“Your unexpected Sicily”, promette lo slogan che incornicia l’Ypsi Once Stage, e al termine della kermesse musicale più longeva della regione ti accorgi che sì, qualche sorpresa Castelbuono te l’ha riservata.
Qualcosa la intuisci sin dall’arrivo, perchè quello del suo centro storico è sì uno scenario gattopardesco, ma è incorniciato da un verde lontano dagli stereotipi siciliani: è agosto inoltrato, ma inerpicandoti lungo la strada che da Cefalù giunge nel cuore del Parco naturale delle Madonie dici addio alle intollerabili temperature cittadine e alla calura dei luoghi di villeggiatura. Il resto lo capisci nel mentre, quando scopri che la formula di Ypsigrock è un’eccezione non solo in Sicilia ma anche nel resto della Penisola, perchè la filosofia è quella delle grandi kermesse europee e per di più lo è al netto di inutili esterofilie, assimilata e ripensata per vestire su misura un luogo preciso e irripetibile (e che il resto dell’Europa può solo invidiare).
Mentre il pubblico italico fa ancora fatica a digerire concettualmente i festival musicali, la perseveranza di Ypsi compie 21 anni. Se è vero che da alcuni anni a questa parte si è assistito alla nascita di molte realtà concepite sulla scia di esperienze pionieristiche come le rassegne iberiche e d’oltremanica, è vero anche che molti degli avventori ai festival italiani continuano a partecipare attratti esclusivamente dagli headliner, per poi lamentarsi della durata esigua della performance del loro artista preferito, senza intuire il potenziale di una line-up variegata, che è recepito invece come una sorta di sgradevole disomogeneità.
In quest’ottica l’ambizione di una rassegna come questa rischia di sembrare una velleità, ma di certo non lo è per chi invece l’atmosfera di un festival vuole viverla appieno, anche perchè Ypsi in tal senso ha un grosso pregio: le tre giornate sono concepite in modo da creare un’esperienza ininterrotta, dal pomeriggio a notte fonda, con la possibilità di assistere a tutti gli eventi previsti. Una sorta di onestà che lo differenzia dalla maggior parte delle rassegne musicali, che attraggono con cartelloni più ricchi ma si rivelano poi schedulate in modo tale che si è costretti a rinunciare a metà dei live poichè molti avvengono in contemporanea.
D’altronde la frenesia non fa parte del corredo genetico dei siciliani, e a Castelbuono il programma giornaliero è gradevolmente distribuito in tre tappe lungo le vie in salita del paese antico (con un ultimo step per i più tenaci, su un palco allestito nell’area camping e musica fino alle 4 del mattino): si inizia sullo stage Ypsi & Love al Chiostro di San Francesco con le proposte più fresche per terminare coi performer più attesi sull’Ypsi Once in Piazza Castello, passando per una performance sul Mr. Y stage in un contesto indoor estremamente suggestivo, quello dell’ex-Chiesa del Crocifisso.
Significativa nel descrivere la varietà della proposta di Ypsi è la line-up del sabato. Il pomeriggio al Chiostro si tinge di mellifluo r’n’b sintetizzato a dovere e impreziosito dal timbro retrò del giovane francese Adam Naas. Poco prima di cena in Chiesa gli Amnesia Scanner celebrano la loro personale liturgia a base di post club music, un’alienante performance tra ambient martellante e luci stroboscopiche. Le sterzate di umore continuano ai piedi del Castello Ventimiglia: sul main stage, a un elegante e impeccabile post rock i Beak> aggiungono una inaspettata dose di ironia, poi è la volta della primo live in Italia di Rejjie Snow, un talento e un’energia che conquistano anche i più ostinati detrattori dell’hip-hop e consegnano ai Digitalism un pubblico già carico, che sui beat chiassosi del duo tedesco trasforma il selciato di Piazza Castello in un dancefloor a cui è impossibile resistere.
Ogni volta le architetture normanne di Castelbuono si dimostrano anfitrioni versatili e calorosi: che si tratti di contenere l’esuberanza punk dei Cabbage o di fornire il fondale migliore per i giochi di luce su cui si stagliano le sagome dei Beach House, a cui è toccato l’onere di chiudere questa edizione e a cui va l’onore di averlo fatto nel migliore dei modi, mettendo su una performance ben dosata tra nebulose di suono e parentesi più intense fatte di riff propulsivi e tonificanti percussioni.
Quella del duo dream pop è stata solo una delle molte conferme in fatto di resa live. Oltre a loro, la detonante sezione ritmica dei Preoccupations fka Viet Cong, l’intramontabilità della sinergia tra Andy Bell e i suoi Ride nonostante i vent’anni che separano il loro ultimo Weather Diaries dalle puntate precedenti, la crescita costante dei Car Seat Headrest con un sound dal vivo decisamente più tonico e controllato che in passato e un Toledo più disinvolto.
Ma non sono le certezze quelle che ti restano sottopelle, e questa è una unexpected Sicily. Più di una volta negli anni passati le scelte di Ypsi hanno dimostrato lungimiranza, e le sorprese migliori sono sempre dove meno te le aspetti: c’è da fidarsi e lasciarsi condurre da fili sapienti che annodano ritmi, sensazioni e generi musicali distanti. Solo così si avrá modo di scoprire un giovane cantautore come Sergio Beercock, che col folk classicheggiante della sua chitarra crea una poetica fusione delle proprie origini, divise tra lo Yorkshire e l’entroterra siculo. O i Klangstof, la proposta più apprezzata tra gli emergenti dell’edizione 2017, olandesi dediti a un morbido noise elettrificato capace di farsi sferzante al momento giusto, o ancora Aldous Harding, neozelandese dalla prodigiosa estensione vocale, sghemba e conturbante nel dominare la platea nonostante i pochissimi elementi in gioco sul palco.
Insomma, una volta che la scopri, questa Sicilia inaspettata non la lasci più. Arrivederci al 2018, Castelbuono.
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Last modified: 21 Febbraio 2019