Pensi al quarto album e ti aspetti qualcosa d’importante; supponi una band che forse ti sei lasciato colpevolmente sfuggire, soprattutto se nella biografia si annoverano partecipazioni a festival come Ypsigrock (sempre più in forma) o Neapolis. Eppure, alla fine, tutto si disvela con l’ascolto; questo è quello che conta davvero oltre le parole; l’ascolto. La presenza in veste di produttore artistico di Andrea Suriani (Cosmo, Calcutta) garantisce una maggiore appetibilità rispetto ai lavori precedenti ma non molto altro; sul tema portante del senso di colpa, i sette brani di The Lie and the Escape scivolano via senza troppo entusiasmo, tra richiami al più datato e semplicistico Post Rock misto a melodie Pop, accenni di ritmiche danzerecce e una voce dalla timbrica (e non solo) insipida. Fare Post Rock oggi, in Italia, a quasi vent’anni da Lift Yr. Skinny Fists Like Antennas to Heaven!, Ágætis Byrjun o Lungo i Bordi (per tirare fuori gli italiani, anche se i Camera237 scelgono l’inglese) e quasi trenta da Spiderland, non è certo sufficiente per fare un buon lavoro; anzi, il rischio è di suonare come l’ennesima riproposizione del già sentito e stavolta il rischio si fa concreto più che mai. Come scrivono gli stessi Camera237, per cancellare il senso di colpa servono le canzoni; e per questa volta hanno davvero ragione. Sono state le canzoni e il loro ascolto a impedire che mi sentissi in colpa quando ho pensato che questo non è certo l’album che avrei voluto ascoltare oggi come domani.
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Last modified: 18 Febbraio 2019