Il quartetto veneto formato da Sebastiano Busato (voce), Alessandro Maculan (chitarra), Francesco Begott (batteria) e Gabriele Tesolin (basso), dopo l’Ep Zoe-Bios ed il più che soddisfacente debutto lungo (relativamente lungo, visto il genere proposto) The World is Nothing, torna con Monument nuovo Ep di 4 tracce per 11 minuti di durata prodotto grazie alla collaborazione di un gran numero di etichette. Questo nuovo lavoro conferma che la band veneta non è solo potenza, tecnica e velocità, elementi che ovviamente nel loro sound sono abbondantemente presenti, ma che troviamo però accostati ad una efficace creatività ed ad un’ottima qualità compositiva che denotano una personalità forte, ricca e consapevole ed una visone molto aperta di musica violenta e viscerale.
Il nuovo lavoro parte con “Staring” e gli schiaffi volano dal momento stesso in cui si preme play, la chitarra nevrotica e funambolica crea riff e dissonanze mentre la batteria pesta febbrile e precisa ed il basso non cede un millimetro, in tutto questo la voce ci urla in faccia concetti sul cambiamento fondendo possibile ed impossibile. Segue “They Run Circles” che ci spinge in una matematica e complessa baraonda fatta di stacchi millesimali e ripartenze al fulmicotone. La chitarra è un turbine sul tempo scolpito dalla sezione ritmica, il brano è pregno di una tensione ricca di trasformazioni che all’immancabile grezzume affianca una considerevole scrupolosità d’esecuzione.
Arriva poi la title-track, qui il significato dato agli eventi viene paragonato ad edifici costruiti da una convinzione, che è a sua volta un edificio, e dei sentimenti vissuti non fa rimanere che un eco lontano, mentre molto, molto vicina risulta la rabbia della voce di Busato. Il brano incredibilmente tortuoso e potente (ma equilibrato) e dalla grande incisività è una galoppata ricca di pregevoli deviazioni, sfumature e progressioni. Per l’occasione la chitarra di Maculan è tagliente e penetrante come una lama forgiata da Hattori Hanzō e volteggia tra i cambi di tempo dell’instancabile e perentorio drumming di Begott sorretto dall’implacabile basso di Tesolin. Si schiuma.
30 i secondi concessi per asciugare la bava, ce li regalano gli eccellenti archi dell’ospite Nicola Manzan nell’apertura dell’ottimo rifacimento di “The Swarm”, brano degli At the Gates tratto dall’album Terminal Spirit Disease, prima dell’ennesima feroce esplosione che conclude un lavoro di buonissimo livello.
Nell’attesa di un nuovo full length non possiamo dunque che confermare gli Zeit tra le più convincenti formazioni del genere. Una band che migliora lavoro dopo lavoro regalandoci trame sempre più intricate e nervose ma mai meno aggressive e dimostra una grande abilità complessiva. Evoluzione che ci consegna un nuovo gioiellino che farà sicuramente sfregare le mani agli amanti del genere ma che con un po’ di impegno da parte di chi ascolta potrebbe avere la capacità di arrivare anche a chi coi suoni violenti non ha troppa dimestichezza.
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Last modified: 15 Marzo 2019