Rock a notte fonda: Intervista ai NOP

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Il primo album dei bolognesi è la dimostrazione che il rock in Italia non sta scomparendo, è solo più difficile da scovare.

(di Chiara Grauso)

Sono cinque ragazzi bolognesi che da qualche anno lavorano duro per realizzare il loro sogno: si chiamano NOP, fanno rock – non per uscire dalle leggi del mainstream ma probabilmente proprio perché di quelle leggi se ne fregano – e il 4 ottobre scorso è uscito il loro primo album, A Notte Fonda.

Si sono formati nel 2011: in questi anni hanno partecipato a concorsi e contest, vincendo il B-Nervous Music Contest di Villa Serena (Bologna) nel 2013 ed il SassxFactor (Sasso Marconi) nel 2014. Hanno suonato in Piazza Maggiore e tentato anche la strada di Sanremo giovani nel 2012 e nel 2013.

L’album si è fatto attendere un po’, ma il lungo lavoro ha permesso al gruppo di realizzare un lavoro sicuramente equilibrato e per niente monotematico: da una dedica alle vie loro città, in apertura ai dieci brani, si arriva ad un ritratto insolito e particolare, con protagonista Aldo Moro.

Non c’è bisogno di dilungarsi troppo, quello che dovreste fare ora è far partire la prima traccia. Mentre fate scorrere i dieci brani che compongono A Notte Fonda, provate a leggere qui cos’hanno risposto alle nostre domande.

Bologna è la città che vi ha visti nascere e raggiungere palchi importanti, a cui avete anche dedicato il titolo di un brano dell’album. È una città a cui siete sicuramente legati e a cui dovete tanto. Vi vorrei chiedere però se c’è stato un momento in cui l’avete rifiutata, un momento in cui non vi siete sentiti capiti e avete pensato di non essere nel posto giusto.

Bologna non si può non amare. Una città a cui dobbiamo tanto e che non abbiamo potuto non inserire nel nostro primo album. Nonostante questo, non ti neghiamo che purtroppo anche nella nostra città, ultimamente, stiamo riscontrando un calo delle opportunità di esibirsi live per le band emergenti, a maggior ragione se si presentano con propri brani inediti. Troppo spesso si perde di vista l’enorme potenzialità che i concerti e gli eventi con giovani artisti possono offrire ad una città aperta e accogliente come Bologna. Certe volte basterebbe un piccolissimo investimento per realizzare bellissimi momenti di musica e di arte!

“Questo è tempo di cambiamenti, non si possono più negare”. Se aveste la possibilità di cambiare una cosa, qualsiasi cosa, anche all’interno della vostra vita, cosa scegliereste?

Sembrerà banale ma probabilmente avere più tempo libero per creare e suonare la nostra musica. La vita delle band emergenti è molto complicata, a maggior ragione quando devi incastrare alla perfezione gli impegni di vita e, soprattutto, di lavoro di 5 ragazzi con le migliaia di prove, registrazioni, live e iniziative che vorresti riuscire a realizzare come band. Quello che ci rende orgogliosi è proprio essere riusciti, nonostante le mille difficoltà, a registrare un album di nostri brani lavorando in studio per oltre un anno. Ovviamente, lavorandoci a notte fonda!

“Scesi per strada mi abbracci mentre il mondo non c’è”, l’immagine evocata da questo verso di In un istante (20 Maggio 2012) è molto diretta, semplice ma allo stesso tempo forte. Avete ricordato il terremoto che colpì l’Emilia qualche anno fa, senza cadere nel retorico. Com’è nato il brano?

La nostra terra quel 20 maggio del 2012 ha subito una ferita molto profonda. Migliaia di abitazioni crollate e, soprattutto, migliaia di imprese, vero cuore di queste terre, rase al suolo. Fortunatamente nessuno di noi ha dovuto affrontare danni nelle proprie abitazioni o luoghi di lavoro, ma quel terremoto ci ha colpito molto ugualmente. In un istante è un brano a cui teniamo tanto, nato proprio nei giorni successivi al Terremoto dell’Emilia dalla pena del nostro cantante. O meglio, nato da un disegno di un bambino che venne inviato dalle tendopoli di Mirandola ai Vigili del Fuoco, proprio pochi giorni dopo il terremoto. Un bambino di 6 anni aveva disegnato quei terribili momenti scrivendo una frase molto forte e commovente: “Ho avuto tanta paura perché ho visto la mia mamma preoccupata!”. Da quella frase, tanto semplice quanto struggente, è nato il nostro brano che vuole raccontare quei terribili momenti vissuti dagli occhi di un bambino, impaurito e smarrito proprio nel vedere il terrore negli occhi di sua mamma.

Parliamo dell’album: è uscito il 4 ottobre, il titolo riprende un verso del primo brano della tracklist, e accompagnato alla lampadina in copertina sembra suggerire che la creatività vi fa visita principalmente di notte. È così? In quale momento della giornata riuscite a lavorare meglio insieme?

Beh, a giudicare dalle ore in cui è nato il nostro album, direi proprio a notte fonda! Abbiamo passato serate e nottate in studio, appena staccato dal lavoro e fino alle prime ore del mattino, a sistemare ogni piccolo dettaglio dei nostri brani. E la fortuna è stata trovare un’alchimia immediata fra di noi, che ci ha permesso di realizzare un album di cui siamo davvero orgogliosi.

Siete un gruppo composto da cinque persone, e quindi cinque personalità diverse, con gusti e con idee precise. L’eterogeneità all’interno dell’album si sente, ma non è disturbante. Avete trovato il giusto equilibrio, è stato difficile arrivare a questo punto?

La nostra grande fortuna è una: ancora prima che una band siamo cinque amici. È ovvio che in una band ci sono momenti di confronto, anche di discussione, a maggior ragione quando si mescolano generi di riferimento molto diversi fra i vari membri del gruppo come avviene nei NOP. Quando succede questo noi ci ritroviamo davanti a una birra o ad un McChicken e ne parliamo, fra amici. E torniamo in sala prove la volta dopo con ancora più carica ed energia!

Siamo davanti a un periodo fertile per la musica italiana: tuttavia spesso ho avuto l’impressione di assistere a una serializzazione delle varie proposte musicali. La vostra musica non è collocabile all’interno del gran pentolone dell’itpop: siete tra quei gruppi che cercano di fare del rock genuino. È importante per una band mantenere la propria identità, anche se questa non rientra nel target del momento, e porta ad arrivare a un pubblico minore? Avete mai preso in considerazione l’idea di “scendere a compromessi” per provare a raggiungere il “successo”?

Se ti dicessimo che abbiamo scelto di fare rock proprio per uscire dagli schemi della musica mainstream in questo momento in Italia, ti diremmo una enorme bugia. La scelta di fare rock in realtà non è stata nemmeno una scelta. Era semplicemente quello che ci piaceva, divertiva ed entusiasmava. È vero che il nostro genere, purtroppo, in questo periodo della musica italiana non va molto incontro al gran pentolone dell’itpop, come giustamente l’hai definito tu. Ma siamo anche convinti che molti giovani, e meno giovani, hanno ancora un grande bisogno e una forte passione per la musica rock. Noi ci siamo presentati per quello che siamo: amiamo la musica rock e amiamo la nostra lingua, l’italiano (anche questo aspetto non banale per chi fa rock). E gli attestati di stima e i complimenti che stiamo raccogliendo dall’uscita dell’album ci testimoniano che, nonostante tutto, questa sia la strada giusta!

Cosa succederà nei prossimi mesi? Vi vedremo impegnati in un tour?

Noi quando siamo su un palco ci sentiamo a casa. Quindi sì, stiamo lavorando per una serie di eventi live di presentazione dell’album per l’inverno e la primavera/estate 2020.

Ci salutate scegliendo un brano a testa che vi identifica?

Volentieri e lo facciamo con i nostri brani del cuore all’interno del disco. Frizz, il nostro cantante, si emoziona ogni volta con Cenere. Bizzo, il chitarrista tuttofare della band, va in brodo di giuggiole per In un istante (20 Maggio 2012). Marco, il bassista scrittore, porta nel cuore la sua Le Strade di Bologna, mentre Piraz, il nostro batterista, e il chitarrista capellone Banana si caricano a molla con Piove. E voi che ne pensate? Quale è il vostro brano preferito?

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Last modified: 15 Ottobre 2019

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