Il perfetto disco pop buttato in tritatutto industriale.
[ 03.04.2020 | Warp | art rock, glam soul ]
Uno degli artisti più eclettici degli ultimi cinque anni arriva al suo capolavoro in piena pandemia, fornendone, suo malgrado, una possibile lettura nevrotica e tutt’altro che rilassante.
Da sempre avvolto in un alone di mistero circa la sua età, il suo vero nome, le sue origini, Sean Bowie non ha tuttavia nascosto la sua omosessualità oltre, chiaramente, il colore della sua pelle diventati piuttosto pretesto utile per contrastare il conservatorismo pericoloso di una certa America. Da questo, Yves Tumor ha costruito brani capaci di aggredire il morbo dell’omofobia e del razzismo attraverso la sensibilità e quindi mostrando le fragilità della sua anima, ma anche con una buona dose d’irruenza volta a chiarire che, laddove non si arrivi con le buone, è possibile scegliere altre strade.
Per raggiungere il suo scopo, utilizza una moltitudine di strumenti artististici; dalla psichedelia moderna miscelata all’art rock fino all’hypnagogic pop e a quei rimandi agli anni 80 cui abbiamo accennato per tante uscite di quest’anno e che sembrano una delle “mode” del momento. Sono meno marcati gli aspetti più aggressivi e industrial che qui sono sostituiti da un alone glam certamente più mainstream e le tante sperimentazioni ambient o di sound collage lasciano il posto al soul così che Heaven to a Tortured Mind mantenga intatti quegli alti intenti palesati ma con un atteggiamento più ottimista e speranzoso.
Cerchiamo, però, di non farci ingannare: la musica dello statunitense continua a essere rumorosa quanto basta, a tratti caotica e quindi non aspettatevi qualcosa di vagamente paragonabile al resto del mainstream uscito in questi giorni. Pensate a un Prince che si appassioni all’industrial e ci sarete vicini; pensate a uno splendore pop soul r’n’b messo in mano a Blixa Bargeld per dargli una sistemata e ci sarete; vicini a una meraviglia di attualità nostalgica. Funk, pop, rock, assordante e melodico, pieno di elettronica ma anche di chitarre, di canzoni e di suoni, di sperimentazioni arrivate a un culmine e dunque artisticamente utili allo scopo senza la necessità di stupire ad ogni costo.
perfetto e solido disco mainstream anno 2020, l’ha ficcato in un tritatutto, ne ha tirato fuori i resti e li ha rimessi insieme facendone qualcosa di ancor più degno di essere chiamato col suo nome. Capolavoro.
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Last modified: 1 Luglio 2020