Il loro ultimo lavoro in studio (Boy King, uscito lo scorso agosto, il quinto sotto Domino Records) è stato l’ennesimo tiro messo a segno per i caleidoscopici Wild Beasts, da ormai un decennio tra i più compiuti e concettuali nel panorama Indie Rock britannico.
Martedì scorso il tour del quartetto di Kendal è passato anche da Milano, per un’unica data italiana. A voler sintetizzare la performance a cui abbiamo assistito, imperdibile e impeccabile sono aggettivi da poter usare senza correre il rischio di suonare eccessivi.
A scaldare l’atmosfera al Circolo Magnolia ci pensa Douglas Dare. I progressi del giovane songwriter in versione live sono evidenti (la prima volta lo avevamo visto due anni fa, in apertura al live di Fink al Quirinetta di Roma), grazie alla line up che si arricchisce di altri elementi, per un totale di due synth e una batteria, e l’apporto dei cori femminili che riempiono i brani e spalleggiano il suo timbro da crooner che si fa spazio tra le sperimentazioni elettroniche.
Puntuali, alle 22 salgono sul palco i protagonisti della serata. Hayden Thorpe sfodera sin da subito una dose eccezionale di presenza scenica e catalizza l’attenzione al centro del palco. Alla sua sinistra, Tom Fleming si divide tra basso, chitarra, tastiere e parentesi cantate da brividi. Completano il quadro le peripezie su tasti e corde di Ben Little e la batteria secca di Chris Talbot a dettare il ritmo dal fondo dello stage.
La scaletta è dedicata ai brani dell’ultimo lavoro in studio, che dal vivo restituiscono tutta la rinnovata energia della band già palpabile su disco, senza dimenticare di lasciar spazio ai capolavori del passato, dalla perturbante “Hooting & Howling” sfoderata dopo una più che esplicita dichiarazione anti Brexit, al Pop sofisticato di “Mecca” e “A Simple Beautiful Truth”, passando per l’Art Rock onirico di “Lion’s Share” e di una “Bed of Nails” con Little armato di archetto a far stridere le corde della sua chitarra. Testuali negli arrangiamenti, i Wild Beasts rinunciano ad escamotage tipici dei live, senza alcun bisogno di caricare la performance di elementi nuovi, e innescano scintille tra il pubblico sia coi brani di Boy King che col repertorio collaudato.
I ruggiti di Fleming in “All The King’s Men” al termine di un encore adrenalinico con Thorpe in platea a intonare “Celestial Creatures” sono la degna conclusione di un live che è stato un piacere per le orecchie e per gli occhi.
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Last modified: 3 Aprile 2019