto, quindi all’inizio non eravamo una vera e propria ‘band’ nel senso collaborativo del termine. Col tempo abbiamo cominciato sempre più a scrivere e arrangiare insieme, e l’obiettivo ora è di far funzionare perfettamente tutti gli elementi sonori quando suoniamo dal vivo. Nei live ci abbiamo sempre messo intensità ed emozioni, ma adesso vogliamo creare quell’intensità non solo attraverso noi che suoniamo, ma anche attraverso il sound stesso.
Parlate spesso dell’approccio collaborativo che avete nel fare musica. Come si è tradotto questo approccio nella creazione di Where we’ve been, Where we go e come si traduce in senso più ampio quando suonate e lavorate con altri artisti? Ci sono dei ‘ruoli’ più o meno specifici all’interno della band?
Di solito parte tutto da una progressione di accordi, una melodia e qualche testo che porto in sala prove. Poi da lì iniziamo ad arrangiare le varie parti e capire cosa manca. Siamo ad un punto, adesso, in cui riusciamo subito capire se abbiamo tra le mani una canzone dei Friko o no, cioè se ci è fedele o meno. Ci abbiamo messo così tanto tempo a ‘scoprirci’ come band che ora che ci siamo trovati non vedevamo l’ora di scrivere un album completamente da zero.
Recentemente abbiamo anche iniziato ad aggiungere gli archi e una seconda chitarra che è bellissimo perché ha trasformato il progetto in una specie di collettivo, che ora include anche Alice Avery, che cura i visual, e il tecnico del suono Jackson Hamrick. Non ci sono dei ruoli necessariamente stabiliti nel gruppo, ma ognuno di noi sa più o meno quali spazi occupa.
Parlando di collaborazioni, a Chicago si sta sviluppando una ricca scena underground (per esempio band come Horsegirl e Lifeguard) e la città stessa ha una ricca eredità in fatto di indie rock. Che ruolo ha avuto la scena musicale della città nella nascita e crescita dei Friko? E quanto hanno influito le band storiche di Chicago?
Fondamentale! La scena musicale di Chicago è di grande supporto e in generale piena di brave persone. Questo ci ha aiutato a metter su i primi live quando eravamo alle prime armi nella scena DIY e più avanti a suonare i primi concerti veri e propri nei locali della città. I grandi nomi come Smashing Pumpkins, Liz Phair, ma anche band più recenti come Whitney, Twin Peaks, Finom e Ratboys tengono in vita l’energia indie rock, parte integrante del presente e futuro della città.
In altre occasioni avete già parlato della musica che vi ha influenzati, e il vostro sound è stato paragonato a Bright Eyes, Wilco, Modest Mouse e Arcade Fire, ma mi interessa piuttosto parlare del vostro amore per Chopin: come si traduce nella musica che scrivete?
A me e Bailey piace particolarmente la musica classica del periodo romantico. Non siamo esperti in materia, ma le dinamiche e la bellezza della musica di quell’epoca sono state decisamente influenti sul nostro sound e su come usiamo melodie e armonie. Comunque il paragone con i Bright Eyes ci fa sempre ridere perché non li avevamo mai ascoltati prima! È stato solo dopo le prime comparazioni che abbiamo iniziato ad ascoltare sia loro che Conor Oberst.
Una cosa che abbiamo notato in tanti è l’urgenza che traspare dai pezzi dei Friko e penso che parte di questa urgenza nasca da scelte fatte in studio e di produzione. Qual è stata la vostra esperienza in studio? E quanto dell’album è stato registrato in presa diretta?
L’urgenza che si sente nel disco è naturale perché era una sensazione che provavamo molto durante le registrazioni; come per molti musicisti questo per noi è un secondo lavoro e quindi sentiamo la pressione esterna di mantenerci con la musica e avere un impatto positivo su chi ci ascolta. Per noi, l’unico modo di riuscirci è metterci dentro tutto quel che abbiamo.
In studio abbiamo iniziato registrando quasi tutti i pezzi in tre in presa diretta. Mentre registravamo, Jack Henry e il secondo produttore Scott Tallarida ci gasavano e incoraggiavano. È stato un processo molto naturale e divertente per la maggior parte.
I testi di Where we’ve been, Where we go from here evocano un immaginario molto vivido di passato e ricordi. L’intenzione dietro l’album era di dargli un tema o i testi sono nati tutti naturalmente come parte del processo creativo?
Per la canzone Where We’ve Been in particolare i testi sono stati scritti tutti in un’ora subito dopo aver composto il pezzo, una di quelle cose magiche. Ma per la maggior parte i testi dell’album sono stati scritti qua e là in vari momenti nel corso degli ultimi anni. Il mio stato d’animo in quel periodo è rimasto più o meno lo stesso, quindi è normale che i temi (per fortuna) siano collegati.
Sulla copertina del disco c’è un cardinale rosso, che dà anche il titolo ad una delle tracce. C’è un significato simbolico dietro alla scelta dell’animale, magari culturale o religioso?
In realtà viene proprio dalla canzone, che per noi è molto speciale. L’ho scritta in un momento difficile e mi è servita un po’ da supporto per uscirne, e spero che la canzone possa aiutare altre persone in situazioni simili.
Concludiamo parlando di tour. Ne avete appena annunciato uno negli Stati Uniti. Riusciremo a vedervi dal vivo in Europa?
Sì! Ad ottobre/novembre. Non vediamo l’ora!
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[ENG]
First of all thank you so much for agreeing to chat with us. The day Where we’ve been, Where we go from here dropped our webzine’s group chat was buzzing in a way you rarely see for new music. So we’re really grateful for the opportunity to ask you a few questions on an album that was a love at first listen for many of us!
Thanks so much for listening and taking the time!!
Our first question is about your history and first steps as a band. There’s some info on your website but it would be great to hear it from you: how did Friko start? And how has the band, as well as your sound and live performances, evolved over time?
So me and Bailey had a class together at the end of high school and actually sat next to each other but didn’t talk at all. It wasn’t until after high school when Bailey and the engineer for the record, Jack Henry, asked me to play bass in their band. After my high school band broke up I asked Bailey to play drums in Friko and the rest is history.
We started off just playing songs from my old band and demos that I made in high school, so we weren’t as much a band in the sense that we didn’t collaborate too much at the beginning. As time went on and we got closer to this record we started writing and arranging together more and more, and right now our current focus is sonically making everything fit together as perfectly as possible live. We always had the intensity and emotion while playing shows but now we want that intensity to be felt from the sonics as well as the people in the band.
You state that you have a collaborative approach to music. How did this approach translate into the making of Where we’ve been, Where we go and how does it translate in a wider sense with the people you collaborate and make/play music with? Are there any ‘set’ roles/responsibilities within the band?
Usually I will bring some type of chord progression with lyrics and a melody to the band. And from there we’ll arrange the parts and feel out what the song needs. We’ve gotten to the point now where we can feel if something is a Friko song or not. Like whether it is true to us or not. Because we’ve put in all that time of figuring ourselves out as a band we’re just excited to start a new record from scratch really knowing what we are.
We’ve also started playing more consistently with a second guitarist or strings and that always feels amazing because there is a sense of a collective around the project, also spanning to our visuals person, Alice Avery, and sound guy, Jackson Hamrick. There are no set roles within this group but everyone kind of knows what holes they fill and such.
Speaking of collaborations – There is a rich underground scene bubbling in Chicago (thinking of bands like Horsegirl and Lifeguard for example), and the city itself has a big indie rock legacy. How crucial was the current music scene to your emergence and growth as a band? And how have the Chicago indie rock greats influenced it?
It’s been essential! The scene in Chicago is very supportive and just kind in general. This helped us get shows when we were first starting out in the DIY scene and later get into playing shows at actual venues. The greats like the Pumpkins, Liz Phair, and even more recent bands like Whitney, Twin Peaks, Finom, and Ratboys definitely give the town that energy that indie rock is an important thing here and always will be.
And moving on to influences – you’ve talked about the music that influenced you and your sound has been compared to the likes of Bright Eyes, Wilco, Modest Mouse or Arcade Fire, but I’m more interested in your love for Chopin: how does this translate into your music?
Me and Bailey just particularly love romantic period classical music. We’re not experts on it by any means, but the dynamics and beauty of music at that time has definitely been a huge influence on our sound and how we use melody/harmony. Also the constant Bright Eyes comparisons are really funny to us because we didn’t really listen to them at all growing up, it wasn’t until the comparisons started coming in that we got into them and Conor Oberst lol
Something we all agree on is that the album is full of urgency and I’m sure that’s partly due to how it was recorded and the production choices made. What was your experience in the studio and was some of it recorded in one take like it sounds?
The urgency was honestly just a real feeling we constantly had while making this record because we’re all working day jobs like most musicians and are trying to make a living at this/make something that will impact people deeply. And for us, the only way to do that is to put everything you got into it.
And in the studio we did start most of the songs with a live three piece take. When we were doing the takes, Jack Henry and our producer/friend Scott Tallarida were just hyping us up and getting us going. It felt very natural and just fun for the most part.
The lyrics in Where we’ve been, Where we go from here are pretty evocative, the past and memories told with vivid imagery. Was there an intentional theme for the album or did the lyrics come about naturally as part of the creative process?
For that song specifically all the lyrics came within one hour of writing that song, it just kind of had that magic to it. But for the most part the lyrics for this record were written in bits and pieces over the years of writing this album. The feeling I had over the past few years was generally the same, so the themes for the record needed to be connected in the end luckily.
The album cover features a red cardinal, which is also the title of one of the songs. Is there a symbolic reason behind the animal, given its cultural and religious meanings?
It really just came from that song and because that one is super special to us. I wrote at a very dark time and it kind of became my way out of it, and I hope it can help other people in that same way.
And finally – you’ve just announced a US tour. Any chance you’ll be visiting Europe anytime soon? 🙂
Yes! In October-November! We’re stoked.
Special thanks to Niko, Bailey and Leona for this great opportunity.
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Last modified: 30 Aprile 2024